Il processo per la vicenda giudiziaria del Termoli Jet, la nave che doveva collegare il Molise alla Croazia, ha subito un’altra battuta d’arresto. Il giudice Gianpiero Scarlato ha decretato che il capo di imputazione così come era stato formulato è poco chiaro e si presta a difficoltà interpretative: per questo il decreto di rinvio a giudizio degli imputati è stato annullato e gli atti sono stati rimandati indietro al gup.
Già in sede di udienza preliminare, la scorsa primavera, il giudice aveva dichiarato prescritti i reati di falso ideologico e abuso d’ufficio per tutti i dieci indagati. Si era andati al processo dunque solo per il reato di truffa.
In apertura di udienza c’era stato anche un altro colpo di scena: la posizione di uno degli imputati, l’ex assessore regionale Gianfranco Vitagliano, era stata stralciata per un difetto di notifica. Solo per lui dunque era stata fissata una nuova data, il 2 luglio, per l’apertura del processo.
I fatti che vengono contestati risalgono al 2005 quando il catamarano, che si trova ora inutilizzato nel porto di Termoli, venne acquistato per quasi otto milioni di euro con i fondi destinati alla ripresa produttiva della regione, quelli del famoso articolo 15. Seguirono solo pochi viaggi, poi l’abbandono e la ribalta per il Termoli Jet solo come esempio degli sprechi italiani.
Con l’ex presidente della Regione Michele Iorio erano sotto processo, oltre a Vitagliano, anche gli assessori della giunta in carica all’epoca dei fatti Antonio Chieffo, Rosario De Matteis, Filoteo Di Sandro e Michele Picciano, il dirigente della Regione Domenico Pollice, gli imprenditori Giuseppe e Paolo Larivera. La vicenda ruota tutta attorno ad una delibera varata dalla giunta regionale, delibera con la quale, secondo la procura, i vertici della Regione procurarono intenzionalmente un ingiusto vantaggio patrimoniale di rilevante entità alla società Larivera, in violazione dei principi comunitari della concorrenza. Gli amministratori infatti individuarono quest’ultima azienda come partner privato dell’operazione “sulla base di inesistenti e false motivazioni di fatto dirette ad eludere i principi della contrattazione”.