I motivi “in punto di responsabilità”, presentati in Cassazione dalla difesa dell’ex governatore di centrodestra del Molise Michele Iorio, “sono infondati” ma il reato di abuso di ufficio – per aver proposto e votato in Giunta due delibere che senza alcuna gara o bando davano grosse consulenze a una multinazionale di Milano dove suo figlio faceva uno stage e venne poi assunto – “è tuttavia prescritto”. Lo scrive la Suprema Corte nella sentenza 23005 della Sesta sezione penale – si legge in un lancio dell’Ansa nazionale – depositata oggi e relativa all’udienza che lo scorso 12 febbraio ha annullato senza rinvio, solo per effetto della prescrizione, la condanna a un anno e sei mesi di reclusione inflitta dalla Corte di Appello di Campobasso, il 18 aprile 2013, a Iorio. I supremi giudici sottolineano però che “vanno confermate” le statuizioni civili a favore del Codacons che sarà risarcito dopo una apposita causa. Rilevano anche che – ripercorrendo i verdetti di merito – “la ragione storica del contatto tra la Regione Molise e la multinazionale ‘Bain & Company’ con sede a Milano, doveva ricondursi esclusivamente al fatto che il figlio del Presidente della Regione avesse un contatto lavorativo con tale società”. Qui aveva frequentato uno stage, poi era stato assunto a tempo determinato per dieci mesi e poi dal settembre 2004 a tempo indeterminato, riassume la sentenza. Con delibera del 4 agosto 2003 fu assegnata alla multinazionale una consulenza sulla riorganizzazione sanitaria della Regione, e con delibera del 13 dicembre 2004 quello su un progetto autostradale del tratto San Vittore-Termoli. “Proprio il presidente Iorio – nota la Cassazione – si era fatto originario promotore e proponente delle due successive delibere”. “Coerentemente e senza alcuna manifesta illogicità”, i giudici di merito, scrive la Cassazione, hanno messo in risalto come solo “in ragione dell’avvio e del consolidamento di una possibile carriera lavorativa del figlio, il Presidente della Regione si era attivato per far ottenere un primo, e poi un secondo, incarico pubblico al possibile datore di lavoro (cui competevano le scelte sulle prospettive prima di stabilizzazione dello stage del figlio, poi del seguito della carriera) così in concreto ingraziandoselo, al di fuori di alcuna pur atipica e informale modalità di pubblicizzazione della contingente esigenza pubblica sottesa all’incarico e dei criteri di selezione e scelta”. Tutto ciò “rendeva evidente l’obbligo di astensione dell’imputato in relazione ad entrambe le delibere, sussistendo una situazione di evidente conflitto di interessi, stante l’interesse personale quantomeno indiretto proprio e del figlio”. Questa vicenda – sottolinea la Cassazione – denota “una palese e originaria violazione del generale principio di non favoritismo nell’azione della pubblica amministrazione”. In base ai calcoli degli ‘ermellini’, la prescrizione decorre dalla delibera del 2004. In seguito alla prescrizione, il quattro marzo, Iorio è tornato a sedere in Consiglio regionale.

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