Ha preso il via ieri il processo a carico del cittadino indiano finito nei guai a febbraio scorso con l’accusa di sfruttamento dell’immigrazione. Un’udienza lampo in quanto dovrà cambiare il collegio. Come ha sottolineato in apertura l’avvocato Maria Assunta Baranello, uno dei giudici, in parole povere, si era già occupato del caso e così si dovrà procedere, nei prossimi giorni, alla nomina di un altro togato. Il processo è stato dunque aggiornato al prossimo 14 novembre quando, dopo la costituzione delle parti, si entrerà nel vivo del dibattimento e saranno sentiti i primi testi. Questa, in sintesi, la vicenda che ha fatto finire l’indiano in tribunale: il 47enne fu arrestato lo scorso febbraio. Le attività di indagine, coordinate prima dal sostituto procuratore Di Petti e poi dal sostituto Papa, sono partite in seguito a normali controlli sulla presenza di cittadini indiani in stato di clandestinità sul territorio. E così gli investigatori hanno accertato che alcuni di questi (entrati regolarmente in Italia), venivano poi avviati alla clandestinità dall’indiano. Quest’ultimo, sempre per le accuse, dopo l’ingresso nel ‘‘‘‘Belpaese’ dei connazionali tratteneva i documenti necessari per la regolarizzazione. L’indiano (che in un primo momento, su ordinanza del giudice Pepe venne arrestato) attraverso una fitta rete di complici e contatti con famiglie poverissime, dietro pagamento di circa 10mila euro, prometteva l’ingresso regolare in Italia e la garanzia di un lavoro a tempo indeterminato. Invece, una volta in Italia, per i suoi connazionali, sempre stando alle accuse, cominciava l’incubo: erano infatti costretti a vivere in condizioni disumane, dimorando addirittura nelle stalle dove accudivano il bestiame e bevendo nello stesso abbeveratoio degli animali e mangiando ogni 4/5 giorni. Alcune vittime, però decisero di ribellarsi e denunciarono l’accaduto. E così scattarono le indagini e inizialmente le manette (la sua posizione è poi mutata nel tempo) per l’indiano che tornerà in aula il prossimo 14 novembre.

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