E’ passato un anno, ma la famiglia di Manuel Colantuono non si arrende: vuole capire cosa è successo il 18 agosto di dodici mesi fa, quando il giovanissimo centauro morì, strangolato da un cavo. La famiglia ha organizzato una funzione proprio nei boschi di Frosolone dove avvenne l’incidente: si terrà alle 11 di sabato. Un momento toccante quello per ricordare Manuel, al quale la famiglia spera che partecipino tutti i suoi amici. Loro vogliono “gridare ad una sola voce che non lo dimenticheremo mai”, dice la sorella Valentina. Lei è stata la più scossa dalla morte del giovane fratello. Non s’arrende proprio a quella perdita che non ha ancora responsabili né tantomeno una spiegazione. Un’inchiesta, in realtà, è stata aperta. Ci sarebbero pure due persone sulle quali si sono concentrate le attenzioni della procura, ma c’è tanto da capire ancora. I due interessati dall’inchiesta della magistratura isernina respingono ogni responsabilità e, nel frattempo, sono state commissionate alcune perizie legate proprio a quel cavo d’acciaio teso tra due alberi e contro il quale è finito Manuel. Una dinamica tutta da approfondire quella dell’incidente del giovane. Un anno fa Manuel si trovava con i suoi amici in gita. Stava percorrendo un tratto di bosco nei pressi del lago di Carpinone, in località Puzzacchia, a bordo della sua amata moto quando si è imbattuto in un cavo di ferro posto tra due alberi: un colpo fortissimo che gli ha fratturato la base cranica e non gli ha lasciato scampo. In due sono passati lì, vicino a quella corda: uno si è accorto che era lì, testa tra i tronchi, e ha abbassato la testa appena in tempo, piegando la moto. Manuel, invece, non l’ha proprio vista. E ci ha lasciato la vita. Non era nemmeno la prima volta che quel gruppo di amici, caricate le motociclette sul camion, si era recato in quel posto così bello per fare un po’ di motocross. E quella corda d’acciaio sembra non l’avessero mai vista: sarebbe stata messa a delimitare una zona in cui stava avvenendo il taglio di alcuni tronchi. Si tratta, però, di un’evenienza tutta da approfondire dalla indagini che sono state ordinate dalla procura. In realtà la magistratura ha chiare le idee della morte, tanto che non era stata disposta nemmeno l’autopsia. Adesso da accertare sono le responsabilità più che la causa del decesso del giovane. Un anno, il giorno del suo funerale, un migliaio di persone affollarono al chiesa di San Giuseppe Lavoratore a Isernia. Una folla assiepata presso la chiesa per salutare un amico e un giovane conosciuto da tutti in città. Un ragazzo vivace e pieno di vita, morto per la sua passione. A distanza di dodici mesi, la famiglia continua a chiedere che si faccia chiarezza: “A distanza di un anno ancora non ci è chiaro come una scampagnata possa terminare in tragedia – dice la sorella Valentina -. La magistratura sta lavorando ma noi familiari siamo ancora in attesa di sapere cosa è successo quel maledetto 18 agosto di un anno fa”. I familiari sono in costante attesa di conoscere cosa sia accaduto. Seguono da vicino le indagini e si tengono aggiornati. “Che cosa è successo a mio fratello? Non si può morire a 19 anni e non sapere neanche perché ” si chiede Valentina, ancora in attesa di conoscere una risposta per cercare di trovare una spiegazione a una tragedia che sembra di giorno in giorno più assurda.

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