“Probabilmente non era possibile fare nulla per salvare il neonato nel giorno del parto. La morte del piccolo potrebbe essere stata scatenata da un virus incurabile anche impiegando una massiccia dose di antibiotici”. Questa è la convinzione dell’avvocato Gianni Perrotta, difensore di uno dei tre medici che insieme a un’ostetrica dell’ospedale Veneziale di Isernia è indagato con l’accusa di omicidio colposo per la morte di un neonato, avvenuta nel 2010. Tutto si verificò nell’arco di pochi giorni. Ormai prossima al parto, la mamma del piccolo si recò presso l’ospedale isernino per essere sottoposta a una serie di esami ginecologici. I medici decisero, quindi, di rimandarla a casa ritenendo non imminente il parto. Trascorse poche ore, la donna accusò un malore e quindi tornò urgentemente in ospedale. La situazione precipitò e i medici decisero di trasferirla presso l’ospedale di Campobasso, dove partorì un bambino morto. I genitori presentarono una denuncia e la Procura della Repubblica aprì un fascicolo indagando i tre medici e l’ostetrica, ritenendoli responsabili di avere applicato un protocollo di cura errato. In sostanza, secondo l’accusa, non somministrarono alla donna, quindi al feto, una serie di antibiotici in grado di contrastare il virus emerso da un tampone vaginale. In pratica i medici avrebbero dovuto evitare la contaminazione del feto da parte del virus. Al contrario la difesa sostiene che in realtà il virus mortale nascondeva una possibile meningite, quindi non era possibile fare nulla per salvare il bambino. Saranno i consulenti del Gup Ruscito, i docenti universitari della Federico II di Napoli, Claudio Buccelli e Carmine Nappi, a fornire una risposta che molto probabilmente sarà determinante. Il prossimo 13 dicembre i periti illustreranno le relazioni e saranno al centro del confronto con la difesa, l’accusa e la parte civile che nel caso specifico rappresenta i genitori ed i nonni del bambino. Poi toccherà al Gup Ruscito il compito di assumere una decisione finale: rinvio a giudizio oppure proscioglimento dall’accusa di omicidio colposo.