A breve dovremmo sapere anche l’esito della procedura amministrativa riguardante la proposta di insediamento di Maverick srl sul progetto di “Eolico Offshore Molise”, che ormai ha saturato la fase delle osservazioni e delle controdeduzioni. In attesa di conoscere l’evoluzione di un programma che stravolgerebbe, comunque, la mappatura marina della costa molisana, vista la dimensione delle pale eoliche galleggianti previste, in Europa c’è chi ha acceso un faro di riflessione sulle politiche green. E’ stata la Corte dei Conti comunitaria, pubblicando la relazione speciale denominata “Energie rinnovabili offshore nell’Ue – Piani di crescita ambiziosi, ma rimane la sfida della sostenibilità”. Dei 496 progetti finanziati dall’UE che sono stati individuati dagli auditor della Corte, 281 erano a sostegno dell’energia eolica offshore (ottenuta anche con turbine galleggianti), per una dotazione finanziaria totale di 1,7 miliardi di euro. La finalità dei progetti era promuovere la tecnologia delle turbine eoliche, sostenere le prove e le dimostrazioni o ottimizzare il processo di fabbricazione, con l’obiettivo ultimo di fornire soluzioni che potessero essere dispiegate su scala industriale con un buon rapporto tra costi ed efficacia. La Corte ritiene che tali progetti rispondessero alle esigenze individuate. Altri aspetti, come le implicazioni ambientali e sociali causate dallo sviluppo delle Ero, sono stati affrontati in misura minore. Tra le criticità mosse anche nel progetto locale, vi è la compatibilità con la pesca. La Corte ha valutato se la direttiva Psm dell’Ue fosse stata utile per gli Stati membri sottoposti ad audit e se i rispettivi piani nazionali siano serviti da strumento per destinare aree alla pianificazione delle ERO. Ha inoltre verificato se il co-utilizzo dello spazio marittimo fosse rispecchiato nei piani nazionali di gestione dello spazio marittimo e se questi ultimi abbiano individuato e risolto i conflitti esistenti e potenziali tra le Ero e la pesca. Secondo la strategia ERO dell’UE, le energie rinnovabili offshore possono e dovrebbero coesistere con molte altre attività, tra cui la pesca, l’acquacoltura, nonché la conservazione e il ripristino della natura. La Corte ha riscontrato che il principio di coesistenza è integrato in tutti e quattro i piani nazionali di gestione dello spazio marittimo esaminati, ma vi sono pochi progetti di co-utilizzo commercialmente sostenibile all’interno dei parchi eolici. La pesca è un settore importante per le regioni costiere e le acque dell’UE sono caratterizzate da fitte corsie e zone adibite alla pesca. La politica comune della pesca dell’UE stabilisce le norme per la gestione delle flotte da pesca europee e la conservazione degli stock ittici. Non riguarda specificamente la pesca e l’acquacoltura all’interno e nei pressi di impianti ERO. La Commissione ha condotto studi ed emanato orientamenti su come fronteggiare potenziali conflitti tra le richieste di spazio marittimo, comprese quelle con il settore della pesca. Si tratta di strumenti utili per guidare le autorità nazionali nell’assegnazione dello spazio marittimo ai diversi utenti. Secondo gli studi disponibili24, i conflitti riguardano l’esclusione spaziale della pesca dalla zona utilizzata per parchi eolici offshore. Per motivi di sicurezza (ad esempio, il rischio di collisione accidentale), i pescherecci sono autorizzati ad accedere alle zone ERO solo a determinate condizioni (ad esempio, mantenendo una distanza di 500 metri attorno agli impianti ERO), ma in teoria non sono esclusi. L’innalzamento degli obiettivi ERO dell’UE porterà allo sviluppo di impianti in mare. Ciò potrebbe tradursi in una progressiva limitazione dell’accesso alle zone di pesca, il che potrebbe ridurre i proventi della pesca e aumentare la concorrenza tra i pescatori25. D’altro canto, sebbene un aumento della popolazione ittica su scala più ampia sia incerto, si sono osservati26 alcuni incrementi nella densità ittica della zona Ero, con potenziali