Numeri da brivido e prospettive incertissime, con una primavera stretta nella morsa dei dazi. Con questo quadro assai critico, lo stabilimento di Termoli – visitato dal top manager Arnaud Deboeuf solo giovedì scorso – è al centro delle istanze delle parti sociali. A uscire allo scoperto, nel solco delle indiscrezioni riferite venerdì scorso da Primo Piano Molise, è il leader della Fim-Cisl, Ferdinando Uliano, che ufficializza la richiesta della produzione di motori per i modelli di Peugeot e Citroen. Una presa di posizione avvenuta analizzando un primo trimestre in profonda sofferenza sulla produzione Stellantis in Italia e mentre Termoli langue il progetto sulla Gigafactory. Produzione primo trimestre 2025 a 109.900 veicoli (- 35,5%), in forte peggioramento rispetto all’anno nero 2024. Tutti gli stabilimenti auto e veicoli commerciali in negativo. I dazi aggraveranno ulteriormente la situazione. I dati della produzione nei primi tre mesi del 2025 evidenziano un peggioramento dell’anno nero riscontrato nel 2024 (un dato così basso solo nel 1956).  Si riscontra infatti un dato negativo del -35,5%. «Nello specifico nel I° trimestre del 2025 sono state prodotte, tra autovetture e furgoni commerciali 109.900 unità, contro le 170.415 del 2024. La produzione di autovetture segna un -42,5%, pari a 60.533, quello relativo ai veicoli commerciali segna un peggioramento del -24,2%, pari a 49.367 unità, contrariamente al dato dell’anno precedente che riscontrava invece una salita del 28,5%. In tutti gli stabilimenti di produzione delle auto abbiamo riscontrato una situazione particolarmente negativa, contrariamente all’anno precedente dove almeno lo stabilimento di Pomigliano d’Arco rappresentava un’eccezione positiva. Le previsioni negative che abbiamo stimato a fine anno continueranno a peggiorare sicuramente nel 2025, con un ulteriore aggravio in termini di volumi e di aumento dell’uso di ammortizzatori, coinvolgendo quasi la metà dei dipendenti – sottolinea Uliano – viste le dichiarazioni dei vertici di Stellantis negli ultimi incontri istituzionali, non ci aspettavamo un miglioramento ma nemmeno un dato così negativo. Il responsabile Europa Enlarged Philipe Imparato e il presidente John Elkan avevano dichiarato che la situazione in termini di volumi non avrebbe subito delle significative modifiche nel corso del 2025, in quanto i nuovi lanci produttivi nel corso del corrente anno di Melfi, Mirafiori e quello successivo di Cassino, avrebbero impattato nel 2026. Negli stessi incontri hanno ribadito che le modifiche introdotte al piano industriale dopo le manifestazioni sindacali che hanno portato alle dimissioni dell’Ad Tavares, potranno portare nel 2026 ad una crescita importante delle produzioni prossima a quella riscontrata nel 2023. Per il momento è stato sospeso l’investimento per la realizzazione della Gigafactory molisana per la produzione di batterie. Entro il primo semestre del 2025 Stellantis e Acc scioglieranno la riserva rispetto all’investimento. Quello che fa specie è che mentre ci sono riserve sull’investimento a Termoli, il gruppo Stellantis ha previsto a Saragoza in Spagna un investimento di 4,1 mld di Euro per la produzione entro fine 2026 di batterie LFP (50 GWh) con la multinazionale cinese Catl. Per quanto ci riguarda la scelta di non procedere al momento con l’investimento è negativa, fare questo investimento è indispensabile per dare una prospettiva ai 2.000 lavoratori di Termoli e al tessuto industriale molisano oltre a mettere in sicurezza la competitività degli stabilimenti italiani. Abbiamo chiesto al governo italiano di intervenire per avere una conferma dell’investimento. Nel frattempo, abbiamo chiesto a Stellantis di assicurare allo stabilimento la produzione degli attuali motori, che potrebbero essere impiegati su altre vetture Peugeot e Citroen che il gruppo ha già in produzione con piattaforma piccola e media, visto anche il potenziamento dei nuovi equipaggiamenti con motori ibridi. Un primo segnale ma non ancora sufficiente l’arrivo nel primo semestre del 2026 a Termoli del nuovo cambio EDCT che impiegherà circa 300 lavoratori e compenserà solo in parte lo stop della produzione del Fire. Il Gruppo in quegli incontri ha confermato l’obiettivo di 1 milione di veicoli entro il 2030, ma lo ha subordinato alle risposte del mercato. Stellantis ha ribadito per il 2025 per gli stabilimenti Italiani, 2 miliardi di investimenti e 6 miliardi di acquisti ai fornitori del nostro Paese e soprattutto con un comportamento e un’attenzione più responsabile. E’ sicuramente un cambio di impostazione, con un piano di investimenti aggiuntivo al precedente. Al piano industriale precedente, da noi giudicato insufficiente, hanno aggiunto la nuova piattaforma Smallcon i due nuovi modelli compatti a Pomigliano dal 2028.  