Esclusi dal tavolo al Mimit sulla Gigafactory, ma non da quello convocato lunedì prossimo alla Regione Molise, dopo aver offerto un contributo al dibattito venerdì scorso nella manifestazione dem, l’Usb lavoro privato e l’Usb Molise sono scesi davanti ai cancelli dello stabilimento Stellantis per lanciare l’ennesimo allarme sul rischio di dramma occupazionale e sociale, in vista del confronto che verrà animato sabato prossimo a Termoli, dove sono stati invitati a prendervi parte esponenti politici e sindacali nazionali e molisani. Un sit-in con striscioni e bandiere, quello di ieri mattina, proseguito col volantinaggio al cambio turno, a cui hanno preso parte Stefania Fantauzzi, delegata nazionale, il lavoratore Marco Petti, il coordinatore regionale dell’Usb Molise, Sergio Calce, e il segretario interregionale Abruzzo-Molise dell’Usb lavoro privato, Romeo Pasquarelli. Proprio Pasquarelli esordisce dicendo che «La crisi dell’automotive sta travolgendo i lavoratori dal punto di vista salariale, ma anche da quello delle prospettive occupazionali. A nostro avviso c’è un braccio di ferro in atto tra il Governo e Stellantis, ce ne siamo accorti già dal febbraio 2023, quando c’è stato il primo incontro sul tavolo specifico, mentre gli altri hanno fatto finta che non fosse successo niente. Invece, su quel tavolo è stato ben chiaro che Stellantis chiedesse finanziamenti pubblici, invece il ritiro del dei finanziamenti del Pnrr per la Gigafactory è un segnale forte che ha dato il governo e noi riteniamo che invece bisogna assolutamente intervenire a livello legislativo, perché la transizione ecologica non sarà breve, non durerà un anno o due, ma sarà di lungo respiro e i lavoratori non possono pagare con Cassa Integrazione o licenziamenti questa situazione». Pasquarelli ribadisce che occorre accompagnarla nel modo giusto, per non pesare su salari e redditi familiari. «Noi queste cose le ripetiamo da tempo ma purtroppo non vengono recepite, né dalla politica e spesso nemmeno dai lavoratori, a cui non riesce ad arrivare il messaggio. Basta vedere i rapporti sindacali che ci sono all’interno degli stabilimenti Stellantis, il Ccsl blocca tutto. Considerate che in una situazione di crisi come quella attuale vengono svolte pochissime assemblee e quando vengono svolte si fanno in modo in cui c’è un input sindacale e in cui i lavoratori non vengono coinvolti assolutamente». Per Calce il rischio è uno tsunami sociale. «Parliamo di 2mila famiglie e che con l’indotto raddoppieranno. Se ne risentirebbe in ogni settore, anche nella sanità. È inutile dire che alternative non ce ne sono, i progetti non ci sono, aspettiamo questi giorni per vedere che succede al Ministero; ci ha convocato il presidente della Regione lunedì, il mese di ottobre dirà la verità su questo argomento, è normale che perdendo i posti lavoro Stellantis ne risentirà tutto il territorio di quest’area. E’ inutile insistere col turismo per recuperarli, 2000 persone per Termoli e per l’indotto sono come 20.000 a Milano, questo non deve accadere, noi ci saremo e non ci fermeremo affinché qualcosa di positivo venga fuori». Infine, ha arringato la Fantauzzi, nel suo stile inconfondibile.
