Le ultime 48 ore “transoceaniche”, tra Stati Uniti e Italia, hanno disegnato il futuro della governance Stellantis e quanto meno fatto abbozzare quella che sarà la politica industriale del gruppo automotive sorto dalla fusione di Fca (ex Fiat) e Psa (Peugeot-Citroen). Prima gli assetti interni, quindi i confronti esterni e pubblici, in un autunno mai così critici e dall’incertezza plenaria, per usare un termine da emiciclo comunitario.
Nel giro di valzer che ha cambiato diversi ruoli manageriali, il Ceo di Stellantis, Carlos Tavares, ha dichiarato: «In questo momento darwiniano per l’industria automobilistica, il nostro dovere e responsabilità etica è di adattarci e prepararci per il futuro, agendo meglio e più velocemente dei nostri concorrenti, per offrire una mobilità sostenibile, sicura e accessibile. I nuovi membri del leadership team contribuiranno alla determinazione di tutta la squadra nell’affrontare le sfide future, rafforzando e accelerando il nostro percorso di trasformazione per diventare la mobility tech company di riferimento. Desidero ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a porre le basi per il futuro successo di Stellantis».
John Elkann, Presidente del Consiglio di Amministrazione, ha dichiarato: «Il Consiglio di Amministrazione ha espresso all’unanimità il proprio supporto a Carlos Tavares e ai significativi cambiamenti annunciati oggi. Siamo fiduciosi che i passi intrapresi per semplificare l’organizzazione rafforzeranno la nostra squadra di vertice che è impegnata a riportare le performance della Società ai vertici del settore». La Società ha inoltre confermato che è già in corso il processo formale per identificare il successore di Carlos Tavares, quando lascerà l’incarico al termine del suo mandato di CEO, all’inizio del 2026. Questo processo, guidato da un Comitato Speciale del Consiglio di Amministrazione presieduto da John Elkann, completerà il proprio lavoro entro il quarto trimestre del 2025.
Intanto, ieri mattina era il giorno del doppio confronto, prima sindacale, quindi politico. Alle 10, Tavares ha incontrato i segretari generali di Fismic-Confsal, Ugl Metalmeccanici e Aqcf-r, che non hanno declinato l’invito formulato dall’amministratore delegato, diversamente da quanto deciso dai confederali metalmeccanici di Fiom-Cgil, Uilm e Fim-Cisl. Rendez-vous ospitato nella sede di Stellantis&You a Roma. L’azienda in merito non ha fatto alcuna nota, ma dalle parti sociali è emerso che «Durante la riunione sono stati affrontati i temi più rilevanti per il futuro dell’azienda e le strategie che Stellantis sta adottando per affrontare le sfide nei mercati globali, in particolare negli Stati Uniti e in Europa. Negli Stati Uniti, l’accento è stato posto su una nuova leadership e su una serie di azioni finalizzate a risanare il mercato. In Europa, invece, Tavares ha descritto un contesto sempre più competitivo, dove molti concorrenti stanno adottando strategie al ribasso che stanno comprimendo i margini di profitto, specialmente nel settore dei veicoli a combustione interna (ICE). Proprio questo segmento sta vedendo una contrazione dei margini più rapida rispetto ai veicoli elettrici, che, grazie alla riduzione dei costi delle materie prime, stanno beneficiando di un leggero alleggerimento in termini di impatto sui profitti. Nonostante le difficoltà, Stellantis ha confermato gli obiettivi fissati nel piano industriale 2030. Tra i progetti principali, è prevista l’introduzione di versioni ibride su tutti i modelli della gamma, con un’espansione della Panda e l’anticipo della produzione della 500ibrida, per Melfi anticipata produzione anche con motori ibridi da 2025 e 2026. Anche la costruzione della Gigafactory è stata confermata, con una rivisitazione dei tempi per garantire che le tecnologie adottate siano sempre all’avanguardia e non rischino di diventare obsolete. L’azienda ha confermato che anche la produzione di motori endotermici garantirà l’occupazione durante la transizione all’elettrico. Infine, è stata confermata una maggiore autonomia per Maserati all’interno del gruppo Stellantis, pur mantenendo una forte integrazione con il resto dell’azienda, per garantire sinergie e continuità nella crescita del brand; esclusa la volontà di vendita. Guardando al futuro, l’azienda ha ribadito la sua ambizione di raddoppiare la produzione di veicoli elettrici entro il 2025-2026. Tuttavia, Tavares ha riconosciuto che la domanda in Europa resta limitata, con Paesi come l’Italia e la Spagna che registrano una penetrazione di mercato inferiore al 5%. Questi Paesi hanno chiesto di rivedere le scadenze per l’abbandono dei motori a combustione interna, con l’obiettivo di rallentare la transizione. A tal proposito, Tavares ha sottolineato il rischio di un rallentamento eccessivo, che potrebbe portare a problemi di deprezzamento tecnologico e porre un grave onere finanziario sulle aziende, costrette a mantenere operative sia le tecnologie tradizionali sia quelle elettriche». «Siamo consapevoli che il 2025 sarà un anno difficile, dove si dovrà affrontare il punto più critico della transizione. Occorre traghettare al 2026; se vogliamo proteggere l’occupazione e salvaguardare il settore Automotive nel nostro Paese, tutte le parti coinvolte devono remare insieme per gli stessi obiettivi. Stellantis conferma i piani per l’Italia, ma vi è necessità che il Governo crei le giuste condizioni per agevolare il risultato positivo dei progetti sull’Italia», dichiarano i tre segretari generali, Serra, Di Maulo e Spera.
