Il progetto della Gigafactory di Termoli è centrale, strategico, nevralgico; regge le sorti dell’auto in Europa, indirizza il futuro nel programma Dare Forward di Stellantis, può rappresentare la salvezza per l’occupazione ed essere volano di sviluppo. Ma siamo certi che tutto questo viene compreso dall’opinione pubblica e non solo? Quando le sigle metalmeccaniche hanno deciso la prima mobilitazione da tempo sul sito produttivo principe del Molise, aprendosi al confronto sul territorio, erano certi di calamitare quanta più attenzione possibile. Vedere l’auditorium del Cosib, ieri mattina, quasi vuoto per metà, ci ha indotto in una severa riflessione: ormai c’è chi vive il limbo del virtuale e allontana la vita reale e certo non ci rivolgiamo alle parti sociali, che hanno sollevato il tema. Due ore e mezza di interventi, variegati, a volte contrastanti, per giungere a una sintesi: il Molise, l’Italia, l’Europa, non possono perdere l’industria dell’auto, si impoverirebbe il loro tessuto sociale. Ma il rischio dinanzi a tanta incertezza esiste e come. Dalla posa della prima pietra al rinvio di almeno un anno, ma senza basi concrete, ancora, con in ballo un investimento da 400 milioni di euro, la timeline che ha sconvolto i programmi annunciati da tempo da Acc, come ha ribadito ieri mattina persino il presidente del Cosib, Piero Donato Silvestri, che ha raccontato l’involuzione del progetto, atteso invece al lancio. Un confronto, quello di ieri, molto atteso, ma che non ha visto la presenza della Regione Molise, con la Pec di Palazzo Vitale (c’erano invece il sindaco Nico Balice e il suo vice Michele Barile) a recare impegni concomitanti assunti in precedenza, assenza brandita molto criticamente dalle parti politiche intervenute dalle opposizioni, locali e regionale, con Marcella Stumpo, Micaela Fanelli, Manuela Vigilante e Roberto Gravina. Proprio quest’ultimo artefice di una interrogazione parlamentare a riguardo, ha picchiato duro.
Durante il suo intervento, Gravina ha ribadito l’importanza strategica dello stabilimento per l’economia regionale e nazionale e ha sottolineato la preoccupazione per il recente congelamento del progetto Gigafactory da parte di Automotive Cells Company (Acc). «È inaccettabile che un progetto così importante per il nostro territorio venga rinviato senza certezza per il futuro”, ha dichiarato il consigliere regionale del MoVimento 5 Stelle che ha inoltre ricordato l’interrogazione parlamentare presentata al Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, nella quale veniva richiesto al ministro di valutare di trasferire l’investimento previsto dal Pnrr al Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) attraverso un contratto di sviluppo e di prevedere da subito un piano di investimenti con l’intervento di Cassa Depositi e Prestiti nel capitale di ACC per sostenere l’insediamento della Gigafactory a Termoli. Questi passaggi sono ritenuti cruciali per sostenere l’investimento a Termoli e per mantenere i livelli occupazionali, coinvolgendo circa 2.000 lavoratori entro il 2030. Del resto – ha aggiunto Gravina -, a richiedere di valutare l’ingresso di Cassa depositi e prestiti nel gruppo Stellantis per controbilanciare lo spostamento azionario verso la Francia del gruppo automobilistico in cui è entrata la ex Fiat, lo ha suggerito, già nel 2022, il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) nella sua Relazione annuale, all’interno della quale si sottolineava come il settore automobilistico sia strategicamente da salvaguardare per gli interessi nazionali.
Purtroppo, il Governo ad oggi manca di un’idea di politica industriale propositiva e sembra accontentarsi di interpretare un ruolo passivo e troppo smaccatamente attendista rispetto, in questo caso, a Stellantis, mentre, oggi più che mai, è fondamentale che il Governo supporti questo progetto per evitare un’ulteriore perdita di competitività e per assicurare il futuro occupazionale della nostra regione». Gravina ha anche annunciato sia la presentazione, di fatto avvenuta in giornata, di una mozione parlamentare su questo tema e sia la presentazione di una mozione in Consiglio regionale, volta a ottenere il sostegno del Presidente della Regione e dell’intera amministrazione sulle proposte avanzate. «Nel contesto che si va delineando, Governo e Regione sin da subito devono attivarsi per agire insieme per garantire il futuro dello stabilimento e la sicurezza occupazionale dei lavoratori coinvolti», ha spiegato Gravina. L’incontro si era aperto con la relazione del “nazionale” di Fim-Cisl, Stefano Boschini, che ha ripercorso le tappe della vicenda, ma dando anche un riferimento importante: la data del 17 settembre come momento di ripartenza del confronto con Acc sulla Gigafactory. Assieme a lui, per le sigle promotrici, c’erano Uilm con Gianluca Ficco, Maurizio Oreggia della Fiom-Cgil, Antonio Longobardi della Fismic-Confsal, Umberto Damiano di Acqf-r e Gianni Silvaroli della Uglm. L’incontro è stato moderato da Giovanni Mancinone. Dopo Boschini, parola a Tecla Boccardo e Maurizio Oreggia. Particolarmente d’impatto il discorso barricadero di Stefania Fantauzzi, critico anche verso gli altri sindacati, per l’esclusione dal tavolo organizzatore dell’Usb.
