È morto a 79 anni poche ore dopo il ricovero – nella notte fra giovedì e venerdì al Cardarelli di Campobasso – l’ex sindaco della città Luigi Di Bartolomeo. Big Gino per tutti, da qualche tempo si era ritirato dalla politica. Gli acciacchi della vita, che con lui nel privato era stata già feroce, lo avevano allontanato dal palcoscenico pubblico. Ma questo non ha scalfito la sua presenza immanente nella comunità del capoluogo e dell’intera regione. Lo dimostra il dolore immediato, immenso, profondamente umano che da ieri mattina attraversa i social e monopolizza le conversazioni nei bar, nei supermercati. Ovunque.
Goliardico, sincero, sanguigno. Gino Di Bartolomeo ha seguito sempre la sua passione per la politica: la Dc e poi l’Udeur, infine il Pdl e Forza Italia. È stato assessore comunale, regionale, presidente del Consiglio provinciale, della giunta regionale ed è stato l’unico molisano a coordinare la Conferenza delle Regioni. Senatore dal 2006 al 2008, la politica paludata della Capitale non era però la sua. Aveva un sogno: diventare sindaco di Campobasso. Lo ha avverato nel 2009 alla guida del centrodestra. Durante il mandato, la nevicata che mise in ginocchio il Molise, nel 2012. Celeberrime le sue fulminanti risposte ai cronisti, che ad ogni emergenza neve – o accenno di precipitazioni – riconquistano Facebook. Scolpiti nella storia di Campobasso anche gli scontri accesi con gli avversari in Aula. Mai banali, non sempre così gravi come li faceva sembrare. Sapeva quando forzare e perché.
Nel 2014 si ricandidò per la guida di Palazzo San Giorgio. Qualcosa nella coalizione si era rotto e Di Bartolomeo non era uomo da mediazioni. Su di lui puntò solo Forza Italia, il resto dello schieramento diede vita a un’esperienza civica con a capo Michele Scasserra. Big Gino non nascose l’amarezza né la rabbia per quello che sentiva un tradimento. Restò comunque consigliere facendo opposizione al neo primo cittadino di centrosinistra Antonio Battista.
Un amico, compagno di partito, con cui i rapporti si fecero burrascosi proprio per la vicenda della ricandidatura, raccontava sorridendo che Gino aveva ben chiaro come avrebbe voluto finire i suoi giorni. In dialetto campobassano, ovviamente, impavido declamava: «Io? Voglio morire su un palco durante un comizio!».
La vita è stata feroce con lui perché ha perso prematuramente un figlio e la moglie. L’impegno civile e politico, comunque innato e vissuto sempre senza risparmiarsi, ha rappresentato probabilmente anche la forza necessaria ad andare avanti.
Questa mattina si sono svolti i funerali nella chiesa di San Giuseppe Artigiano, nel suo quartiere Cep. In una città listata a lutto perché se ne è andato il sindaco.
rita iacobucci

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