«La situazione è drammatica, per davvero. Abbiamo già perso tantissimo, però se continuiamo a inseguire falsi obiettivi e false promesse chiudiamo anche il reparto motori. Dietro questa questo atteggiamento noi ad aprile, soltanto ad aprile, qualche mese fa, abbiamo perso 700 posti di lavori collegati al cambio; benissimo ogni altra officina; benissimo ogni altra Gigafactory, ma prima vogliamo un posto dove poter timbrare per 1.800 lavoratori. Non ci interessa cosa facciamo, o meglio, quando saranno in piedi dei progetti sicuramente andranno seguiti in maniera diversa, perché l’idea di fare una Gigafactory e magari andare a compromettere il sistema, il nostro turismo, l’ambiente, considerando che questo fenomeno non siamo stati capaci di gestirlo nella politica e nel sindacato, e parlano i fatti, veramente deve fare paura. Per cui sicuramente quando ci sarà qualcosa di concreto, che significa numeri, accordi, benissimo, facciamo qualsiasi altra cosa, ma le produzioni pagate dagli italiani e dai molisani rimangono qui fino a quando non ci sono nuovi posti di lavoro, tanti quanti gli esuberi, siamo stanchi di fare finta di parlare di prospettive, le prospettive di cui si discute a livello nazionale e regionale sono cassa integrazione ammortizzatori sociali, incentivo all’esodo, ma di nuovi posti di lavoro no. Siamo stanchi, vogliamo la verità e andiamo tutti insieme. Ma ci devono dire a fare cosa, perché se poco ottengono la firma soltanto per un nuovo motore ibrido significherebbe 100 persone in più a fronte di tutte quelle che vanno via con le vecchie meccaniche, noi non facciamo cassa integrazione perché non apre la nuova fabbrica, noi facciamo cassa integrazione perché ci stanno togliendo le vecchie produzioni, su questo dobbiamo riflettere. Quindi ogni processo va gestito, stiamo dimostrando di non esserne in grado, probabilmente abbiamo sbagliato le persone a cui affidiamo il nostro destino, perché da qualcuno bisogna essere rappresentati, forse siamo rappresentati nella maniera sbagliata, noi non siamo indovini. Lo diciamo da tanto tempo, ora al lavoro e alla lotta».
Nel volantino, l’Usb evidenzia che «I lavoratori perdono salario e rischiano il posto di lavoro, tra riconversione all’elettrico e delocalizzazioni delle produzioni (e delle risorse, vedi il Pnrr) – sostiene l’Usb – e la situazione dello stabilimento di Stellantis di Termoli è emblematica, perché ci si è concentrati sull’investimento di Acc, ignorando il progressivo smantellamento delle produzioni meccaniche che durano da mezzo secolo, circostanza avvenuta nel disinteresse generale, noi daremo battaglia per salvare un settore produttivo che negli ultimi 70 anni è stato un pezzo importante dell’economia italiana e oggi corre il rischio non solo di essere marginale, ma addirittura di scomparire».
Intanto, proprio ieri, il Gruppo Ppe ha ribadito che vuole affrontare la crescente crisi dell’industria automobilistica europea rivedendo il divieto di utilizzo dei motori a combustione previsto per il 2035. «Abbiamo bisogno di una revisione del divieto dei motori a combustione interna. Dobbiamo garantire che la guida rimanga alla portata di tutti, non solo di coloro che possono permettersi costose auto elettriche. Dobbiamo essere guidati dal realismo economico e rimanere tecnologicamente neutrali. Se non lo facciamo, guidare diventerà troppo costoso per molti europei e perderemo innumerevoli posti di lavoro nell’industria automobilistica a vantaggio di concorrenti come la Cina», ha dichiarato l’eurodeputato Jens Gieseke, capo negoziatore del Gruppo PPE sulle regole per ridurre le emissioni di CO2 delle nuove auto e dei nuovi furgoni.
Per il Gruppo PPE, la protezione dei posti di lavoro europei e il mantenimento della competitività sono al centro della soluzione.
«La possibile chiusura di impianti, come quelli della Volkswagen in Germania e dell’Audi a Bruxelles, rappresenta una minaccia reale per migliaia di posti di lavoro. Il divieto di utilizzo dei motori a combustione interna deve essere rivisto con urgenza per proteggere i lavoratori e difendere le loro future prospettive di lavoro durante la transizione verde. La Commissione europea deve far seguire al suo “Green Deal”, un “Industrial Deal”. L’Ue deve difendere se stessa e i propri interessi», ha sottolineato l’eurodeputato Dennis Radtke, portavoce del gruppo Ppe per l’occupazione e gli affari sociali.