La nuova 500e a Mirafiori in aggiunta alla 500 ibrida. Vengono ibridizzate le auto previste nelle versioni elettriche tra il 2025 e 2026 a Melfi, portando l’offerta a 7 modelli. E’ stato annunciato ad Atessa (CH) la nuova gamma large sui veicoli commerciali. A Cassino vengono sviluppate anche le versioni ibride delle full electric previste su Stelvio e Giulia e in aggiunta un nuovo modello top di gamma sempre su piattaforma large. Su Modena verrà lanciata la collaborazione con Motor Valley per il lancio del progetto alto di gamma. Continuano a mancare ancora risposte importanti sulla Gigafactory e sul rilancio di Maserati e altri aspetti che saranno oggetto di verifiche nei prossimi mesi con Stellantis e Governo. Il crollo dei volumi sui mercati e transizione verso elettrico e digitale a cui ora si aggiungono i dazi sulle auto europee, prima minacciati e poi introdotti dagli Usa, rappresentano una tempesta perfetta che colpisce in maniera significativa tutta l’Europa e il suo tessuto industriale più rilevante, che hanno portato la Fim-Cisl insieme a tutte le organizzazioni sindacali europee di IndustriaAll Europe alla manifestazione il 5 febbraio 2025 a Bruxelles.  L’Europa però ha dato una risposta inadeguata a sostegno del settore. Le risorse destinate: 2,8 miliardi sono insignificanti e insufficienti, serve una reazione dell’Europa, un cambio delle politiche rigoriste europee e la creazione di debito comune per investire nei settori civili in profonda trasformazione. Durante tutta la fase di confronto con il gruppo Stellantis, successiva alla presentazione del Piano “Dare Foward 2030, Il nostro obiettivo è sempre stato quello di garantire per ogni realtà una prospettiva industriale e occupazionale, assumendo l’impegno di evitare atti unilaterali come la chiusura di stabilimenti e i licenziamenti unilaterali, ma quello di spingere verso la trasformazione tecnologica, con soluzioni concrete e positive all’interno di una transizione ecologica e digitale per evitare gli impatti negativi. Nel corso del 2024 a seguito del peggioramento della situazione di mercato e produttiva, abbiamo chiesto di modificare il piano proponendo modifiche e soluzioni aggiuntive, ma abbiamo riscontrato la contrarietà del Gruppo, in primis, dei vertici aziendali. Tutto questo è culminato con scioperi e manifestazioni a livello locale e poi con lo sciopero nazionale del settore auto di Fim-Cisl, Fiom-Cgil Uilm-Uil, del 18 ottobre con manifestazione a Roma e le conseguenti dimissioni del Ceo Carlos Tavares, dopo che qualche settimana prima si era proceduto ad un robusto cambiamento ai vertici dirigenziali. La direzione Stellantis, si è poi presentata all’incontro al Mimit il 17 dicembre scorso, con una impostazione diversa, integrando il piano industriale con nuove decisioni e investimenti, cogliendo alcune richieste poste dalle organizzazioni sindacali, dalle aziende della componentistica e dalle istituzioni. E’ necessario ora verificare il rispetto degli impegni annunciati e avere i riscontri concreti alle questioni che sono state poste, ma che non hanno avuto ancora risposte a partire da Gigafactory e Maserati. Abbiamo posto la necessità a Governo e Stellantis di procedere successivamente nei prossimi mesi con approfondimenti e verifiche puntuali stabilimento per stabilimento ente per ente». Sul piano Ue, giudizio «Insufficiente e inadeguato per difendere e rilanciare il settore. Ai dazi e ai problemi del settore si risponde con un nuovo Fondo straordinario europeo con risorse e tempi paragonabili a quelle del Next Generation EU. Il piano per il settore auto presentato dalla Commissione Europea è del tutto insufficiente e inadeguato rispetto alle esigenze di un comparto strategico che sta affrontando una transizione complessa e rischiosa. Le misure previste non rispondono alle richieste che la Fim-Cisl e il movimento sindacale europeo hanno portato avanti nella manifestazione del 5 febbraio 2025 a Bruxelles. Ed è ancor più inadeguato, dopo l’introduzione dei dazi da parte del governo Trump. Nel piano mancano risorse concrete per sostenere le aziende della componentistica e l’intero settore automobilistico nel processo di transizione, risorse necessaria anche a tutelare l’occupazione impedendo così chiusure di stabilimenti e licenziamenti, mancano poi fondi per i lavoratori sia in termini di formazione professionale, sia per il sostegno economico attraverso adeguati ammortizzatori sociali. Gli unici elementi di novità riguardano la rimodulazione delle multe sulle emissioni di CO₂ previste per il 2025. Ai dazi e alle problematiche del settore, ribadiamo con forza la necessità di misure straordinarie e rapide, proporzionate alla gravità della crisi che sta attraversando l’industria dell’auto. Serve un nuovo Fondo europeo con risorse e in tempi paragonabili a quelle del Next Generation EU, è fondamentale un’azione politica ed economica forte e decisa, per fare in modo che la sostenibilità ambientale sia sostenibile sul piano sociale. Abbiamo giudicato negativamente la decisione del governo di tagliare i Fondi Auto per un totale di 4,5 mld, anche se per il 2025 si è corsi al riparo, il problema per i prossimi anni rimane. E’ evidente a tutti che i singoli Paesi non sono in grado di rispondere in maniera sistematica ad una crisi che investe tutte le case automobilistiche che hanno una presenza rilevante nel nostro continente. Abbiamo portato la nostra contrarietà al Piano auto UE alle istituzioni italiane ed europee e abbiamo chiesto a IndustriALL Europe di intensificare la mobilitazione sindacale affinché le istituzioni europee stanzino i fondi necessari, così come indicato anche nel rapporto elaborato da Mario Draghi su incarico della stessa Commissione Ue».

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