A distanza di due settimane dal cruento massacro di Legnano, dopo essersi rifiutato di rispondere alle domande del Gip, Roberto Colombo – il medico oculista, trasformatosi nell’assassino di Stefania Cancelliere mercoledì 27 giugno – per la prima volta ha parlato. Davanti al pubblico ministero di Milano Isidoro Palma, l’uomo ha confessato di aver picchiato Stefania tanto da ucciderla. Secondo quanto riferito da Colombo non si è trattato però di un omicidio premeditato, bensì di un raptus arrivato al culmine di un presunto stato di tensione, determinato a suo dire dai comportamenti della donna. Il professionista ha affermato di essersi sentito esasperato dai continui torti della ex compagna, la quale lo avrebbe allontanato, impedendogli di vedere i figli.

L’uomo aveva deciso di lasciare l’appartamento al primo piano di via Marconi, dove si era trasferito dopo la separazione dalla donna. Stava iniziando a sgomberare l’abitazione quando, secondo il suo racconto, avrebbe incontrato Stefania. “Ero appena salito dalla cantina dove avevo preso alcuni scatoloni – le parole pronunciate da Colombo al magistrato lombardo – in uno di questi c’era anche un vecchio mattarello che apparteneva alla mia famiglia. Stefania mi ha visto e in modo sprezzante mi ha detto: ‘‘Ma che ci fai ancora qui?’. Mi ribadì che non mi voleva più vedere e che per trascorrere le vacanze con i figli non avrei dovuto fare riferimento a lei, bensì ai suoi avvocati”. Sarebbe stato in quel momento che il medico ha iniziato ad infierire sulla ex col mattarello, colpendola per 80 volte, tanto da massacrarla e ridurla in fin di vita. Il giorno dopo Stefania ha cessato di vivere ed ora. Colombo è accusato di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà.

Stefania e il suo assassino si erano separati nell’inverno del 2011, ma l’uomo, 58enne originario del bergamasco, non aveva accettato di buon grado il distacco, tanto da perseguitare la donna con telefonate continue. Stefania aveva inoltrato una denuncia al commissariato di Legnano qualche mese prima di morire, sentendosi vittima di stalking da parte del padre di due dei suo figli. Il vice questore Antonio D’Urso, capo del commissariato di Legnano, ha creduto subito nelle sue paure, prendendosi cura del suo caso. Il poliziotto riuscì a scoprire che Colombo aveva a casa regolarmente registrate una carabina e due pistole. “Siamo andati a ritirarle tutte, assieme al suo porto d’armi – ha dichiarato D’Urso – Era il 29 aprile 2011 e lui era lì, tranquillo. In casi come questi io ne faccio una regola generale: c’è un segnale che mi dice che non ho più garanzie sull’uso legittimo delle armi, quindi le ritiro. Dopo l’epilogo tragico di questa storia ci ho pensato. Già così è stata una tragedia enorme ma ho immaginato che cosa sarebbe potuto succedere di più se quel giorno avesse avuto una pistola in pugno”.

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