Si tornerà in aula il prossimo 31 gennaio per l’udienza preliminare relativa alla vicenda giudiziaria che riguarda l’attuale direttore generale dell’Asrem, Angelo Percopo e il predecessore, Sergio Florio, entrambi indagati per omissione di atti d’ufficio. Ieri il giudice Ruscitto era chiamato ad assumere una decisione in merito all’archiviazione o al rinvio a giudizio. Tuttavia la difesa di Percopo ha chiesto altro tempo per avere la possibilità di approfondire alcuni documenti del fascicolo. L’avvocato Arturo Messere, difensore di Florio, ha invece sollecitato uno stralcio, ritenendo di essere nelle condizioni di dimostrare la totale estraneità del proprio assistito rispetto ai fatti contestati dal Pm Scioli. Il giudice Ruscitto ha quindi rigettato la richiesta di stralcio della posizione di Florio, mantenendo l’unità del procedimento e accordando un rinvio al 31 gennaio 2013. La vicenda giudiziaria nasce dall’esposto-denuncia inviato nel 2010 da Gianni Vaccone, presidente del Comitato costituito a Venafro in difesa dell’ospedale Santissimo Rosario. Dopo la manifestazione popolare alla quale parteciparono un migliaio di venafrani, Vaccone chiese alla Procura della Repubblica di indagare sulla vulnerabilità sismica dell’ospedale di Isernia e sull’esistenza del certificato di agibilità. A tal fine Vaccone produsse una serie di documenti attraverso i quali sosteneva che l’ospedale di Isernia non era nelle condizioni di garantire la sicurezza dei pazienti, degli operatori sanitari e dei cittadini, perché sprovvisto delle certificazioni che ne garantivano la capacità di resistere agli effetti di un terremoto. Attraverso questa iniziativa, sostenuta anche da una mozione presentata dal gruppo Città Nuova nel consiglio comunale di Venafro, il Comitato voleva sottolineare la necessità di chiudere l’ospedale di Isernia per mantenere in vita quello di Venafro, diversamente da ciò che era previsto nel piano sanitario regionale. Ora il Gip Ruscitto dovrà decidere se rinviare a giudizio Percopo e Florio oppure archiviare il tutto.