«Il nuovo progetto di Stellantis in joint venture con Catl a Saragozza è importante per l’Europa, perché segnala il tentativo di un grande player globale di mantenere in Europa la filiera elettrica, in collaborazione col primo produttore di batterie al mondo. Ma c’è anche da chiedersi perché, nonostante i fondi del Pnrr, non ci siano ancora certezze sul progetto della Gigafactory di Termoli». Lo ha detto il direttore generale della Svimez Luca Bianchi intervenendo a Skytg24 Economia. «Un investimento decisivo – spiega Bianchi – per garantire opportunità di crescita soprattutto per gli stabilimenti del Sud, che nei primi nove mesi del 2024 hanno prodotto 345 mila autoveicoli sui 388 mila nazionali, con una perdita secca di oltre 110 mila unità sullo stesso periodo del 2023 (-25%). Il governo deve ottenere da Stellantis un piano industriale credibile per ogni stabilimento al tavolo previsto la prossima settimana e monitorare attentamente la situazione di Termoli, data la sua rilevanza strategica per il comparto, assicurando che la gigafactory italiana di Acc veda la luce dopo lo stop al progetto. La crisi dell’auto è seria, non è più tempo di annunci», conclude Bianchi.
Intanto, sulla stampa specializzata, ieri, è comparsa una notizia che propone un altro fronte estero, per il potenziamento della fabbrica di Acc, unica Gigafactory già operativa in Europa della società, quella francese.
La joint-venture starebbe per firmare un prestito con cui avviare il secondo blocco di produzione, che aumenterà la produzione di batterie elettriche, seppur in un trend del mercato davvero low. L’impegno finanziario varrebbe poco oltre il miliardi di euro, come ha confermato il quotidiano transalpino Les Echos.
Attualmente, il sito è impostato su un blocco di produzione dalla capacità massima di 15 GWh. Il secondo blocco di 13 GWh è già in costruzione e qui si investiranno i fondi raccolti col credito bancario. La Gigafactory produce batterie Nmc, dalla densità energetica più elevata ma più costosa, adatte ai veicoli elettrici più grandi e di fascia alta. «La costruzione di un terzo blocco di produzione in Francia, che porterebbe la capacità totale del sito a 40 GWh, non è ancora stata decisa», ha detto il portavoce.
Sulla questione Gigafactory termolese, è intervenuto ieri il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, Roberto Gravina, che puntualmente chiede: «Qual è il piano industriale di Acc per la Gigafactory a Termoli?» «Senza l’allineamento del cronoprogramma delle line produttive in esaurimento a Termoli con quello della Gigafactory, gli operai rischiano una nuova cassa integrazione». «La realizzazione della gigafactory a Termoli non può più essere oggetto di promesse a lungo termine o di piani indefiniti. Il messaggio da lanciare in vista del tavolo del 17 dicembre al MIMIT con Stellantis è chiaro: la gigafactory deve essere realizzata e può esserlo, ma questa volta serve concretezza e rapidità. Basta rinvii, servono impegni concreti e vincolanti sia da parte del Governo che di Stellantis. Non possiamo restare indietro rispetto a Paesi come la Spagna, che stanno già producendo risultati tangibili». Questo il pensiero espresso da Roberto Gravina, consigliere regionale del M5S e coordinatore nazionale del Comitato Enti Locali del Movimento, dopo la conferma da parte di Stellantis dell’investimento in Spagna, con i cinesi di Catl, per realizzare una gigafactory a Saragozza che produrrà batterie al litio ferro fosfato a partire dal 2026. Gravina sottolinea che, mentre i progetti di Stellantis in Spagna avanzano con decisione, in Italia si è, per l’ennesima volta, nella fase degli intenti e delle rassicurazioni che devono ancora trovare riscontro. «Non possiamo ignorare il fatto che in Spagna i progetti di Stellantis sono già in movimento, grazie anche a condizioni più favorevoli, come un costo dell’energia inferiore di circa il 50%, mentre in Italia restiamo impantanati in rinvii e promesse ad oggi più volte non mantenute. È positivo sapere che la gigafactory a Termoli non sia esclusa dai piani di Stellantis, ma non possiamo accontentarci di un generico riferimento al primo semestre del 2025 per confermare e chiarire i progetti. Per i lavoratori e l’indotto di Termoli, il tempo delle attese è finito. Servono piani industriali definiti, con tempi e modalità chiari, per garantire un futuro solido al nostro territorio. Infatti – continua Gravina -, desta comunque un’immutata preoccupazione lo sfasamento tra il cronoprogramma che condurrà progressivamente alla chiusura delle linee produttive ad oggi esistenti a Termoli e il cronoprogramma di Acc, avvolto ancora nella nebbia e che di fatto, proprio con le ultime dichiarazioni di Stellantis, avrà come minimo un’ulteriore deroga e l’ennesimo slittamento del progetto della gigafactory, progetto che doveva riassorbire proprio quegli operai in uscita dalle linee produttive in esaurimento che, invece, stando così le cose, rischiano una nuova cassa integrazione». La critica al Governo da parte del coordinatore nazionale del Comitato Enti Locali del Movimento è netta: «La poca lungimiranza del Ministro Urso e dell’esecutivo Meloni ha già privato il progetto della gigafactory di Termoli dei fondi Pnrr. Come se non bastasse, la nuova Legge di Bilancio ha tagliato il Fondo Automotive di 4,6 miliardi, risorse fondamentali per sostenere programmi di riconversione industriale e transizione verde. Ora, più che mai, è indispensabile reinserire questi fondi e garantire il loro utilizzo immediato per progetti strategici come quello di Termoli», afferma Gravina che insiste anche sull’urgenza di spostare il tavolo automotive al massimo livello istituzionale. «In virtù delle nuove posizioni espresse da Stellantis, appare indispensabile che il confronto venga trasferito alla Presidenza del Consiglio. Questo garantirebbe un maggiore peso politico alle trattative e la possibilità di ottenere impegni concreti e verificabili. Non possiamo continuare a dipendere dall’inefficacia dimostrata dal Ministro Urso nella gestione di una crisi che riguarda non solo Termoli, ma l’intero settore automotive italiano. Servono politiche industriali coraggiose e mirate, che mettano l’Italia in condizione di competere con i Paesi che stanno già investendo nella transizione green invece di affannarsi, come sta facendo il ministro Urso, a chiedere all’Europa un rinvio delle scadenze sulle regole del Green Deal già stabilite e rispetto alle quali rischiamo, in questo modo, di non essere in grado di dare risposte produttive adeguate mentre i nostri competitor, come la Cina, non si fermeranno di certo nel loro sviluppo e, ad oggi, sono già avanti di oltre vent’anni in questo stesso settore. Il Governo deve garantire che le intenzioni si trasformino in piani di produzione reali e rispettati nei tempi, perché i lavoratori di Termoli e dell’indotto non possono più aspettare», conclude Gravina.