Districare la matassa delle concessioni demaniali marittime è davvero impresa per navigatori esperti nel diritto amministrativo. Il 2023 è trascorso con decreti milleproroghe, lettera del Capo dello Stato, sentenze di Corte di giustizia europea, giustizia amministrativa e Cassazione, per non parlare delle mappature, eppure, siamo punto e a capo. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha promulgato il 30 dicembre 2023 la legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022 e ha inviato ieri al Presidente del Senato della Repubblica, Ignazio La Russa, al Presidente della Camera dei Deputati, Lorenzo Fontana, e al Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, la seguente lettera: «mi è stata sottoposta per la promulgazione la legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022. Il provvedimento rappresenta uno dei traguardi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza da conseguire entro il quarto trimestre del 2023 e pertanto, al fine di adempiere all’impegno assunto in sede europea, è necessario procedere con sollecitudine alla promulgazione. Ritengo, tuttavia, doveroso richiamare l’attenzione del Governo e del Parlamento sull’articolo 11 della legge, in materia di assegnazione delle concessioni per il commercio su aree pubbliche, che, oltre a disciplinare le modalità di rilascio delle nuove concessioni, introduce l’ennesima proroga automatica delle concessioni in essere, per un periodo estremamente lungo, in modo che appare incompatibile con i principi più volte ribaditi dalla Corte di Giustizia, dalla Corte costituzionale, dalla giurisprudenza amministrativa e dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato in materia di apertura al mercato dei servizi. Inoltre, i criteri generali per il rilascio di nuove concessioni, secondo quanto affermato anche dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, appaiono restrittivi della concorrenza in entrata e favoriscono, in contrasto con le regole europee, i concessionari uscenti.
La disciplina in esame presenta evidenti analogie con quella delle concessioni demaniali marittime, introdotta con la legge di conversione del decreto legge 29 dicembre 2022, n. 198, recante “Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi”, oggetto di una mia precedente lettera del 24 febbraio 2023, inviata ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio dei ministri, ove evidenziavo i profili di contrasto di quella disciplina con il diritto europeo e, quindi, con il dettato costituzionale.
Della legge ora in esame suscitano analoghe, rilevanti perplessità di ordine costituzionale le disposizioni del richiamato articolo 11 che intervengono sulle concessioni in essere e ne dispongono proroghe a vario titolo.
Si prevede infatti che continuino ad avere efficacia fino al termine previsto nel relativo titolo, non solo – com’è logico – le concessioni assegnate con procedure selettive, ma anche le concessioni già riassegnate ai sensi dell’articolo 181, commi 4-bis e 4-ter, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. Il predetto comma 4-bis ha disposto, a suo tempo, il rinnovo per la durata di dodici anni per le concessioni in scadenza al 31 dicembre 2020, mentre il comma 4-ter ha previsto la facoltà delle regioni di disporre che i comuni possano assegnare, su richiesta degli aventi titolo, in via prioritaria e in deroga ad ogni altro criterio, concessioni per posteggi liberi, vacanti o di nuova istituzione, ove necessario, agli operatori, in possesso dei requisiti prescritti, che siano rimasti esclusi dai procedimenti di selezione previsti dalla vigente normativa ovvero che, all’esito dei procedimenti stessi, non abbiano conseguito la riassegnazione della concessione. L’articolo 11 della legge in esame prevede, per i procedimenti di rinnovo dei titoli concessori individuati dal comma 4-bis non ancora conclusi anche per inerzia dei Comuni, un ulteriore termine di sei mesi, con applicazione, in sede di rinnovo, del termine di dodici anni di durata previsto dal comma 4-bis. Qualora l’amministrazione non concluda il procedimento in tale ulteriore termine di sei mesi, il titolo concessorio è rinnovato automaticamente, salva la rinuncia dell’avente titolo. Infine, con una disposizione di cui non sono chiare la ratio e l’impatto, le concessioni non interessate dai procedimenti di rinnovo ai sensi del citato art. 181 sono automaticamente prorogate sino al 31 dicembre 2025, salva l’eventuale maggiore durata prevista nel titolo.
La disciplina del commercio su aree pubbliche, come affermato anche dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 291 del 2012, rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno (cd. “direttiva servizi”). La direttiva è auto-applicativa, con la conseguente necessità della disapplicazione delle norme interne incompatibili, con l’obbligo di una procedura di selezione “qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili”, escludendo procedure di rinnovo automatico. La necessità di disapplicare le norme interne in contrasto con tale obbligo è stata ribadita di recente, con riferimento alla disciplina delle concessioni demaniali marittime, dal Tar Lazio, con sentenza n. 19051 del 15 dicembre 2023, e dalla Corte di Giustizia, con sentenza del 20 aprile 2023.
