Passato, presente e futuro: tre step di intervento, un dibattito e la replica, quasi due ore e mezza di ‘lavori’ per l’audizione del presidente di Stellantis, John Elkann, che oggi pomeriggio, dalle 14.30 alle 17 circa, ha tenuto banco a Montecitorio, nella sala mappamondo, dove è stato ‘sentito’ dalle Commissioni riunite Attività produttive della Camera e Industria del Senato. Durante il suo intervento, Elkann ha ribadito l’importanza dell’Italia per Stellantis, sottolineando che il Paese ricopre un ruolo centrale nelle strategie del gruppo.  Ha illustrato il “Piano Italia”, che prevede per l’anno in corso investimenti di circa 2 miliardi di euro e acquisti per 6 miliardi da fornitori italiani. Elkann ha evidenziato che, dalla nascita di Stellantis nel gennaio 2021, il gruppo ha acquistato servizi e componenti dalla filiera italiana per un valore di 24 miliardi di euro, cifra che raggiungerà i 30 miliardi entro la fine del 2025. Riguardo agli stabilimenti italiani, Elkann ha annunciato l’implementazione delle piattaforme multi-energia STLA Small, Medium e Large, con le ultime due già operative a Melfi e Cassino. Ha inoltre sottolineato l’importanza dello stabilimento di Atessa, dove è stata installata una piattaforma dedicata ai veicoli commerciali leggeri. Elkann ha riconosciuto le sfide che l’Europa deve affrontare nel settore delle batterie per veicoli elettrici, evidenziando la dipendenza dai produttori asiatici, in particolare cinesi. Durante la sessione di domande e risposte, Elkann ha affrontato le preoccupazioni riguardanti il calo della produzione nazionale e l’occupazione. Ha riconosciuto che la produzione di autovetture in Italia è diminuita del 63,4% rispetto al 2024, ma ha ribadito l’impegno di Stellantis nel mantenere gli impegni occupazionali e nel rafforzare la competitività delle fabbriche italiane.
E’ ovvio, che per il Molise, il focus era tutto sulla Gigafactory, progetto che Elly Schlein ha giudicato interrotto in modo incomprensibile e quasi tutti i parlamentari intervenuti hanno fatto riferimento al futuro dello stabilimento di Termoli. Ma cosa ha detto di significativo, a riguardo, Elkann? Innanzitutto, ribadendo che Stellantis è in minoranza in Acc (al 45%, contro la restante parte detenuta da Totalenergies e Mercedes-Benz), che la Gigafactory sconta problemi in ordine a fattori di competitività e mercato, il costo delle batterie e la relativa tecnologia, oltre al fatto che non si vendono macchine elettriche in numero cospicuo. Che una Gigafactory costa dieci volte di più in termini energetici che una fabbrica ordinaria; non solo, ma in Spagna, a cui molti hanno fatto riferimento, costa 5 volte meno e il picco della posizione critica è verso l’Europa, perché l’energia nel vecchio continente costa troppo.
«Intervengo in questa sede come responsabile della gestione operativa di Stellantis, incarico che ho ricevuto dal Consiglio di Amministrazione lo scorso 2 dicembre 2024 a seguito delle dimissioni di Carlos Tavares. La sua successione sta procedendo secondo i tempi stabiliti: il nuovo Ceo di Stellantis sarà annunciato entro la prima metà dell’anno. Per noi l’Italia ricopre un ruolo centrale. Di questa nostra lunga storia, la storia della Fiat che ora è diventata Stellantis, noi siamo, io personalmente lo sono, molto orgoglioso. Nel 2003, quando morì mio nonno Gianni Agnelli, la Fiat Auto fatturava 20 miliardi di euro e ne perdeva 2. Con i suoi 4 marchi vendeva 1 milione e 700 mila veicoli, di cui quasi la metà in Italia, ed era fuori dalla top ten dei costruttori mondiali. Molti parlavano nel 2004 della Fiat come un’azienda spacciata, fallita o da nazionalizzare. Nonostante la situazione drammatica, la mia famiglia si è assunta la responsabilità di difendere l’azienda e chi ci lavorava, investendo nuove risorse e mettendo le basi per il rilancio. Oggi Stellantis è il quarto costruttore al mondo, è redditizio e fattura 157 miliardi. Con i suoi 14 marchi vende 5 milioni e mezzo di veicoli, di cui meno della metà in Europa. 