Donato Bruno, parlamentare di Forza Italia, candidato a diventare giudice della Corte Costituzionale, è indagato a Isernia. Come rivelato in esclusiva dal Fatto Quotidiano Bruno è finito nel mirino della Procura della Repubblica di Isernia con l’ipotesi di reato di “interesse privato del curatore negli atti del fallimento”. La Finanza Pentra, agli ordini del tenente colonnello Catello Esposito, sta lavorando per fare chiarezza su una consulenza da 2,5 milioni di euro legata al crack della Ittierre di Tonino Perna. Per comprendere i termini della vicenda bisogna risalire al 2009, quando il colosso della moda entra in crisi. L’allora ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, nomina tre commissari straordinari, Ciccoli, Chimenti e Spada, per condurre lo stabilimento tessile di Pettoranello fuori dall’empasse. La triade chiamata a curare gli interessi della Ittierre, dopo aver analizzato le carte, denuncia in Procura un ammanco milionario nelle casse dell’azienda. Dalla segnalazione della struttura commissariale parte l’inchiesta Alta Moda che vede tra i principali imputati l’ex patron Tonino Perna. I tre commissari, però, finiscono a loro volta nel mirino degli inquirenti per numerose consulenze affidate nel corso dei mesi per diverse decine di milioni. Chimenti e Bruno, ad esempio, pur non essendo soci condividono lo stesso studio legale a Roma. Insieme hanno finanche difeso Ricucci nella vicenda Magiste. E proprio a Bruno che Chimenti per Ittierre affida una consulenza da 2.5 milioni di euro violando, per la Procura, l’articolo 228 del codice fallimentare. Non è tutto perché la Guardia di Finanza di Isernia sta indagando su un’altra consulenza da 150mila euro affidata al figlio del parlamentare di Forza Italia. Raggiunto telefonicamente Donato Bruno ha commentato: “Non ho ricevuto alcun avviso di garanzia e non mi risulta quindi di essere indagato. I tre commissari, compreso Chimenti, mi hanno affidato la consulenza per Ittierre proprio in virtù del nostro rapporto fiduciario. Sono sereno e non rinuncerei alla candidatura anche se fossi indagato”.
Intanto l’ex patron di Ittierre Antonio Bianchi starebbe preparando una richiesta di risarcimento danni nei confronti della struttura commissariale da 50 milioni di euro. Lo riferiscono fonti vicine all’imprenditore comasco. Bianchi sostanzialmente vorrebbe dimostrare che tre anni fa, quando rilevò la Ittierre, fu tratto in inganno da dichiarazioni non veritiere sullo stato dell’azienda. In particolare all’ex presidente del Cda sarebbe stata prospettata l’esistenza di crediti per 50 milioni di euro risultati nel tempo impossibili da incassare per l’insolvenza delle aziende debitrici. E nel secondo fallimento della Ittierre Bianchi avrebbe trascinato anche la controllante Albisetti. Da qui la decisione di non pagare la fidejussione da 12 milioni di euro cui dovrà ora far fronte la Regione, all’epoca garante di Bianchi presso la struttura commissariale. L’escussione, però, potrebbe essere congelata dalla clamorosa azione legale di Antonio Bianchi.