Con specifico riferimento alle concessioni per il commercio su aree pubbliche, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, rispetto alla proroga disposta dal decreto legge n. 34 del 2020, aveva già rilevato, nel parere del 15 febbraio 2021, l’incompatibilità con la direttiva servizi, invitando i Comuni a disapplicare le norme di legge.
Appare paradigmatica la vicenda del Comune di Roma che ha, quindi, proceduto a disapplicare il citato comma 4-bis e ha avviato le procedure per la messa a gara delle concessioni.
Il Consiglio di Stato ha affermato la legittimità della disapplicazione da parte del Comune di Roma di tale disposizione interna, in quanto incompatibile con la direttiva servizi (Consiglio di Stato, sezione VII, sentenza n. 9104 del 19 ottobre 2023).
Il Consiglio di Stato ha confermato, in tal modo, la sentenza di primo grado che aveva indicato anche per le concessioni dei posteggi per il commercio su aree pubbliche, oltre che per le concessioni del demanio marittimo, il limite massimo del 31 dicembre 2023, raggiunto il quale le concessioni cesseranno di produrre effetti, “nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell’ordinamento dell’U.E. e fermo restando che, nelle more, l’amministrazione ha il potere/dovere di avviare le procedure finalizzate all’assegnazione della concessione” (Tar Lazio, sentenza n. 530/2022).
Analogamente il Tar Lazio si è pronunciato in altri giudizi con le sentenze n. 539/2022; 8136/2022, non impugnate e, quindi, passate in giudicato.
La proroga di dodici anni prevista dalla legge in esame per le concessioni in essere appare, alla luce di questi orientamenti giurisprudenziali, eccessiva e sproporzionata. Va rilevata inoltre l’incongruenza di prevedere una proroga automatica di durata superiore (12 anni) a quella delle nuove concessioni (10 anni). Il contesto che viene in tal modo a determinarsi presenta caratteristiche molto simili a quello oggetto della mia lettera del 24 febbraio scorso. I profili di contrasto con il diritto europeo e con decisioni giurisdizionali definitive accrescono l’incertezza del quadro normativo, determinando la necessità di garantire la certezza del diritto e l’uniforme interpretazione della legge da parte di tutti i soggetti coinvolti. Così come ho osservato riguardo alla vicenda delle concessioni demaniali, ciò rende indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di Governo e Parlamento». In precedenza, con propria informativa, il Vice Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sen. Matteo Salvini, ha portato all’attenzione del Consiglio dei Ministri le numerose richieste di chiarimento presentate nelle ultime settimane dalle competenti amministrazioni sugli adempimenti da adottare, a decorrere dal 1° gennaio 2024, in relazione all’affidamento delle concessioni per l’utilizzo di proprietà demaniali marittime, lacuali e fluviali per attività ricreative e turistiche. Nel corso dell’informativa, è stato illustrato il frammentato quadro normativo e giurisprudenziale di settore, su cui è in corso una interlocuzione con la Commissione europea sui rilievi contenuti nel parere motivato. All’esito dell’informativa, il Consiglio dei Ministri ha preso atto delle difficoltà ravvisate dagli enti concedenti in uno scenario incerto e ancora in fieri. Al fine di fornire un supporto interpretativo alle iniziative amministrative che saranno adottate dai predetti enti, il Consiglio dei Ministri ritiene opportuno: a) sottolineare che nell’attuale contesto normativo e giurisprudenziale si ravvisano ragioni oggettive che consentono agli enti concedenti di differire il termine di scadenza delle concessioni in essere per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura di evidenza pubblica, nei termini previsti dalla legislazione vigente. Le predette ragioni oggettive, cui gli enti concedenti potranno fare riferimento negli atti motivati adottati ai sensi dell’articolo 3, comma 3 della legge n. 118 del 2022, sono ravvisabili anche nella necessità di procedere alla compiuta definizione dei criteri di computo della scarsità della risorsa – in collaborazione con gli enti concedenti e in costante interlocuzione con la Commissione europea -, nonché alla definizione del successivo assetto delle gare, che dovrà essere calibrato sugli esiti dell’attività ricognitiva e metodologica sulla scarsità della risorsa; b) richiamare le amministrazioni competenti, in un contesto non ancora definito, ad evitare iniziative differenziate che potrebbero avere ripercussioni sul sistema economico e sociale legato alle concessioni per finalità turistiche