La caratteristica scampagnata tra gli oliveti del “Campaglione” è la tradizionale pasquetta venafrana. Anche ieri è stata rispettata la tradizione, con tantissimi giovani accampati all’interno del Parco Regionale dell’Olivo fin dal pomeriggio del Lunedì in Albis. Tutto è filato liscio anche se qualche indisciplinato è stato ‘beccato’ mentre si avventurava con la propria auto verso il “Campaglione”: lì ha trovato i Carabinieri della Forestale di Venafro. Fatta rispettare in pieno l’ordinanza del sindaco di Venafro Alfredo Ricci che prevedeva, tra l’altro, il divieto di accesso con veicoli a motore sul tratto della stradina montana che attraversa la località “Campaglione” dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 15 alle ore 17 di lunedì 1 e martedì 2 aprile.
La pioggia, scesa a tratti nel corso della giornata di ieri, non ha per niente scoraggiato i tantissimi venafrani che hanno, anche quest’anno, invaso il “Campaglione” per una gita fuori porta da condividere con amici e parenti.
Le origini di questa particolare usanza le ritroviamo nel racconto della maestra Rosaria Alterio che a Primo Piano spiega l’importanza di questa bella tradizione popolare che occupa un posto privilegiato nell’immaginario collettivo cittadino: «Nella mattina del Lunedì in Albis – ricorda la maestra – il vescovo, all’interno della Cattedrale, celebrava e celebra un solenne Pontificale che conclude tutta la liturgia pasquale. Nel frattempo, (ma questo “nella notte dei tempi”) sul prato fuori i ragazzi che avevano seguito i genitori, sgusciavano silenziosi dalla chiesa per giocare tra di loro “a cava zeppe”, a “vrciglie” o ad altri giochi di strada di una volta. La maggior parte si univano a quelli più grandi per partecipare ad una tombolata accosciati sull’erbetta, quando davanti alla Cattedrale non c’era ancora l’asfalto. Un vecchio venafrano, tale Erricuccio Cecere, arrivava sul Vescovado con un asino carico di bottigliette di gassosa e qui guidava una rumorosa e ben nutrita tombolata collettiva. Il suo grido di battaglia iniziale e ripetitivo era “nummere e’ fore”. In chiesa intanto il Vescovo, dopo la Messa, alla fine di una lunga predica, benediceva i presenti, le loro famiglie, i parenti, gli amici, benediceva i malati, gli assenti, insomma tutto il popolo di Dio; nominava ad uno ad uno gli abitanti dei paesi limitrofi e guai a dimenticare quelli di Ceppagna. Se qualche Vescovo un po’ burlone fingeva di non menzionarli o lo faceva proprio alla fine, nell’oceano dei fedeli che gremivano la Cattedrale si avvertiva un mormorio di protesta, erano appunto i… Ceppagnoli (si può dire? Dopotutto non è un soprannome!) i quali ora rumoreggiavano palesemente. Poi, all’avvenuta benedizione, tornava la bonaccia. Il martedì perciò (e mi scuso per la lunga premessa) a Venafro la gente lo consacrava al “cummìt” (convito), alla scampagnata negli oliveti del “Campaglione, dietro alla Cattedrale, intorno alla chiesetta della Madonna della Libera. Questa gita fuori porta, chiamiamola anche così, non era solo per ragazzi o giovani, come lo è ora (i genitori, si sa, “rompono” e gli anziani si lasciano a casa con la televisione e le badanti), ma per famiglie intere che allegramente si tiravano dietro pure i nonni per non “lasciarli soli”. E, in questo caso, non si allontanavano troppo: appena dietro al Vescovado, sul Castello, in una immediata campagna qualsiasi e perfino nel giardino davanti casa se questi ultimi erano impossibilitati a muoversi. Era un giorno riposante e gioioso per le donne che non dovevano finalmente cucinare: nei cestoni di vimini c’erano tutti gli avanzi della cucina pasquale: agnello in fracassè con uova e limone, ottimo anche freddo, pezzoni di frittata con le interiora dell’agnello, ma anche con salsiccia ed asparagi, pizze intere con le bietole, abbondanza di uova sode. E ancora fette di pastiera, grossi pezzi di uova di cioccolato, non mancava mai un buon fiasco di vino paesano. Qualche canto-conclude il racconto la maestra Rosaria Alterio-, qualche suono di fisarmonica qua e là concludevano veramente le festività pasquali. E poi, sempre pian piano, il Vescovo è rimasto con pochissimi fedeli ad officiare il suo Pontificale, l’innocente e rumorosa tombolata è finita da tempo immemorabile, i ragazzi hanno smesso di seguire i genitori… Attualmente c’è solo l’interrogativo “amletico”: I “cummit” lunedì o martedì? I più goderecci e con uno stomaco di ferro lo fanno anche in tutti e due i giorni, altri, più sobri, che non sanno nemmeno del tradizionale Pontificale, lo fanno tranquillamente il lunedì. I rimanenti alzano le spalle:- Sono cose passate, superate!- rispondono frettolosamente ai nonni che tentano di raccontare loro qualcosa. E si indirizzano verso altre spiagge».
M.F.

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