Coordinatore della Lega da qualche mese, ex assessore della giunta Toma – estromesso per far spazio a Filomena Calenda che così ritirò la sua firma da una pericolosissima mozione di sfiducia – Michele Marone ha già fatto capire che il Carroccio alle regionali del 2023 pretenderà discontinuità.
Certo, leghisti in Consiglio non ce ne sono, dopo l’espulsione di Calenda e Romagnuolo. Ed è uno dei motivi per cui è stato sacrificato. Uno dei problemi che il governatore Toma ascrive, ed è oggettivamente così, a dinamiche interne ai partiti che hanno condizionato pesantemente l’attività di giunta e maggioranza. Ma, rilancia Marone, «noi facciamo politica fra la gente e abbiamo il sentore che Toma non rappresenti più la maggioranza dei molisani che lo hanno eletto».
Avvocato Marone, il presidente si propone per un secondo mandato e detta i tempi della decisione.
«Il presidente può fare e dire quel che vuole, naturalmente. Ma non decide lui chi è il candidato. Lo decideranno tutti i partiti della coalizione. Come ho già detto qualche settimana fa, ribadisco che la posizione della Lega è che in questo momento il centrodestra debba lavorare sul programma, un programma di rilancio socio-economico e sanitario. Quindi, cosa intendiamo fare per uscire dal commissariamento della sanità e ridare servizi sanitari degni di questo nome ai molisani? E cosa proponiamo per migliorare le infrastrutture, per migliorare l’accessibilità alle aree interne e da queste alla costa? Infine, proposte di politiche attive del lavoro. Quando avremo risposto a queste tre domande prioritarie, si inizierà a individuare le eventuali personalità che possono rivestire il ruolo di candidato presidente».
Toma però sostiene che ha confronti e dialoghi coi vertici nazionali e non registra ostilità.
«Io credo sia normale che i ministri abbiano contatti e diano risposte a tutti i presidenti e assessori. Personalmente, io ogni due settimane vedo nel consiglio federale Salvini, i ministri, gli altri governatori della Lega».
Senta, Toma è presidente uscente. Perché frenare anche formalmente una sua riproposizione? È quasi naturale che ci sia.
«La Lega fa politica in mezzo alla gente. E abbiamo il sentore che, suo malgrado, Toma non rappresenti più la maggioranza dei molisani che lo hanno eletto. Questo ci impone di lavorare a un programma diverso perché le cose non vanno. Non c’è nulla di personale, nessuna ripicca. È un fatto oggettivo».
Dunque qual è il vostro timing?
«Come ho già detto, prima il programma e poi si comincia a lavorare sulle persone. Il candidato lo deciderà la coalizione, i tre partiti più grandi e la quarta gamba. Non c’è alcuna preclusione, anzi, ai moderati del centrodestra, dall’Udc a Toti e a tutti gli altri».
Toma si aspetta che anche voi coordinatori regionali vi esprimiate sulla sua ricandidatura.
«Lui deve parlare con la coordinatrice di Forza Italia, che è il suo partito. Poi saranno i coordinatori di tutta la coalizione ad arrivare a una decisione».
Ma se vi convoca per chiedervi da che parte state?
«Guardi, lui è una figura istituzionale, non un organo politico. È, certo, il presidente uscente. Ma, ripeto, deve relazionarsi con la coordinatrice del suo partito».
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