e ricreative; c) indicare in un periodo di sei mesi, all’interno di una costante interlocuzione con la Commissione europea da raggiungersi in uno spirito di leale collaborazione, il termine previsto di completamento dei lavori di competenza del tavolo tecnico istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’articolo 3, comma 3 della legge n. 118 del 2022, finalizzato all’adozione dei “criteri tecnici per la determinazione della sussistenza della scarsità della risorsa naturale disponibile, tenuto conto sia del dato complessivo nazionale che di quello disaggregato a livello regionale, e della rilevanza economica transfrontaliera”. Su questo provvedimento c’era stata la presa di posizione da parte delle associazioni di categoria. «Il provvedimento del Consiglio dei ministri in tema di concessioni demaniali marittime è importante, ma non sufficiente, per dare serenità ai balneari». Lo affermano in una nota congiunta Antonio Capacchione, presidente del Sib-Confcommercio, e Maurizio Rustignoli, presidente Fiba-Confesercenti. «Da mesi chiediamo al governo, inutilmente, di emanare una nuova legge, o comunque un provvedimento normativo o amministrativo chiarificatore che dia certezze alle imprese attualmente operanti», continuano Capacchione e Rustignoli. «Apprezziamo che Matteo Salvini, ministro delle infrastrutture e dei trasporti e vicepresidente del consiglio, abbia portato all’attenzione dei ministri la problematica delle concessioni demaniali marittime a uso turistico ricreativo. Ed è importante che il consiglio dei ministri abbia invitato le amministrazioni periferiche a evitare l’avvio di gare nell’assegnazione delle concessioni vigenti, che determinerebbero ripercussioni negative sull’intero sistema turistico italiano. Importante, inoltre, è la sottolineatura della necessità di completare i lavori per l’accertamento della scarsità o meno del demanio disponibile per nuove concessioni, che costituisce il presupposto per l’applicazione della direttiva Bolkestein, come chiarito dalla Corte di giustizia dell’Unione europea». Tuttavia, concludono i presidenti di Sib e Fiba, «siamo preoccupati per le tempistiche e sollecitiamo il governo a procedere senza indugio all’emanazione di ogni provvedimento legislativo e amministrativo per la messa in sicurezza di questo comparto economico strategico per il paese, dando certezza di continuità di lavoro a decine di migliaia di aziende prevalentemente a conduzione familiare che hanno avuto l’unico torto di avere confidato nelle leggi dello Stato». Intanto, i canoni delle concessioni demaniali marittime saranno più bassi del -4,5% rispetto al 2023. Lo ha stabilito il Ministero delle infrastrutture con il decreto n. 389 del 18 dicembre 2023: si tratta del consueto provvedimento di fine anno che adegua gli importi dei canoni balneari agli indici Istat sull’inflazione. In conseguenza a tale adeguamento, la cifra del canone minimo per il 2024 sarà di 3.225,50 euro (nel 2023 ammontava a 3.377,50 euro). Tutti gli anni, nel mese di dicembre, i canoni delle concessioni demaniali marittime vengono adeguati agli indici Istat sull’inflazione. Si tratta sempre di variazioni di pochi punti percentuali: negli ultimi anni, nel 2020 l’adeguamento era stato del -0,75% e nel 2021 del -1,85%, mentre nel 2022 era stato stabilito un aumento del +7,95%. Lo scorso anno era invece avvenuto un insolito maxi aumento del +25%; tuttavia il Consiglio di Stato, con una sentenza pubblicata a luglio 2023, aveva riconosciuto un errore di calcolo da parte del Ministero delle infrastrutture, sospendendo gli effetti del maxi aumento. Pare però che il Ministero delle infrastrutture non abbia tenuto conto dell’errore, in quanto la diminuzione dei canoni balneari per il 2024 è stata calcolata a partire dalla cifra del 2023. La circolare del Ministero delle infrastrutture che ha reso nota la diminuzione dei canoni demaniali marittimi per il 2024 riporta in allegato le tabelle contenenti le misure unitarie dei canoni aggiornate all’attualità. La cifra del canone minimo sopra indicata, infatti, riguarda solo un numero esiguo di concessioni, che non toccano gli stabilimenti balneari bensì altre tipologie di utilizzo di micro-porzioni di demanio marittimo, come per esempio ormeggi, gavitelli, vialetti d’accesso al mare e attività no-profit. Per gli stabilimenti balneari il calcolo del canone è molto più complesso, essendo suddiviso in diverse fasce a seconda della tipologia di area (scoperta o coperta, con manufatti di facile o difficile rimozione, eccetera) che genera cifre più alte rispetto al canone minimo.