Interventi spontanei da Carmine Vasile e un dipendente della Sata di Pozzilli, per chiudere il novero dei metalmeccanici con Longobardi, Damiano, Silvaroli e Ficco, a cui sono state affidate le conclusioni, comprese quella di un’apertura allo sciopero, ma che sia momento significativo, non solo per sventolare bandiere di appartenenza.
La preoccupazione si alimenta con l’incertezza, ma c’è il rischio concreto che sia il risiko dell’auto europea a saltare, perché non si sa in quale direzione andare e lungi dalla deriva verso la macchina bene di lusso. Ficco ha posto criticità anche alla rete di approvvigionamento elettrico.
A fine assemblea, stilato il documento dell’attivo unitario di Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm, Aqcfr «Dall’attivo sindacale unitario parte il coinvolgimento delle Istituzioni per rivendicare la gigafactory a Termoli. Ciò che sta accadendo a Termoli riflette le profonde contraddizioni di una transizione mal concepita da una politica europea incapace di accompagnare una transizione socialmente sostenibile, la incapacità dell’Italia di salvaguardare l’industria dell’auto in una fase cruciale come quella che stiamo attraversando, nonché la mancanza di chiarezza e di garanzie da parte di Acc e di Stellantis.
Il rinvio sine die del progetto di realizzazione della fabbrica di batterie da parte di Acc rischia difatti di far naufragare un progetto essenziale non solo per Termoli ma per tutta la filiera dell’auto in Italia.
Innanzitutto chiediamo a Stellantis di assumersi le sue responsabilità come principale socio e cliente di Acc, nonché di allocare nella attuale fabbrica di meccaniche di Termoli nuovi motori in grado di salvaguardare l’occupazione nei prossimi anni, giacché nel migliore dei casi avremo bisogno di un lasso di tempo più lungo per la conversione verso la produzione di batterie.
Inoltre chiediamo al Governo di intervenire tempestivamente per evitare che Acc abbandoni l’Italia. Sono da salvaguardare i 350 milioni di euro stanziati per il progetto della Gigafactory e sono da affrontare alcuni temi di fondo come le condizionalità e le dovute garanzie sociali e la competitività italiana a iniziare dal costo dell’energia. Siamo in una fase decisiva delle ricollocazioni produttive, anche a causa delle drammatiche vicende che stanno sconvolgendo il quadro internazionale, e dunque l’Italia deve giocare ad armi pari con le altre potenze industriali.
Riguardo l’incontro di settembre al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, come sindacato siamo pronti sia a negoziare sia a mobilitarci, perché siamo consapevoli che la partita che stiamo giocando non è solo sindacale ma anche politica, una partita decisiva per il futuro di Termoli, dell’automotive e dell’Italia». Infine, in serata, giunge una replica del senatore Costanzo Della Porta, alle affermazioni di Gravina: «Le parole del pentastellato Gravina e di altri esponenti del suo partito sul futuro dello stabilimento Stellantis di Termoli sono di una ipocrisia inaudita. Non a caso, quando Stellantis è nata e l’asse decisionale si è spostato verso la Francia, i 5 Stelle erano al governo e Giuseppe Conte era presidente del Consiglio. Lo dovrebbero tenere a mente. Sarebbe bene che i 5 Stelle ricordassero che fu proprio il Copasir di Adolfo Urso già nel 2020/2021 a chiedere al governo Conte di intervenire nell’operazione Stellantis a tutela della produzione e dell’occupazione in Italia. Quell’esecutivo, in modo sconsiderato, scelse di non agire a differenza dei francesi che si mossero subito e infatti entrarono nell’azionariato della società. Il governo Meloni è intervenuto prontamente per cambiare e ribaltare questa situazione. Grazie al lavoro del ministro Urso, stiamo cercando di rimediare, impegnando Stellantis a rafforzare la sua presenza in Italia. Difendere gli interessi nazionali significa non permettere che le scelte sbagliate dei 5 Stelle danneggino la filiera automotive italiana, un pilastro del Made in Italy».
Insomma, lo scontro si anima anche della contrapposizione politica, ma c’è da sterilizzare quello sindacale, perché anche sulla presenza di un solo operaio del primo turno di ieri mattina c’è stata polemica.