Andrea Di Lucente, capogruppo dei Popolari per l’Italia, non le ha mai mandate a dire. Non tradisce le aspettative neanche stavolta. A un anno dal ritorno al voto la sua voce rilancia il messaggio, già chiaro, del presidente del Consiglio regionale Micone al centrodestra.
Di Lucente, ultimo anno di mandato alla guida della Regione. Un mandato travagliato, una maggioranza risicata in Consiglio e frizioni continue nonostante la vittoria netta del 2018. Cosa non ha funzionato?
«Non sono d’accordo. Le frizioni sono normali in una maggioranza: sono un segnale di confronto democratico e sempre schietto. I sotterfugi, le fughe in avanti, le pugnalate alle spalle: questo dimostra la litigiosità di una maggioranza che tale non è. Detto questo, abbiamo avuto momenti difficili, divergenze e idee diverse, ma ogni secondo abbiamo amministrato avendo come guida l’interesse dei cittadini. Sicuramente nei primi mesi di governo le ingerenze dei partiti, di uno in particolare, hanno condizionato non poco le scelte del presidente Toma. Eppure, nonostante questa presenza ingombrante, il presidente, con il tempo, ha governato tenendo la barra dritta. In cambio, adesso, ha ricevuto solo opacità: non gli hanno ancora detto se sarà o meno il candidato della coalizione né se ci sarà una coalizione da guidare».
C’è tempo, in questi mesi, per rimediare secondo lei?
«Stiamo andando incontro a settimane di programmazione che getteranno le basi per il futuro. Mi riferisco al Pnrr, ma anche alla programmazione comunitaria per i prossimi sette anni. Stiamo decidendo la road map del Molise del futuro. È un momento chiave, questo più di altri. Sbagliarlo significherebbe perdere la più grande occasione che ci è stata fornita. Per questo motivo, adesso chiedo che ci sia confronto estremo, saggezza, lungimiranza. Attraverso il Pnrr e i fondi comunitari si possono muovere le leve di sviluppo. Inutile dire che uno dei terreni che dovranno avere maggiore attenzione è quello della digitalizzazione: sono il delegato a queste politiche, ma sono soprattutto un imprenditore e una persona che vive nel proprio tempo. La digitalizzazione è fondamentale per essere competitivi, sia come pubblica amministrazione sia come sistema produttivo. Destinare risorse e politiche dedicate a questo aspetto significa trasformare il Molise e invertire la rotta: dobbiamo far tornare i giovani da noi, riattrarre nuovamente le menti che sono emigrate».
I coordinatori dei tre principali partiti della coalizione si sono visti da poco. Un semplice caffè, dicono. Sembra invece l’avvio delle manovre per il prossimo anno.
«I partiti sono stati gli assassini di un centrodestra che avrebbe avuto ancora molto da dire. I sabotatori di una politica che avevamo immaginato diversa, se non avessero continuamente posto veti o creato scompiglio. Hanno sulla coscienza scelte scellerate, in primis sulle indicazioni dei candidati in elezioni chiave, Campobasso prima e Isernia poi. Le loro imposizioni hanno generato situazioni paradossali, allontanando le persone dalla politica, allontanando gli stessi esponenti politici. Hanno minato talmente la fiducia delle persone e di chi lavora a stretto contatto con il territorio che, purtroppo, non è più possibile dare loro credito. Il tempo dei partiti “tradizionali” è finito. Cosa hanno dato in termini di voti dalle Regionali in poi? Non riusciamo a comprendere i motivi che li spingono ad essere così arroganti nel voler scegliere i nomi e dettare la linea. Il Molise non è come le altre regioni: qui, dando un’occhiata alle percentuali, non arrivano al 20%. Nelle elezioni il voto preponderante è stato quello al centro. I partiti centristi hanno fatto la differenza: a dirlo non sono io, ma l’evidenza dei fatti e la matematica. È questo nuovo aggregato – fatto di movimenti, di persone di centro, di partiti moderati – che sarà il nuovo protagonista della vita politica molisana. È arrivato il momento che la voce del centro parli per quei molisani che hanno sempre guardato con favore alla moderazione e alla serietà».
Che ruolo intende giocare, allora, il centro?
«Sono convinto che il centro sarà nuovamente l’ago della bilancia. In un momento di grande stordimento come quello che lo scenario internazionale ci sta mostrando, la voglia di stabilità, di moderazione diventa sempre più pressante. L’onda moderata che sta investendo l’Italia e che, inevitabilmente sta arrivando anche in Molise, viene da lontano. Ha le sue radici nello scossone enorme che la politica ha avuto prima con il Movimento 5 Stelle e successivamente con la pandemia. Siamo passati attraverso un disastro che ha logorato tutti, che ha messo in ginocchio l’economia. Ha sfibrato il rapporto che i cittadini hanno con le istituzioni a suon di passi avanti e repentine marce indietro. La pandemia ha cambiato il volto dell’Italia e della politica. Chi guarda adesso la politica vorrebbe pacatezza, idee chiare, dialogo invece delle urla sguaiate di taluni esponenti. Il “fuori dalla righe” appartiene ad una stagione tramontata, spazzata via dall’onda d’urto che è stato il Covid.