20 anni fa lottavamo per la sopravvivenza. Oggi siamo fra i primi costruttori al mondo. Di questo straordinario percorso di sviluppo, l’Italia e gli italiani hanno avuto grande merito e a tutto il Paese va la nostra gratitudine. Negli ultimi 20 anni il mercato domestico è calato del 30%, mentre l’occupazione si è ridotta di circa il 20%. Questo significa che l’azienda ha difeso la produzione e l’occupazione degli stabilimenti del Paese grazie all’export dei marchi italiani, oltre alle Jeep prodotte in Basilicata, alle Dodge in Campania, ai van Citroen, Opel e Peugeot in Abruzzo e più recentemente alle DS a Melfi. Abbiamo voluto quantificare l’apporto dato dall’azienda al Paese, chiedendo all’università Luiss Guido Carli di realizzare uno studio indipendente sulla storia del gruppo dal 2004 al 2023, anni che ho vissuto in prima persona. Ciò che emerge è che il contributo positivo alla crescita dell’economia italiana non è mai venuto meno. Lo studio evidenzia che dal 2004 al 2023 Stellantis ha prodotto in Italia 16,7 milioni di autovetture e veicoli commerciali, per un valore complessivo della produzione nazionale di quasi 700 miliardi di euro. Calcolando gli effetti sulla filiera e le ricadute sui consumi delle famiglie, il valore complessivo della produzione in Italia negli ultimi venti anni sale a 1.700 miliardi di euro, con un valore aggiunto di 417 miliardi: per ogni euro di valore creato da Stellantis, se ne generano 9 nel resto dell’economia. Un fatto ancora più importante se si considera il contributo che i nostri poli industriali hanno dato e tuttora danno al Mezzogiorno, portando lavoro, investimenti, sviluppo imprenditoriale, crescita infrastrutturale. L’auto italiana ha unito il Paese riducendo i divari e creando opportunità, come l’Autostrada del Sole che 6 mesi fa ha compiuto 60 anni. In questi 20 anni l’azienda ha pagato direttamente 14 miliardi di imposte all’erario. Se si tiene conto anche del gettito legato all’IVA e alle imposte versate per conto dei dipendenti, questo valore sale a 32,2 miliardi. La spesa per investimenti e ricerca e sviluppo in Italia è stata pari a 53 miliardi, a fronte di contributi pubblici pari a 1 miliardo: un rapporto fra dare e avere di 50:1. Aggiungo un dato molto importante. Stellantis nel 2024 è stato il Gruppo che ha depositato più brevetti industriali in Italia. Ogni brevetto non è solo un numero, ma un passo avanti nell’innovazione tecnologica del Paese. Questi dati ci dicono che l’Italia e la Fiat, oggi Stellantis, sono cresciute insieme. Spero che da oggi il bilancio dare/avere tra il Paese e l’azienda non sia più un tema divisivo, ma un’opportunità per continuare questo percorso virtuoso insieme che dura da 125 anni, orgogliosamente con l’Italia». Poi, entriamo nel merito di ciò che più ci interessa.
«A proposito della produzione dei cambi: abbiamo avviato i lavori per l’installazione di una linea produttiva nello stabilimento di Termoli, in Molise, per le auto ibride attualmente in gamma e quelle del futuro. Come sapete, Stellantis è socio di minoranza di Acc, la quale sta valutando la realizzazione della Gigafactory a Termoli in base al mercato e dei fattori di competitività. In attesa che Acc renda noto il suo piano, ci siamo mossi in anticipo, affiancando alla produzione di motori termici i cambi per le auto ibride. Un riferimento speciale merita lo stabilimento di Atessa, in Abruzzo: è stata la prima partnership avviata con il gruppo PSA nel lontano 1981, il seme di quello che è oggi il gruppo Stellantis. In questi oltre 40 anni abbiamo prodotto 7 milioni e mezzo di veicoli e rappresenta una delle eccellenze del gruppo a livello mondiale. Oggi il sito abruzzese produce l’intera gamma di veicoli commerciali di grandi dimensioni per i marchi Fiat, Peugeot, Opel e Citroen ed esporta in 75 paesi oltre l’80% della sua produzione. Svolgerà sempre più un ruolo centrale – dal 2027 sarà avviata la produzione di una nuova versione di Large Van. Se oggi in Europa e in Italia si producono meno autovetture è una conseguenza della contrazione del mercato di questi ultimi 20 anni. Analogamente, l’aumento della produzione in Europa ed in Italia nel prossimo ventennio dipenderà dalla crescita del mercato, che sarà sempre più elettrico. I produttori automobilistici europei stanno affrontando uno svantaggio strutturale rispetto ai loro concorrenti cinesi, pari al 40% del costo manifatturiero complessivo. In particolare, i prezzi dell’energia di paesi produttori di auto europei risultano 5 volte più alti di quelli cinesi. Bisogna inoltre rammentare che per quanto riguarda una Gigafactory, il consumo di energia necessario è 10 volte superiore a quello di uno stabilimento produttivo di autovetture. Per questa ragione, l’Europa dovrebbe far scendere i prezzi dell’energia a valori competitivi globali e di mantenerli a livelli costanti e prevedibili. Il costo della batteria ad oggi rappresenta fino al 45% del costo totale del veicolo elettrico. Oggi sono attive 263 Gigafactory in tutto il mondo: 214 sono localizzate