don salvatore al pontificale san nicandro con vescovo cibotti

La via per l’Europa è una strada letale. Il Mediterraneo è diventato la rotta migratoria più pericolosa al mondo, su cui si affacciano la Grecia e l’Italia, frontiere meridionali dell’Unione Europea. Nel 2015 oltre 3.500 persone sono colate a picco tentando di raggiungere la sponda della salvezza. Tra loro c’erano 700 bambini. Nel solo mese di gennaio 2016 le persone morte attraversando il Mediterraneo sono state 368, i bambini annegati sono stati 60. La maggior parte, 272, sono morti nel Mar Egeo. Per l’Italia, quest’anno per la prima volta il numero della popolazione è diminuito nonostante la presenza degli immigrati. Quindi il tema demografico è importante per tutti i Paesi della cosiddetta vecchia Europa. Sicuramente il discorso di creare ponti è la via migliore per costruire un mondo pacifico.

I flussi migratori costringono alla mobilità la politica, le amministrazioni, i cittadini, la scuola ma anche la lingua. Il diritto alla libertà di parola implica saper usare le parole, conoscerne la semantica, il significato oggettivo e le implicazioni emotive che le connotano. Su Avvenire del 13 novembre 2016, in prima pagina, il giornalista Marco Tarquinio scrive: «Matteo Salvini è ovviamente libero di amare, o non amare, il “prossimo” che preferisce. E se il segretario della Lega proclama di disprezzare gli uomini, le donne e i bambini che sono “profughi” dalla guerra, dalla fame o da altre calamità provocate dall’odio e dall’egoismo di cui gli esseri umani sono purtroppo capaci, e se conferma di saper infrangere con veemenza i “preti della carità”, verrebbe da dire che in fondo sono solo tristi affari suoi, di chi lo segue e di chi lo considera un politico credibile e addirittura un leader possibile per l’area che è stata (a torto a ragione) chiamata “moderata”. Leggete però le sue parole e la tentazione di alzare le spalle passerà: “Noi amiamo il nostro prossimo come noi stessi, ma non il profugo nostro come noi stessi, come qualche parroco mangiapane a tradimento, che parla di accoglienza perché ci guadagna un sacco di soldi”. Già non si può fare a meno di prendere atto che dopo “migrante economico” Salvini e i suoi sono arrivati a rendere un insulto anche il termine “profugo”. Eppure noi italiani sappiamo come stanno le cose. “Migranti economici” lo siamo stati con dignità e pena nei due secoli alle nostre spalle». In molti paesi della nostra provincia ci troviamo a affrontare migranti tra accoglienza, competenze di legge, proteste e business. In questi giorni si è fatta sentire la voce dell’Anci (associazione nazionale comuni italiani). Fino a un anno fa era in vigore una norma che sull’accoglienza dei migranti coinvolgeva enti locali e sindaci, i quali chiaramente non apparivano favorevoli per vari motivi. Alcuni per convinzioni ideologiche, altri perché i migranti rappresentano un enorme problema da affrontare, sotto tutti i punti di vista. Un anno fa il Governo ha presentato un Disegno di Legge che bypassa i territori. E quindi i sindaci e le amministrazioni locali vengono informati del loro arrivo solo a cose fatte. Tutta la partita oggi è in mano alle Prefetture che hanno costituito una Commissione preposta ad accogliere le domande che producono i privati, le associazioni, le cooperative che propongono la creazione dei Cat (Centri d’accoglienza temporanea) dove finiscono i migranti appena sbarcati in Italia. Questi vengono assegnati in quota parte alle Regioni e girati alle varie Prefetture che li distribuiscono nelle strutture comunali e territoriali disponibili.

Inutile nascondersi che più che avere a cuore l’accoglienza dei migranti molti cittadini fiutano l’affare, anche perché lo Stato concede, per ogni soggetto ospitato, 35 euro al giorno. E molti si fanno due conti. Con un immobile a disposizione, ospitando 15 migranti, si possono ricavare oltre 500 euro ogni giorno. Quale attività concede tanto, pronto cassa? La concessione delle strutture adeguate viene certificata dalle Prefetture che fanno tutte le necessarie verifiche ed i controlli, in merito alle condizioni igieniche e di agibilità dei Centri. Sia prima che dopo. Chi è interessato deve semplicemente rispondere a dei bandi, prodotti dalle Prefetture al di sopra di ogni competenza delle Amministrazioni locali.

Propongo questo breve glossario che non è esaustivo, ma che vuole fare chiarezza su termini che ormai appartengono alla nostra quotidianità e sempre più abiteranno le sfide complesse del nostro futuro. Accordi di Schengen: sanciscono la libera circolazione dei cittadini dei Paesi appartenenti alla cosiddetta area Schengen senza necessità di controlli alle frontiere comuni. I Paesi aderenti non sono tutti membri dell’Unione Europea. Apolide: è colui che non possiede la cittadinanza di nessuno Stato. Convenzione di Ginevra o Convenzione sullo statuto dei rifugiati: è un trattato internazionale in materia d’asilo approvato dalle Nazioni Unite nel 1951 e sottoscritto da 144 Paesi. Definisce la figura del rifugiato e sancisce il principio di non respingimento e cioè il divieto per gli Stati firmatari di espellere o respingere alla frontiera richiedenti asilo e rifugiati, e di non rimandarli in Paesi in cui potrebbero subire trattamenti inumani e degradanti. CPSA: centri di primo soccorso e accoglienza che ospitano i migranti al loro arrivo in Italia. In questa sede ricevono le prime cure mediche necessarie, vengono fotosegnalati e possono richiedere la protezione internazionale. Successivamente vengono trasferiti in altre tipologie di centri governativi di accoglienza. Diritto di asilo: è annoverato tra i diritti fondamentali dell’uomo e viene riconosciuto dall’articolo 10 della Costituzione italiana, dove si precisa che «La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha il diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici». Espulsione: è il provvedimento con cui uno Stato dispone l’allontanamento dal proprio territorio di un cittadino non comunitario che risulti irregolarmente presente e prevede un divieto di reingresso al massimo quinquennale. Hotspot: sono centri per identificare i migranti al loro arrivo in Europa e servono a distinguere i richiedenti asilo dai migranti cosiddetti “economici”. In Italia la polizia è supportata da alcuni funzionari delle agenzie europee Europol, Eurojust, Frontex ed Easo per il rilevamento dei dati anagrafici e di identificazione. Al momento non ci sono norme che istituiscono e regolano gli hotspot già operativi e permangono forti dubbi sulla loro legittimità. Migrante irregolare: è colui che: a) ha fatto ingresso eludendo i controlli di frontiera; b) è entrato regolarmente nel Paese di destinazione, a esempio con un visto turistico e vi è rimasto dopo la scadenza del visto d’ingresso; c) non ha lasciato il territorio del Paese a seguito di un provvedimento di allontanamento; d) se in possesso di un titolo di soggiorno non è poi riuscito a rinnovarlo. È errato definirlo clandestino. Vittima della tratta: è una persona che non ha mai acconsentito di essere condotta in un altro Paese o, se lo ha fatto, tale consenso è stato reso nullo dalle azioni coercitive, dall’inganno e dai maltrattamenti praticati o minacciati dai trafficanti che, approfittando della sua vulnerabilità fisica o psichica, intendono sfruttarla per prostituzione, lavori forzati, prelievo di organi e altre forme di schiavitù.

di don Salvatore Rinaldi

(Articolo pubblicato su Primo Piano Molise di oggi in edicola per la rubrica Fede e Società)

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