Entro giugno i molisani devono sapere come intende proseguire il centrodestra che governa la Regione: con chi e con quale programma. Donato Toma rilancia ancora. Dice chiaramente, dopo il post su Facebook per celebrare la vittoria di quattro anni fa, di essere in campo. «Potrei tagliarmi fuori, ho portato a termine molte cose di quelle che avevo promesso. Ma troverei disonorevole non ripropormi. La mia deadline è dopo il bilancio: si dovrà esprimere anche chi è più prudente. Sapremo chi sarà con me e insieme costruiremo la squadra per il 2023». E chi non ci sarà. O aspetterà ancora.
La chiama «operazione lealtà», il governatore. Chiede, di nuovo, un confronto senza retropensieri. «Chi a livello locale pone veti sul mio nome deve spiegare perché, quali errori ho commesso. Certo, ne ho commessi. Ci confronteremo. Senza interessi di parte però. Se qualcuno ha mal di pancia per questioni personali, è un’altra storia. Mi si contesta l’abrogazione della surroga, votata – lo ricordo – dalla maggioranza. Abolendo la surroga io ho stabilizzato la maggioranza. Non è semplice continuare a governare con un solo voto in più». Cristallino il riferimento alla posizione di una parte di Fdi, quella che fa capo al coordinatore Di Sandro. Le criticità della legislatura, ribadisce poi, sono arrivate proprio dal partito di Meloni e dalla Lega, che ha perso le due consigliere elette «regalandone una a Fratelli d’Italia». Criticità locali. Il presidente rivela di avere interlocuzioni frequenti coi vertici nazionali della Lega – «Giorgetti e lo stesso Salvini» – e con Meloni e i suoi colonnelli. «Non credo si possa intravedere alcuna ombra nella stima per me», aggiunge. A supporto, mette le nomine importanti nel quadro della Conferenza dei presidenti e della rappresentanza delle Regioni in seno agli organismi europei.
La svolta nella strategia di Toma c’è stata agli stati generali di Forza Italia, il suo partito. Sul cui appoggio Toma ostenta sicurezza. Dal palco della kermesse voluta da Berlusconi, la disponibilità prima offerta in punta di piedi si è trasformata in riproposizione con tanto di risultati rivendicati messi in fila sul tavolo del confronto. Ora il passaggio ulteriore. «Arrivare all’ultimo mese per far uscire il coniglio dal cilindro? Con me non esiste», scandisce. Forte di un quadro nazionale che non sembra mettere in discussione la sua riproposizione, preme sull’acceleratore. «Non c’è assolutamente motivo di arrivare all’ultimo momento. Mi aspetto perciò che coordinatori, assessori e consiglierei si esprimano. Dopo il bilancio vorrò sapere cosa pensano, senza veti però. Perché se si è alleati, non esistono veti. Rispetto al 2018, quando i partiti di centrodestra vennero a cercarmi e vincemmo le regionali due mesi dopo le politiche in cui i 5s fecero cappotto in Molise, abbiamo oggi un presidente che ha imparato a fare politica e ha messo mano a problemi atavici. Qualcuno lo abbiamo anche risolto, non io da solo ovviamente ma insieme al mio staff, ma per proseguire su quel cammino l’orizzonte temporale di un anno è troppo breve. Per esempio, in un secondo mandato il primo anno mi adopererei per rafforzare la struttura regionale, decimata da pensionamenti e quota 100».
Batte molto sul tasto dei risultati il presidente. «Quasi tutte le proposte che ho inserito nel mio programma sono state realizzate o avviate, nessuna di quelle promesse è stata tradita. Abbiamo mantenuto gli impegni per il turismo e la cultura. In sanità, da quando sono commissario, la littorina è diventata un treno ad alta velocità. Il 27 incontro a Roma i ministri Carfagna, Gelmini, Speranza e Franco per una proposta di governo della mobilità attiva dei centri privati. Siamo stati primi nella vaccinazione anti Covid e non bisogna dimenticare che proprio l’emergenza pandemica ha sospeso l’attività ordinaria. Ma noi abbiamo sostenuto le imprese con quattro bandi e abbiamo aiutato le famiglie, la scuola e appunto la sanità». Si avvicina al confronto con gli alleati molisani con numeri che definisce «enormi».
Non glielo ha ordinato il medico, come dice un adagio locale. «Ma non sono stanco e oggi so come funziona la macchina. Abbiamo piantato radici che ci faranno raccogliere frutti. Vorrei fare qualcosa di più e meglio per il Molise». Si dice, negli ambienti, che la leadership della coalizione in Molise potrebbe andare a FdI. A quel punto, a maggior ragione con un chiarimento anticipato a giugno, una candidatura riparatrice in Parlamento per il governatore sarebbe verosimile. «Io sono una persona operativa. Lì sarei molto meno stimolato che da presidente», chiude per ora la questione Toma.
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