I nostri lettori sanno bene lo spazio che dedichiamo al comparto della pesca, tra le industrie caratteristiche della costa. Conoscono anche l’impegno e l’attività dell’associazione di categoria Federpesca, aderente Confindustria, che spesso riportiamo sulle nostre pagine. Ebbene, ieri in occasione dell’evento di chiusura del progetto Emerim, a Termoli è intervenuta la deus ex machina di Federpesca, Francesca Biondo. L’abbiamo intervistata sui temi di stretta attualità che afferiscono al mondo ittico e armatoriale.
«E’ un piacere essere tornata qui a Termoli per la presentazione di questo progetto importante, il momento per la pesca è particolarmente complicato, ormai da qualche anno e anche questo 2023 non ha dato grandi soddisfazioni al settore perché ovviamente soprattutto i problemi legati alla crisi energetica, al caro gasolio, hanno ridotto grandemente i margini di profitto delle nostre imprese e svolgere questa attività è sempre più complicato, nella consapevolezza, però, che siamo un comparto primario fondamentale per l’economia del Paese, per garantire l’approvvigionamento di prodotti ittici sulle tavole degli italiani e quindi il nostro settore faticosamente va avanti. Oggi siamo qui per la presentazione di un progetto che ci racconta come può essere il futuro della pesca, grazie alla collaborazione con imprese di raccolta rifiuti e le Università, alla ricerca scientifica, alle scuole, agli istituti professionali, per garantire davvero una sostenibilità e una salvaguardia del nostro mare rispetto alla quale i nostri pescatori sono molto consapevoli. Infatti proprio da loro nasce l’idea di questo progetto». Poi, la Biondo è entrata nel merito delle tematiche urgenti, come il regolamento controlli.
«Siamo in attesa dell’indennizzo dei fermi biologici del 2021, del 2022, e adesso anche del 2023, speriamo finalmente questi fondi possano arrivare velocemente alle nostre imprese. Ovviamente questi ritardi sono dovuti all’attuazione della nuova programmazione Feamp 2021-2027, rispetto al quale il programma operativo dell’Italia è stato approvato solo nel corso di quest’estate. E adesso la nostra richiesta al Governo è stata di fare ovviamente molto presto. Diceva giustamente lei di un regolamento approvato nelle scorse settimane, il famoso regolamento controlli nel settore della pesca, che soprattutto è noto per una norma, diciamo, molto colpevolizzante nei confronti del nostro settore che è quella dell’obbligo di installazione a bordo di telecamere per le imbarcazioni sopra i 18 metri; un obbligo che entrerà in vigore da qui a quattro anni, quindi ci sarà il tempo di capire in che modo verrà attuato in Italia. In assoluto, a prescindere dalla sua applicazione, ci sembra una norma assolutamente invasiva della dignità delle nostre imprese, perché significa controllare in tempo reale h24 ciò che avviene a bordo, sostanzialmente presumendo colpevoli i pescatori e gli operatori, oltretutto abbiamo anche segnalato alla Commissione europea e ai parlamentari che ci sembra in contrasto anche con lo Statuto dei lavoratori, che vieta la ripresa degli spazi di lavoro, sarebbe un unicum in tutti i settori produttivi, perché nessuno di noi viene controllato con una telecamera mentre stai in ufficio, dentro un’impresa, nel suo luogo di lavoro e quindi come dicevo prima ancora della sua applicazione contestiamo la filosofia di questa norma, che lede la dignità di questo mestiere». Alla Biondo abbiamo chiesto cosa sta avvenendo nelle interlocuzioni parlamentari. «Siamo stati la scorsa settimana in audizione sulla legge di bilancio 2024, per chiedere al Governo un impegno per rafforzare gli strumenti a supporto di questo settore e in particolar modo per quanto riguarda appunto la proroga del credito d’imposta per il caro gasolio anche al 2024, uno strumento che negli scorsi anni è stato molto importante per garantire la continuità delle attività di pesca che lo scorso anno proprio questo governo aveva inserito in legge di bilancio, intercettando le esigenze del settore e che sarebbe necessario vista la congiuntura economica ancora negativa, prorogare anche al primo periodo del 2024, abbiamo ricevuto una grande attenzione, anche se difficilmente è individuabile la risorsa necessaria nelle pieghe del bilancio, ma siamo fiduciosi, proprio mercoledì è stato approvato un ordine del giorno che impegnava il governo stesso a prevedere appunto il credito d’imposta per il primo semestre del 2024, compatibilmente con le esigenze di bilancio e quindi speriamo che nelle prossime settimane di discussione questa misura possa trovare raccoglimento. Così come abbiamo ovviamente segnalato l’esigenza di non ridurre come previsto dal testo base le indennità di malattie per i marittimi imbarcati che in un momento come questo darebbero un ulteriore colpo al settore ittico».
