L’occasione della risposta dell’Unione europea in materia di vongolari ha permesso di riannodare il dialogo con l’europarlamentare leghista Massimo Casanova, che nell’autunno scorso aveva promosso questo atto di sindacato ispettivo in ambito comunitario. Ovviamente, l’attualità porta al conflitto di agricoltori e pescatori sulle scelte compiute a Bruxelles, sfociato in proteste di piazza negli ultimi giorni.
On. Casanova, il settore agricolo è in piena fibrillazione. Le proteste si stanno allargano e coinvolgono ormai un po’ tutto il Paese, Molise compreso. Lei è a Bruxelles da quasi cinque anni. Cosa sta succedendo, ci spiega?
«Succede che l’Ue, con le sue politiche estremiste e profondamente ideologiche, sta mettendo in ginocchio interi comparti della nostra economia. Settori primari, raggiunti dagli effetti di provvedimenti sbagliati nel metodo, spesso anche nel merito. Come gruppo Lega – ID lo denunciamo da cinque anni, spesso in totale solitudine. Siamo stati i primi a batterci contro la scure di un Green Deal immaginato in maniera troppo esasperata per essere sostenibile. L’Ue ha ignorato non solo gli agricoltori ma anche i pescatori, gli allevatori, le imprese, tutte le categorie produttive. Tutte ritenute una minaccia. È chiaro che ora è percepita come una nemica. Queste proteste non mi meravigliano, al contrario. E liquidarle superficialmente sarebbe l’ennesimo grave errore. Politica e istituzioni ha il dovere di ascoltarli».
Partiamo dal Green Deal, termine che a molti sfugge ancora, complice anche la distanza siderale che intercorre tutt’oggi tra Ue e territori, che peraltro queste proteste contribuiscono a rafforzare. Di cosa parliamo?
«È il Patto verde europeo, in buona sostanza un insieme di iniziative politiche e provvedimenti proposti dalla Commissione europea per accompagnare i Paesi membri verso la transizione verde, con l’obiettivo generale di raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050. Però, veda, la parola ‘accompagnare’ non l’ho utilizzata a caso: significa, per l’appunto, camminare insieme. Invece non è così. La Commissione Europea ha seguito un modello sbagliato, la transizione ecologica la stiamo facendo contro piuttosto che ‘con’. Sia chiaro, non è sbagliato voler perseguire un miglioramento ambientale, ma questo non si fa con l’accetta. Troppi i provvedimenti contenenti questa impostazione. Penso, solo per fare un esempio, al Regolamento sul taglio dei fitofarmaci o alla Direttiva sulle emissioni industriali che le equiparava a quelle degli allevamenti, passando per i pescatori trattati da delinquenti col Regolamento controlli. O agli investimenti in carne sintetica, per finire a cavallette e locuste. Ma sono solo dei brevi flash».
Certo, ricordiamo le proteste dei pescatori anche. Sul nostro giornale le abbiamo ospitate a più riprese.
«Per dirne una. La pesca italiana è già iper controllata ed oberata da adempimenti. Il compromesso raggiunto sul Regolamento Controlli, a cui la Lega – ID si è fermamente detta contraria, va nella direzione opposta della semplificazione ed è ispirato da un forte pregiudizio nei confronti dei nostri pescatori. L’Ue sta criminalizzando un settore che si trova già in grande sofferenza, inaccettabile. È contro queste follie eurogreen che noi ci siamo battuti e continueremo a farlo. È sbagliata la logica. Nuovi modelli economici e culturali non si impongono, si costruiscono insieme per un obiettivo comune. Penso anche alla Restoration Law, il cui nome già dice tutto».
Si spieghi meglio.
«A dispetto dei nobili scopi e delle belle parole, porta con sé una serie di misure che minacciano le attività se non le esistenze stesse dei nostri agricoltori e dei nostri pescatori. L’obiettivo di coprire parti importanti della superficie agricola, abbandonare interi territori e corsi d’acqua, aggirare i trattati per accentrare arbitrariamente a Bruxelles la competenza della gestione del territorio, hanno trovato nella Lega-ID una ferrea opposizione. Come anche le scadenze e le percentuali per il ripristino degli ecosistemi, che abbiamo sin da subito ritenuto irrealistiche e irrealizzabili. Serve ricominciare da zero, con coerenza e buonsenso. Le politiche devono essere giuste e pragmatiche, devono avere rispetto dei diritti delle comunità locali, essere non idealistiche ma fondate su studi sull’impatto socioeconomico dei provvedimenti, da maggiori finanziamenti e da meccanismi di compensazione. Diversamente rischiamo che l’operazione riesca perfettamente ma che il paziente muoia».
Questa legislatura, ad ogni modo, è in dirittura d’arrivo. Della serie, quel che fatto è fatto?
«Assolutamente. Noi continueremo a batterci. Sono gli ultimi mesi ma saranno cruciali. E sarà cruciale soprattutto far capire agli elettori che per cambiare queste regole bisogna che cambi il colore politico della Commissione e della sua maggioranza. Sono certo che col voto di giugno potremo finalmente smantellare questo sistema di potere a trazione sinistra per fare spazio a forze politiche più pragmatiche e realmente interessate a difendere il Paese. Cittadini e categorie produttive dovranno darci forza in questo. Personalmente lavorerò per tornare tra quegli scranni con la consapevolezza di sedere dalla parte giusta della storia».
Emanuele Bracone