in Cina, solo 13 in Europa. Le aziende cinesi hanno il primato del mercato, non solo in termini di produzione ma soprattutto di tecnologia. L’impegno della Commissione Europea di mettere a disposizione 1,8 miliardi di euro con l’Industrial Action Plan per produrre batterie a livello europeo è uno sforzo iniziale ma non sufficiente a colmare il divario con la Cina. Il settore automobilistico europeo si trova in una fase critica, dovendo far fronte alla crescente pressione esercitata dagli obiettivi normativi in materia di CO2 e alla diminuzione della propria competitività globale. Questo settore è un esempio chiave della mancanza di pianificazione, a cui è stata imposta una rigida politica climatica senza aver creato le condizioni industriali che la favoriscano. Le norme sulla decarbonizzazione hanno creato un mercato frammentato e non omogeneo. Per fare un esempio: nel 2024 in mercati piccoli come Belgio, Svezia, Olanda, Finlandia e Danimarca, la quota di immatricolazioni di veicoli elettrici è superiore al 30%. Ma nei principali mercati europei (Germania, Francia, Italia e Spagna), che rappresentano il 70% del totale delle immatricolazioni europee, questa quota non supera il 17%, con il dato italiano che stenta a muoversi dal 4% da due anni. In altre parole, in Belgio si vendono il doppio delle auto elettriche vendute in Italia. In Stellantis continuiamo a sostenere che l’elettrificazione è lo strumento più efficace per raggiungere la decarbonizzazione. Allo stesso tempo, per centrare gli obiettivi climatici del 2035 è necessario utilizzare l’intera gamma di tecnologie a basse e zero emissioni, sia per i nuovi veicoli che per la flotta esistente. Le modifiche al regolamento CO2 annunciate due settimane fa dalla Commissione Europea vanno nella direzione di posticipare gli oneri a carico dei costruttori che non riescono a rispettare gli obiettivi nel breve termine. Si tratta tuttavia di interventi di corto respiro, che non danno la necessaria certezza al mercato. In ACEA (l’Associazione Europea dei Costruttori di cui facciamo parte) e in CLEPA (che riunisce i fornitori automotive europei) auspichiamo di trovare il punto di sintesi capace di conciliare la sostenibilità ambientale con quella economica e sociale. Nel frattempo, è urgente potenziare l’infrastruttura di ricarica: la mancanza di una solida rete di colonnine scoraggia gli acquirenti di veicoli dall’optare per i modelli elettrici. Nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni, il ritmo di installazione rimane troppo lento e non sufficiente a convincere i clienti a passare all’elettrico. Quasi il 60% di tutte le stazioni di ricarica europee si trova in soli tre paesi: Germania, Francia e Olanda. In Italia ci sono meno di un terzo delle colonnine installate in Olanda. Il nostro settore fra 20 anni produrrà soprattutto automobili elettriche. Cina e Stati Uniti stanno definendo una politica industriale per l’auto, con normative e risorse orientate a raggiungere i loro interessi nazionali. Noi auspichiamo che ciò possa accadere presto anche in Europa. Perché in questo mestiere definire un quadro chiaro è fondamentale per tutti gli attori: costruttori, sindacati, fornitori, concessionari e clienti». Tuttavia, dal territorio le parole di Elkann sono risultate deludenti. Per la Uilm di Termoli: «il presidente di Stellantis, John Elkann, è intervenuto in audizione alla Camera per discutere dello stato di salute dell’automotive. Purtroppo, per lo stabilimento di Termoli l’unica conferma riguarda la linea dei cambi, mentre sul futuro della gigafactory di Acc siamo ancora fermi alle valutazioni. Elkann ha evidenziato come i costi energetici in Italia siano cinque volte superiori rispetto ad altri paesi europei, un fattore che sta pesando sulle decisioni aziendali. Ma questo non può essere un alibi per rimandare investimenti e strategie: se il Governo e Stellantis vogliono davvero garantire un futuro all’automotive in Italia e nello specifico in Molise, servono azioni immediate e interventi concreti,
Non possiamo più permetterci annunci a metà o promesse rinviate. I lavoratori di Termoli e di tutto il comparto meritano risposte concrete e piani industriali chiari. Il tempo passa, ma il rischio è che il nostro territorio venga lasciato indietro. Mai come ora serve un nuovo slancio per lo stabilimento di Termoli: chiediamo investimenti, nuove produzioni di motori e prospettive certe per i lavoratori e per le loro famiglie. Meno parole, più fatti: il destino di Termoli non può restare sospeso!».