La tragica scomparsa di Juan Carrito, il socievole orso bruno marsicano, ‘mascotte’ del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise investito e ucciso lo scorso lunedì, riaccende i riflettori sulla necessità di un incremento nelle misure di protezione e prevenzione delle specie a rischio. A chiedere maggiori controlli e interventi che garantiscano una sicurezza maggiore sulle strade anche WWF Italia e Salviamo l’orso che in una nota spiegano: «Quella di ieri (lunedì, ndr) – scrivono le associazioni animaliste – è stata una triste giornata per la natura italiana ed europea: Juan Carrito, il giovane orso marsicano celebre su media e social per i suoi comportamenti confidenti, è morto investito nel tardo pomeriggio, lungo la SS17 all’altezza di Castel di Sangro, strada tristemente nota per aver già causato la morte di una femmina di orso nel 2019.
Il giovane alla guida del veicolo e la sua fidanzata fortunatamente sono rimasti illesi nell’impatto. Sul posto, poco dopo l’incidente, sono intervenuti Guardiaparco, servizio veterinario e Carabinieri Forestali. L’animale, morto poco dopo l’arrivo dei soccorsi, è stato trasportato all’Istituto Zooprofilattico per la necroscopia.
Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, WWF Italia e Salviamo l’Orso, si sono recentemente impegnati, con un investimento economico importante, per la realizzazione di una recinzione lungo il tratto di SS17 ritenuto maggiormente pericoloso per la fauna selvatica. L’intervento, realizzato nelle settimane scorse, ha visto il montaggio di una recinzione metallica fissa su entrambi i lati della carreggiata in un tratto di 600 m (dal km 146,6 al km 147,2). La recinzione ha anche l’obiettivo di “indirizzare” gli animali verso un sottopasso adiacente, mitigando in questo modo il rischio di incidenti e aumentando la sicurezza di orsi e automobilisti.
Ma evidentemente questo non è stato sufficiente.
La storia di Juan Carrito ha molto da insegnarci. La sua confidenza e problematicità ci hanno mostrato quanto sia importante prevenire tali fenomeni, tramite l’adozione di corretti comportamenti per i singoli cittadini e giuste misure di gestione del territorio da parte delle Istituzioni a cui spetta la corretta gestione delle risorse alimentari di origine umana, che è alla base dell’insorgenza di tali comportamenti. E la sua morte sottolinea ancor più quanto siano necessari interventi strutturali su strade, autostrade e ferrovie per mettere in sicurezza la residua popolazione di orso bruno marsicano, troppe volte vittima di investimenti.
In buona parte del nostro Appennino, le strade attraversano aree naturali ricche di biodiversità. Vivere in un territorio dove la Natura è predominante, considerato che quella stessa ricchezza è utilizzata in slogan per attirare flussi turistici, dovrebbe obbligarci a investire nella sua salvaguardia. Troppo spesso invece mancano politiche (locali, regionali e nazionali) che prevedano azioni concrete per mitigare il nostro impatto sulla preziosa e unica biodiversità che ci circonda.
Le associazioni (WWF Italia e Salviamo l’Orso) e le aree protette (Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e Parco Nazionale della Maiella) investono ingenti risorse (economiche e umane) ed energie in interventi finalizzati a migliorare la coesistenza tra uomo e orso, a mitigare l’impatto delle nostre attività sulla sopravvivenza del plantigrado, per garantire un futuro a questa popolazione.
Ma questo non è sufficiente: ogni anno in media due orsi bruni marsicani muoiono per cause umane, accidentali o illegali. E Juan Carrito è l’ultimo triste caso che ci ricorda come per conservare l’orso più raro d’Europa è necessario un cambio di marcia reale. Da parte di tutti gli attori in gioco, all’interno e, soprattutto, all’esterno delle aree naturali protette. Questo l’ultimo monito che ci ha donato la storia travagliata di questo giovane orso. Suonano ora un po’ false le dichiarazioni di quei rappresentanti delle Istituzioni che oggi piangono la morte di Juan Carrito, ma che fino a ieri hanno agito per tagliare aree naturali protette o per continuare a pianificare interventi invasivi nell’areale dell’orso. È veramente arrivato il momento di ipotizzare e realizzare per l’Appennino centrale uno sviluppo sostenibile attraverso la conservazione della sua straordinaria biodiversità».