È pesante, più del previsto per il Carabiniere Alessio Di Bernardo l’esito della sentenza della Corte di Assise d’Appello di Roma del processo Cucchi bis.
Il militare di Venafro e il suo collega Raffaele D’Alessandro sono stati condannati infatti a scontare 13 anni di reclusione perché colpevoli di omicidio preterintenzionale. Un anno in più rispetto al primo grado del novembre 2019. La decisione della Corte ha evidentemente ‘amareggiato’ gli imputati e la legale Antonella De Benedictis che confidavano in un responso più ‘clemente’ a seguito del processo di appello. «Per noi non c’è nesso di causalità tra pestaggio e morte. Il nesso, come ho provato a spiegare durante il processo, è interrotto: c’è una sentenza della Cassazione che ho portato a supporto della tesi difensiva, che purtroppo però non è stata accolta». Una condanna, con pena aumentata, per certi versi inaspettata dunque.
Si puntava, in subordine, sul fatto che il reato potesse essere derubricato in lesioni personali. «Sul secondo grado c’è stata una minore pressione mediatica – ha spiegato l’avvocata del 42enne Di Bernardo, De Benedictis -, ciò ci aveva fatto sperare in un giudizio più giuridico e, diciamo, meno popolare».
Il secondo round del processo bis si è dunque concluso con condanne ancora più pesanti. A questo punto resta solo la strada della Cassazione per cercare di ribaltare l’esito del giudizio di primo e di secondo grado. Entro 90 giorni i giuidici scriveranno le motivazioni e l’avvocata potrà valutare il ricorso in Cassazione, ultimo grado prima che la condanna diventi definitiva.
Roberto Mandolini, all’epoca dei fatti comandante della stazione Appia, dovrà scontare invece 4 anni di carcere per falso. Condannato, ma esclusivamente per il reato di falso, anche il militare Francesco Tedesco (2 anni e 6 mesi), importante testimone per puntellare le accuse contro i colleghi.
Ricordiamo che i carabinieri sono stati accusati e condannati per il pestaggio di Stefano Cucchi, geometra romano, avvenuto nel 2009 e che morì dopo una settimana di ricovero nell’ospedale Sandro Pertini di Roma.
«Se si vogliono prendere per buone le parole di Tedesco, allora Di Bernardo sarebbe colpevole di uno schiaffo e una spinta. Inoltre, ricordo a me stessa che l’articolo 27 della Costituzione sancisce la responsabilità penale è personale non di gruppo», aveva affermato la legale Antonella De Benedictis dopo il primo grado. Ieri, soprattutto a seguito dell’importante lavoro difensivo condotto, contava di riuscire a convincere i giudici che Alessio Di Bernardo non può essere ritenuto responsabile di omicidio. Stessa cosa che farà, con ogni probabilità, in Cassazione.
Il carabiniere di Venafro resterà dunque sospeso dal servizio, ma comunque a piede libero.