benefici per la pesca. Lo sviluppo delle energie rinnovabili offshore produce, dunque, risultati contrastanti, avvisano gli auditor della Corte dei conti europea in una relazione pubblicata oggi. L’azione e il denaro dell’UE hanno contribuito allo sviluppo della “energia blu” allo scopo di perseguire gli obiettivi climatici ed energetici dell’UE-27. Tuttavia, secondo gli auditor, l’UE rischia di non realizzare le proprie ambizioni, mentre occorre fare molto di più per rendere le energie rinnovabili offshore sostenibili sotto il profilo socioeconomico e ambientale. L’energia blu dovrebbe fornire un cospicuo contributo agli obiettivi di tutela ambientale dell’UE. Nel 2020 la Commissione europea ha adottato la strategia per promuovere lo sviluppo sostenibile delle energie rinnovabili offshore (ERO) e sfruttarne appieno il potenziale. Dal 2007 sono stati erogati 2,3 miliardi di euro a favore delle tecnologie ERO dal bilancio UE. In aggiunta, la Banca europea per gli investimenti ha fornito prestiti ed effettuato investimenti azionari per 14,4 miliardi di euro. L’espansione delle ERO racchiude in sé un “dilemma ecologico”: se da un lato queste fonti energetiche sono essenziali per la transizione verde dell’UE, dall’altro il loro sviluppo può nuocere all’ambiente marino. Benché la strategia UE cerchi di conciliare le ERO con la biodiversità, la Commissione europea non ne ha stimato i potenziali effetti sull’ambiente, in termini fra l’altro di spostamenti di specie e cambiamenti nella struttura delle popolazioni, disponibilità del cibo o modelli migratori. Nel complesso, gli auditor temono che l’espansione delle ERO in Europa possa danneggiare l’ambiente, sia sopra che sotto la superficie marina. «L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha messo in risalto l’importanza dell’indipendenza energetica dell’UE e la soluzione a questo problema potrebbe risiedere in parte nei nostri mari – ha dichiarato Nikolaos Milionis, il Membro della Corte responsabile dell’audit. – ma la rivoluzione blu dell’UE non va perseguita a qualunque costo: le rinnovabili offshore non devono provocare alcun danno significativo sul piano sociale o ambientale». È raro che le rinnovabili offshore coesistano con altri settori di attività. In particolare, i conflitti con la pesca restano per la maggior parte irrisolti e spesso, al momento di valutare i singoli progetti, le ERO vengono osteggiate. Parimenti, i paesi dell’UE che condividono le stesse acque raramente pianificano progetti in comune e perdono così l’opportunità di usare in modo più efficiente lo scarso spazio marittimo disponibile. Inoltre, le implicazioni socioeconomiche dello sviluppo delle energie rinnovabili offshore non sono state studiate in modo sufficientemente approfondito. Gli auditor osservano peraltro che il dispiegamento delle energie rinnovabili offshore in Europa potrebbe subire un rallentamento a causa dei rischi per l’approvvigionamento di materie prime critiche. Al momento, queste provengono quasi esclusivamente dalla Cina, che ha un ruolo cruciale anche nella produzione dei magneti permanenti per i generatori a turbine eoliche. La dipendenza dell’UE può creare strozzature e gli auditor esprimono preoccupazione per la sicurezza dell’approvvigionamento nel contesto delle attuali tensioni geopolitiche. Un’altra barriera è rappresentata dalle lunghe procedure nazionali di autorizzazione. Ad esempio, la Francia è uno dei paesi che ci impiega di più ad approvare gli impianti eolici offshore (fino a 11 anni). Ciò nonostante, l’UE ha fissato obiettivi ambiziosi, volendo raggiungere i 61 GW di capacità installata entro il 2030 e i 340 GW entro il 2050 quando ora sono appena 16 GW. Sarà quindi necessaria una rapida diffusione su larga scala degli impianti ERO nei paesi dell’UE, il che richiede vasto spazio marittimo e circa 800 miliardi di euro, in gran parte provenienti da investimenti privati. Questi obiettivi potrebbero risultare difficili da raggiungere, stando agli auditor.