Il verdetto di primo grado fu emesso dalla Corte d’Assise di Campobasso il 27 aprile del 2010 (con la condanna a 21 anni di carcere – mentre il pm Mattei aveva chiesto l’ergastolo). Un anno dopo, il 23 marzo 2011, arrivò la sentenza di appello che ridusse la pena a 18 anni. Oggi, per Ignazio Fortini, il geometra di Letino, ci sarà il verdetto finale, quello dinanzi ai giudici della Suprema Corte di Cassazione. Una sentenza che potrebbe arrivare anche in giornata. Fortini, per i giudici di primo e secondo grado, ha ucciso la brasiliana Marinalva Costa e Silva. “Un raptus di ira – lo definì il pm Mattei – dopo una discussione sul pagamento; la lite iniziò in bagno e proseguì in camera. Le lesioni trovate sulle mani della brasiliana hanno indicato anche che lei tentò disperatamente di difendersi. C’era la volontà di uccidere – aggiunse Mattei – lo dimostrano le coltellate inferte al torace, laddove ci sono organi vitali”. In entrambi le sentenze furono sempre messe da parte le piste alternative: “Sono state tutte già battute dai carabinieri nel corso delle indagini – si disse in aula all’epoca – e nulla è stato lasciato intentato”. Fu prelevato il Dna di 63 soggetti, 150 le persone sentite, 13 quelle intercettate. Il delitto si consumò in una casa del centro storico di Isernia. In Vico Terzo Belvedere. A dare l’allarme un’amica della donna che non riusciva a contattarla. Furono allertate le forze dell’ordine. Sul posto, insieme ai carabinieri, i vigili del Fuoco che dopo aver forzato la serratura dell’abitazione fecero la macabra scoperta: il corpo della donna riverso a terra in una pozza di sangue. Poco dopo arrivarono il capitano dei Carabinieri Nino De Luca e il pubblico ministero Alfredo Mattei. E partirono le attività inquirenti. Si iniziò a lavorare. Il primo sopralluogo effettuato dal medico legale parlava chiaro: con tutta probabilità si trattava di omicidio (nel torace della donna c’era una ferita cagionata da ‘‘‘‘un mezzo puntuto e monotagliente’). L’attenzione degli inquirenti portò ad una pista ben precisa: Ignazio Fortini. I carabinieri raccolsero una serie di gravi indizi e così per il giovane si spalancarono le porte del carcere. Poi il processo in Assise. E successivamente quello in Appello. Oggi, come detto, l’ultimo atto dinanzi alla Cassazione.

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