I lavoratori Unilever non si ‘piegano’. E confermano il loro pessimismo riguardo al futuro dello stabilimento.
L’assemblea ieri pomeriggio ha dunque deciso di continuare la lotta: lo sciopero proseguirà ad oltranza almeno fino a domani, quando al Mise andrà in scena un altro incontro (uno, voluto dai 5 Stelle, c’è stato ieri mattina) tra Ministero dello Sviluppo economico e azienda, questa volta ‘targato’ Pd. Sarà infatti la sottosegretaria Alessia Morani a tirare le fila del dialogo con la multinazionale che, però, a ieri ancora non aveva confermato la presenza.
Volti tesi e provati da otto giorni di protesta ad oltranza ma volontà ferrea di difendere il posto di lavoro, lo stabilimento e di conseguenza il territorio: questa l’aria che tirava al presidio. Rsu e sindacati territoriali hanno quindi riportato quanto accaduto nel lunghissimo vertice dell’altra sera nella sala giunta regionale e dopo hanno avviato la discussione tra gli operai. A maggioranza, a prevalere è stata pertanto la linea dura, quella della prosecuzione dello sciopero in quanto le sensazioni sulla permanenza di Unilever sono negative malgrado l’esito del tavolo in Regione reputato dalla parte politica costruttivo.
L’azienda aveva chiesto ancora una volta la rimozione della protesta per poter avviare un dialogo, un tavolo permanente di confronto. Non è stata una scelta facile quella delle maestranze che, ricordiamo, ci stanno rimettendo intere giornate di stipendio. Tante famiglie hanno quale unica fonte di reddito il salario Unilever, eppure hanno scelto di rimanere a presidiare i cancelli della fabbrica.
Ieri mattina a portare la solidarietà sono stati i colleghi della Fater di Campochiaro. A proposito di solidarietà, un «grazie di cuore» è andato da parte dei lavoratori a «Boschi e Giardini di Emanuele Grande per averci offerto la legna che alimenta il nostro fuoco» e «al ristorante “Il Ghiottone” per aver gentilmente offerto un pasto caldo».
Il momento è molto delicato, ma «in difesa del posto di lavoro, la protesta continua», nonostante «il freddo si fa sempre più pungente».
Antonio Martone della Cisal ha sposato la linea della fermezza dei lavoratori. Secondo il rappresentante sindacale sono stati confermati i timori e le perplessità. «La Regione e le istituzioni devono adesso creare le condizioni per cui lo stabilimento possa diventare attrattivo, altrimenti il sito è condannato alla chiusura». Insomma, parole nette che significano che occorrerà accelerare per addivenire ad una soluzione quanto meno impattante per il territorio e, ovviamente, per i 200 lavoratori circa diretti e altrettanti indiretti.
«Lo stato di agitazione permanente non va rimosso – si è detto sicuro Martone -. Unilever ha messo nero su bianco che avevamo ragione: non c’è alcuna certezza sul futuro. Ci aspettano momenti delicati e difficili, ma l’orizzonte è la lotta per la permanenza dello stabilimento».
Per la prima volta da quando è stato proclamato lo stato di agitazione, tuttavia, si è registrata una “rottura” del fronte sindacale. La Femca Cisl, infatti, ha fatto sapere che «pur rispettando la volontà dei lavoratori di proseguire lo sciopero ad oltranza, il rischio concreto che si sta correndo è che lo sciopero porrebbe chiudere le porte al dialogo, che, tra mille difficoltà, fino a tarda notte di ieri (altroieri, ndr), avevamo tentato di far ripartire con il presupposto essenziale del mantenimento del sito e dei livelli occupazionali, grazie anche alla mediazione della del presidente della Regione. Mantenere il dialogo aperto potrebbe significare condizionare, partecipare, collaborare, influenzare le scelte di portafoglio, di business che la multinazionale vorrà porre in essere per il sito molisano, nonché il processo di revisione in atto per tutti gli stabilimenti europei, Unilever nei quali si producono liquidi. Lo sciopero ad oltranza – è stato il ragionamento della Femca Cisl -, ci mette di fronte al rischio concreto, che il destino del sito sia definito unilateralmente dal management Unilever, senza alcuna possibilità di porre rimedio da parte di altri figure comprese quelle istituzionali».
Adesso gli occhi sono puntati sul confronto di domani al Mise, dopodiché i lavoratori si riuniranno di nuovo in assemblea per decidere il da farsi.
riccardo p