Come evidenziato già sulle pagine regionali nell’edizione del 2 gennaio scorso, i numeri del Punto nascita di Termoli non sono tali da consentire di guardare con grandi speranze al futuro del presidio di natalità, quello che conferisce il codice L113, tanto caro alle migliaia e migliaia di persone che ne sottoscrissero ormai 4 anni e mezzo fa la petizione per chiederne la sopravvivenza, dopo il provvedimento di chiusura, che fu emesso nel giugno 2019. Soltanto 159 i parti avvenuti nel 2023, quando il decreto Balduzzi ne prevede almeno 500 (già in deroga rispetto ai mille fissati dal comitato nazionale percorso nascite). La vicina Vasto, con l’ospedale San Pio, dov’è primario il termolese Vincenzo Biondelli, ne ha collezionati 700, oltre quattro volte tanto e molti di questi provenienti dal basso Molise. A intervenire è stata la “crociata” che smosse le acque assieme agli altri moschettieri nell’estate del primo corto circuito, poi risoltosi al Tar Molise, Cinzi Ferrante, presidente del comitato “Molisanità L113” (ex Voglio nascere a Termoli), qui in foto assieme alla vice Debora Staniscia. «Il trend degli ultimi anni ha visto un copioso traghettamento verso il punto nascita di Vasto, nonostante sia, come il San Timoteo, un punto nascita di base e quindi sprovvisto di una terapia intensiva neonatale. Partendo dal presupposto che la libertà di scelta di una donna sia incontrovertibile, bisogna capire il perché scegliere di partorire in una struttura simile alla nostra ma comunque lontana da casa. La risposta è semplice: la fiducia. Lo spauracchio della chiusura che aleggia ormai da più di quattro anni, allontana le future mamme dai nostri servizi in quanto sentono sulla propria pelle la precarietà del sistema. Una guida autorevole ed una mirata campagna di comunicazione, potrebbero essere la soluzione per recuperare la fiducia che nel tempo è andata a scemare. Il punto nascita dell’ospedale San Timoteo può e deve essere rivalutato». In merito è intervenuto anche lo strenuo difensore della sanità bassomolisana, il dottor Giancarlo Totaro: «Continua e si accentua la migrazione delle partorienti del basso Molise verso le altre regioni. Una emorragia inarrestabile. Purtroppo anche nel 2023 non è stato raggiunto il traguardo dei 500 (un eufemismo, ndr) parti all’ospedale di Termoli. Speriamo che il 2024 sia l’anno buono per salvare definitivamente l’ostetricia del San Timoteo con l’ottimismo che nel frattempo non avvengano nuove determinazioni decisionali avverse alla sopravvivenza dello stesso nell’attesa che qualcuno si decida a rivedere urgentemente le regole vigenti, compreso il decreto Balduzzi, e si provveda a rilanciare il reparto per renderlo più attrattivo alle donne del basso Molise che sono l’unica vera fonte di contrasto alla denatalità con il conseguente spaventoso spopolamento della nostra regione mettendo fine alla diaspora dei parti verso gli ospedali fuori regione, Vasto in primis. Una forchetta abissale tra il numero di parti effettuati a Vasto e Termoli pur avendo un bacino numero di utenti simile riferito al solo ambito vastese della Asl Chieti-Lanciano-Vasto (totale Asl circa 400 mila) con il reparto di ostetricia che è una Unità Operativa Complessa che la dice lunga sulla considerazione che si dà al reparto di ostetricia a confronto con la miserabile situazione dell’ostetricia di Termoli ridotta allo status di un semplice punto nascita, per di più in temporanea deroga grazie all’impegno anche della politica locale in sede legale, dell’ospedale di Termoli».