Una truffa (presunta per il momento, visto che il processo è ancora in corso) da 300mila euro costruita con uno stratagemma davvero banale: far finta di predisporre un bonifico on line e stampare solo la pagina iniziale, senza cliccare sulla conferma. In questo modo un’azienda del Nord Italia ha truffato un noto rivenditore di auto molisano per una cifra considerevole: 288.320 euro, ovvero il provento di 20 auto che, una volta vendute, non sono mai state pagate.
I fatti risalgono a un paio di anni fa e adesso sono alla sbarra l’amministratore della società che avrebbe messo in piedi la truffa e un dipendente. Secondo l’accusa, i due, in concorso, avrebbero messo in piedi un raggiro successivo alla vendite di venti auto. Queste, una volta prese dalla casa madre, sono state vendute ad acquirenti che hanno pagato la somma da contratto. A quel punto il concessionario avrebbe dovuto versare la parte alla casa madre, un’azienda della provincia di Isernia. A questo punto si è consumata la truffa. Il pagamento doveva essere effettuato con bonifici bancari e il metodo scelto è stato quello di predisporli on line. Sono state stampate pagine relative a passaggi intermedi, ma sono state spacciate per delle distinte di avvenuto bonifico. Questo, invece, è stato bloccato prima che venisse portato a buon fine. In sostanza, dopo aver riempito tutte le caselle necessarie al pagamento, veniva annullato con un semplice click. Prima, però, si stampava la schermata per mostrare come, invece, erano operazioni regolarissime. Il procedimento è stato fatto per ben venti auto per un valore che sfiora i 300mila euro. Il tutto riferito alle vendite di un mese e mezzo. A chiudere il raggiro è stato poi il nulla osta lasciato dalla casa madre: alla vista di quelle che sembravano delle distinte di pagamento, l’azienda molisana ha consegnato al concessionario i documenti di conformità relativi ai veicoli che sono stati fatturati. In buona sostanza: la casa madre isernina credeva che i veicoli fossero stati venduti e che la propria quota di soldi fosse già stata accreditata sul conto. In realtà di quei soldi non c’era traccia. Secondo l’accusa, ci sarebbe stato un ingiusto profitto da parte del concessionario ai danni della ditta molisana. Che si è rivolta alla magistratura per chiedere un’indagine, scaturita in un procedimento davanti al giudice monocratico del tribunale di Isernia.

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