Infine, l’emergenza granchio blu e la moratoria sulla pesca a strascico entro il 2030. «Il granchio blu ormai tutti gli italiani lo conoscono, è stato un problema che a partire da quest’estate ha colpito molte imprese in particolar modo del Nord-Est del nostro Paese, danneggiando impianti di mitilicultura, consorzi produttivi e che sostanzialmente è stata una presenza che ha arrecato danni importanti all’ambiente e all’economia e il governo ha immediatamente individuato prima 2,9 milioni di euro e poi adesso ulteriori 10 milioni di euro per fare fronte a questa emergenza. Noi abbiamo partecipato a tutti i tavoli e condiviso la necessità di fare presto. Non solo per ristorare le imprese dei consorzi e le cooperative che nel corso dell’estate si sono rimboccati le maniche e hanno raccolto diciamo quanto più possibile questa specie per smaltirla, ma soprattutto per garantire una continuità di queste attività e riseminare soprattutto vongole che sono state danneggiate da questa specie; è chiaro che al momento siamo ancora in una fase di grande emergenza per cui bisogna innanzitutto occuparsi di come rallentare la proliferazione di questa specie. Dobbiamo però valutare se per il futuro la presenza di questa specie che in realtà è nei nostri mari già da qualche anno possa invece diventare un’opportunità per le imprese sia in termini di esportazione sia in termini di estrazione di nutraceutiche e farmaceutiche per le imprese di questi di questi settori. Il 2030 è un po’ la spada di Damocle che attende questo settore, perché l’attuale commissario europeo ha proposto un piano d’azione che prevede entro il 2030 di eliminare gradualmente la pesca a strascico. Noi ovviamente siamo molto preoccupati di questa cosa e oltretutto vorremmo una n interlocuzione più seria con le istituzioni europee, che molto spesso hanno un approccio ideologico nei confronti della pesca. Solamente per dare qualche dato già oggi la pesca a strascico è vietata in tutte le aree marine protette, è vietata in determinati periodi dell’anno e a determinate profondità, si può effettuare solamente in circa il 40% delle aree del Mediterraneo, quindi è già stata introdotta una limitazione. Eliminare completamente lo strascico, oltre ad avere un impatto devastante sui nostri mercati, perché pur rappresentando il 18% della flotta nazionale garantisce oltre il 40% dell’approvvigionamento di prodootto, quindi significherebbe sostanzialmente aumentare la dipendenza dalle importazioni, sembra anche un approccio che vuole delocalizzare i problemi dell’ambiente, perché sicuramente quel prodotto poi arriverà da Paesi diversi nei quali di certo non rispettano le nostre stesse normative in materia ambientale, di sociale di tutela in garanzia dei lavoratori di sicurezza della navigazione; per questo ci sembra assolutamente da condannare e noi invece rivendichiamo un’attività che è un’attività produttiva importante in un settore primario del nostro paese, delle nostre comunità costiere, che è già stata sufficientemente regolamentata, che rispetta determinate regole con grande rigore e che diciamo non deve essere ulteriormente penalizzata».
Emanuele Bracone