Ma è chiaro, che l’attenzione era tutta per l’audizione formale alla Camera, anche per rispondere a quesiti come quello del leader di Azione, Carlo Calenda: «La Gigafactory di Termoli non c’è più». Diversi i deputati che hanno fatto riferimento al progetto di Acc di riconversione dell’attuale stabilimento, dopo la relazione iniziale di Tavares, che a chiare lettere ha detto che il fulcro nodale è l’accessibilità dei clienti ai modelli, che si garantisce con incentivi, altrimenti non decollerebbe mai il mercato cosiddetto “Bev”, anche per gli alti costi di produzione e la concorrenza spietata della Cina. La sua risposta a tema Gigafactory parte col riferimento al piano Dare Forward, che quasi in tono di sfida invita a leggere, dove si trova l’esatto percorso scelto verso il full electric. Secondo lui la visione di Stellantis è racchiusa nelle slide di quella programmazione. Poi entra nel merito: «Qui la situazione è molto semplice, noi pensiamo che abbiamo bisogno di tre, forse 4 Gigafactory in Europa. Se l’Europa diventa un mercato al 100% elettrico. Questi stabilimenti rappresentano un investimento enorme, la nostra idea è investire, fare gli investimenti in queste tre o quattro gigafactory, ma queste capacità sono poi utili soltanto se c’è una domanda di veicoli elettrici, se non c’è domanda nel mercato noi non facciamo nessun investimento in un piano che rimarrebbe inutilizzato, quindi dobbiamo adattare le tempistiche, la sequenza deve essere tutta modulato in base a quella che è la domanda del mercato, a seconda della velocità con cui riusciamo per esempio a utilizzare le celle a combustibile per le batterie. Dipenderà tutto dalla situazione del mercato, noi dobbiamo lavorare adesso per essere sicuri che quando sarà necessario avremo tutto quello che servirà per la produzione; Termoli è nei nostri piani, dipenderà dalla velocità alla quale riusciamo a crescere da un punto di vista delle cellule bev. Qualcuno dice che non dovremmo andare troppo veloci, capisco la vostra prospettiva. Se non volete elettrificare il mercato. Non abbiamo bisogno di nessuna gigafactory, ma se volete elettrificare il mercato, allora c’è bisogno della gigafactory e non è un caso il fatto che le gigafactory si trovino in siti dove al momento vengono prodotti i motori a combustione interna perché questo significa che se c’è un’incertezza sulla tempistica per passare da endotermico a elettrici, perché nello stesso sito produco entrambi, se non c’è bisogno di quelle batterie, allora produco più endotermico. Se invece sono più veloce sui Bev, allora riduco la produzione dei motori a combustione interna e aumento quella dei veicoli elettrici, non devo cambiare stabilimento, è tutto lì. Ecco perché abbiamo scelto quegli stabilimenti, quindi noi abbiamo preso questa decisione anche in altri Paesi ed è una strategia che funziona, in modo da non avere effetti negativi in base alla velocità della transizione. Quindi che ci sia un aumento o una riduzione della velocità della transizione, noi comunque siamo in grado di andare avanti in quello stabilimento, aumentando o diminuendo i motori endotermici rispetto ai Bev. Sulle Gigafactory c’è una concorrenza molto forte, molti Paesi le vogliono. Noi abbiamo una sequenza che dobbiamo seguire e anche perché le celle delle varie batterie dei veicoli elettrici cresceranno e Termoli è sicuramente il sito privilegiato».

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.