In attesa di una relazione puntuale da parte dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale, si può già dire – dati parziali alla mano – che a Venafro si è al limite dell’emergenza anche per quanto concerne il Pm2.5. La campagna 2016 dell’Arpa ha infatti dimostrato che i valori del particolato fine sono cresciuti, sfiorando alcuni giorni il limite massimo ammesso. Le misurazioni fanno riferimento al periodo 1-14 luglio 2016, su via Campania. La media è stata di 15 µg/m3 su un massimo di 25 (per la normativa tecnica, mentre l’Organizzazione mondiale della Salute fissa il limite massimo a 10!). L’11 luglio, in particolare, il valore ha fatto registrare un preoccupante 19 µg/m3. L’anno scorso, invece, la media si è fermata a 11/12 µg/m3. Le misurazioni sono state svolte attraverso la stazione mobile dell’Agenzia regionale di protezione ambientale che, quindi, ha contezza dei livelli di inquinamento della città alle prese già negli ultimi anni dell’allarme polveri sottili. Al punto che il sindaco Antonio Sorbo ha più volte minacciato di chiudere via Colonia Giulia al traffico pesante.
In attesa dell’… atteso provvedimento che potrà sgravare l’aria (almeno parzialmente) dall’inquinamento, senza voler creare allarmismi è bene riportare le spiegazioni dell’Arpa in merito: “Il materiale particolato presente nell’aria è costituito da una miscela di particelle solide e liquide, che possono rimanere sospese anche per lunghi periodi. Le particelle hanno dimensioni comprese tra 0,005 μm e 50-150 μm, e sono costituite da una miscela di elementi quali carbonio, piombo, nichel, nitrati, solfati, composti organici, frammenti di suolo, ecc. Le polveri totali vengono generalmente distinte in tre classi dimensionali corrispondenti alla capacità di penetrazione nelle vie respiratorie da cui dipende l’intensità degli effetti nocivi”. Dunque, “in particolare: Pm10 – particolato formato da particelle con diametro < 10 μm, è una polvere inalabile, ovvero in grado di penetrare nel tratto respiratorio superiore (naso, faringe e laringe); Pm2.5 – particolato fine con diametro < 2.5 μm, è una polvere toracica, cioè in grado di penetrare nel tratto tracheobronchiale (trachea, bronchi, bronchioli); Pm0.1 – particolato ultrafine con diametro < 0.1 μm, è una polvere in grado di penetrare profondamente nei polmoni fino agli alveoli”.
In attesa un giorno di conoscere anche i livelli del particolato ultrafine, ai venafrani può bastare sapere quali rischi corrono a respirare livelli di Pm2.5 in alcuni casi alti (è bene specificare che al momento si tratta di misurazioni molto parziali e limitate).
Poi, sempre l’Arpa spiega che tra le sorgenti antropiche del particolato fine figurano: “Emissioni della combustione dei motori, emissioni del riscaldamento domestico, residui dell’usura del manto stradale, dei freni e delle gomme delle vetture, emissioni di impianti industriali, lavorazioni agricole e inceneritori e centrali elettriche”. Il tempo di permanenza del Pm2.5 nell’aria varia da pochi minuti a diversi giorni in funzione delle dimensioni del particolato e dello strato atmosferico interessato.
Ad essere ancora più esplicita sui rischi è l’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Veneto che sentenzia: “Gli studi epidemiologici hanno mostrato una correlazione tra le concentrazioni di polveri in aria e la manifestazione di malattie croniche alle vie respiratorie, in particolare asma, bronchiti, enfisemi”.
Insomma, c’è poco da stare allegri e, soprattutto, c’è poco tempo da perdere considerato che non solo i malati ma anche i morti sembrano aumentare nella Piana. Appare urgente per la politica e le istituzioni trovare ed adottare contromisure efficaci. Allo stato attuale, però, oltre alle misurazioni – perdipiù parziali – c’è il nulla. Dopo anni ed anni di emergenza ancora non è chiaro quale sia la causa principale (ovviamente non ce n’è solo una) di un così elevato livello di inquinamento per una cittadina di poco più di diecimila abitanti.
(su Primo Piano Molise di oggi in edicola)