Piccoletta, quasi senza trucco, arriva in ritardo e recupera: “Due battute con la stampa, ve le devo. Ma veloci che la gente mi aspetta da tempo…”. Le proposte? “Semplici e concrete, come introdurre in Costituzione un tetto massimo alla tassazione, quella complessiva non può superare il 40% del Pil e poi altre che stanno colorando la piattaforma del centrodestra come la restituzione dell’Imu, siamo stati i primi a dire che la prima casa è un bene sacro, impignorabile, quindi non tassabile”. Poi sugli alleati rivali del Pdl, tosta: “Di Giacomo dice che non sa perché fui nominata ministro? Lo chieda a Berlusconi. Rivendico quel che ho fatto al governo, io. Il senatore lo vedo un po’ nervoso. Non capisco perché ma il nervosismo eccessivo non è mai un segnale di forza…” Giorgia Meloni lascia in sospeso, alle sue spalle Filoteo Di Sandro che quel posto da senatore insidia. E Gianfranco Vitagliano che dentro, dal palco, elencherà i primi avversari sconfitti: l’ultimo di Carnevale, la prima di Sanremo e la partita della Juventus. Perché la sala – “quella delle vittorie”, scalda la voce il governatore Iorio; “quella dei mille”, enfatizza lo staff di Fratelli d’Italia – del Centrum Palace è strapiena. File serrate ed entusiasmo. Quando entra, all’ex ministro della Gioventù il pubblico, la ‘gente’ dedica un coro da stadio. “Gior-gia Gior-gia Giorgia…”. Sale sul palco, esulta, le braccia al cielo, come per un goal della squadra del cuore. Ed è proprio al cuore della destra che il movimento che lei ha fondato con Ignazio La Russa e Guido Crosetto fa appello. Perfino a quello del presidente uscente e ricandidato Michele Iorio, cuore pidiellino, si rivolge un po’ commossa Marilina Di Domenico, seconda in lista alla Camera. “Segua il suo cuore, presidente, e voti anche lei Fratelli d’Italia. Guardi queste persone, qui non ci sono truppe cammellate, guardi noi sul palco: siamo una bella squadra”, gli spiega la Di Domenico. Che l’apertura del suo intervento la dedica ad “un grande uomo politico scomparso ieri. Quando c’erano le riunioni del Partito popolare lui entrava e salutava prima me, «prima le donne» diceva e aggiungeva «e poi i bambini» ed erano i giovani del partito. Quell’uomo era Florindo D’Aimmo”.

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