Una famiglia che si ritrova a dover fare i conti con il caro benzina, il potere d’acquisto del salario, se ancora ce l’ha, ormai ridotto al minimo non ha alcuna intenzione di affidarsi ad esponenti politici sguaiati, che urlano slogan invece di affrontare i problemi seri. La parola chiave è serietà. Il nuovo scenario che abbiamo davanti dovrà essere improntato alla serietà delle idee, del linguaggio, dei modi. Alla coerenza, alla concretezza delle azioni. Di belle parole ce ne sono state tante, di retorica anche. Eppure i salari continuano ad essere sempre più bassi, i posti di lavoro faticano ad arrivare e poter fare il pieno all’auto è diventato un lusso.
In momenti come questi servono stabilità ed equilibrio: doti di un politico che conosce bene il proprio territorio ed è connesso con le esigenze dei cittadini che è chiamato a rappresentare. Doti di un politico che svolge il proprio ruolo non sull’onda dei social media, ma tenendo i piedi ben piantati nella realtà. Lo iato che c’è stato finora tra politica e persone è determinato proprio da tutto questo: dall’assenza di serietà e di logicità sono nati i ‘mostri’ che abbiamo visto finora. Adesso il cambio di passo e la necessità di pacatezza e di impegno sono imprescindibili».
Ma nel 2023 sarete ancora alleati di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia?
«Ribalto la domanda: ha senso che Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia abbiano voce in capitolo visto quello che è successo finora? Credo che la risposta sia ovvia per tutti. La vecchia politica non ha più ragione d’essere. Le scelte adesso vanno consegnate ad altri, va tenuta in considerazione la componente centrista, ormai sempre più nutrita e forte. Non mi riferisco solamente alla Regione: va fatto un discorso d’insieme anche con i nomi per la Camera e il Senato».
Difficile però immaginare Andrea Di Lucente in una coalizione in cui c’è Andrea Greco…
«Abbiamo idee profondamente diverse su tantissimi argomenti importanti, ma non è l’unico con il quale c’è una grande differenza di fondo oltre che di approccio. Sicuramente, in un’idea di Molise di centro che ritengo sia necessaria, una voce così urlante farebbe fatica a trovare orecchie che ascoltino. Dopotutto, non lo hanno ascoltato nemmeno quando aveva il governo a favore».
Il presidente Toma nei suoi confronti ha sempre dimostrato fiducia. Le ha affidato la delega alla digitalizzazione, strategica per i prossimi investimenti. Un suo sintetico bilancio di mandato.
«Se vogliamo parlare di digitalizzazione non c’è bilancio perché è nelle prossime settimane che ne vedremo delle belle. Abbiamo gettato le basi per tantissimi progetti che vanno dalla sanità al lavoro, passando per i lavori pubblici e per gli strumenti per i professionisti e per le amministrazioni. Non c’è da tirare le somme adesso perché siamo veramente all’inizio. Il Molise era all’anno zero. In pochi mesi abbiamo cercato di rimetterci in pari con regioni che investono e costruiscono da anni. Siamo la Cenerentola d’Italia in ogni classifica, ma questo non può che essere lo sprone a crescere ogni giorno di più. E lo vedremo a breve».
La road map per le regionali, allora: tempi e modalità per scegliere alleanze e leader.
«Dialogo innanzitutto. I partiti, come detto, facciano un passo indietro e capiscano che, come ogni attore del processo, possono dire la loro, ma che ogni idea e ogni suggerimento avrà pari dignità e pari valore. Imposizioni non ne accetterà più nessuno. Non ne accetteranno i cittadini. Ascoltare le voci del territorio, le associazioni, i comitati, gli amministratori, le parti sociali è importantissimo per poter arrivare ad un’idea di leadership condivisa. Una volta individuata questa metodologia condivisa, nomi e alleanze verranno da sé. Chi accetterà di operare scelte comuni, di aggregarsi attorno ad una piattaforma di idee chiare, ad una visione strategica che faccia crescere il Molise, troverà il modo di stare insieme. Sono le idee che tengono insieme le persone, non i nomi oppure gli interessi. Questo genere di politica odiosa è ormai morta, per fortuna».
Lo spopolamento. La regione rischia la desertificazione nel volgere di pochi anni. Lei è per il Molisannio o per il ritorno con l’Abruzzo?
«Io la vedo in maniera totalmente diversa. L’unione è sempre un valore aggiunto, ma in questo caso la nostra identità territoriale va difesa. Io sono per un Molise a “statuto differenziale” se non proprio a “statuto speciale”. Abbiamo delle peculiarità che non ci possono far assimilare a nessun’altra regione. Allo stesso tempo non possiamo reggerci sulle nostre gambe con gli stessi obblighi della Lombardia o del Lazio. Essere pochi, però, non può significare una condanna a morte. Essere pochi, invece, dovrebbe essere il nostro valore aggiunto perché potrebbe trasformarci in un laboratorio di belle, e non solo buone, pratiche. Sulla digitalizzazione stiamo lavorando in tal senso. Spero che sia un modo per dimostrare che non dobbiamo guardare altrove per sopravvivere, ma lottare per farlo come Molise».
rita iacobucci