La Lega Molise è tornata in piazza tra la gente per il nuovo tesseramento e per la campagna referendaria sulla riforma della giustizia. Durante lo scorso weekend sono stati allestiti gazebo a Isernia, Trivento e Campobasso. Sabato ci sarà un nuovo appuntamento: la mattina a Venafro e il pomeriggio a Termoli. Domenica, infine, a Larino.
In considerazione del particolare tecnicismo dei quesiti – spiegano i vertici locali del Carroccio – stiamo cercando di chiarire i dubbi dei cittadini distribuendo loro materiale informativo per ogni singolo quesito referendario.
Ad esempio, votando “Sì” alla separazione delle carriere i giudici faranno sempre e solo i giudici e i pm si occuperanno sempre e solo della pubblica accusa; votando “Sì” per la riforma del Csm, cesseranno le correnti e i giochi di potere della magistratura, si impediranno nuovi casi “Palamara”; votando “Sì” per l’equa valutazione dei magistrati non si assisterà più a Consigli Giudiziari dove possono giudicare solo i magistrati (controllato e controllore) ma si darà la possibilità di valutarli anche ad avvocati e professori universitari al fine di avere una magistratura meno corporativa e più competente; votando “Sì” per i limiti agli abusi di custodia cautelare si avrà una giustizia equa che tutela i cittadini onesti, ovvero basta con casi di innocenti in carcere; votando “Sì” per l’abolizione del decreto Severino si tornerà a rispettare il principio costituzionale di presunzione della non colpevolezza fino alla condanna definitiva, impedendo così che un sindaco e/o amministratore assolto in secondo grado o in Cassazione possa vedersi distrutta la vita sia personale che politica, si impedirà un uso politico della giustizia.
Solo un messaggio forte e chiaro da parte degli elettori può spronare il legislatore ad agire. Questa la ragione principale per la scelta della strada referendaria – dicono ancora i leghisti molisani – nella consapevolezza che gli interventi strutturali indispensabili al sistema giustizia mai si attiveranno su iniziativa di quegli ambienti, sia della giustizia che della politica più conservatrice e giustizialista, dove si sono incancrenite forme di chiusura e autoreferenzialità. A chi condivide il contenuto dei quesiti ma critica il ricorso al referendum rispondono che si tratta di un fondamentale strumento di partecipazione che, in questo caso, si occupa di una materia che interessa trasversalmente l’intera comunità. Della situazione interna alla magistratura, d’altro canto, si parlava da anni ma lo scandalo esploso nel 2019 ha reso improcrastinabile la riforma del sistema giustizia.
Quanto al quesito più discusso, vale a dire quello che riguarda l’abrogazione del decreto Severino, il commissario regionale della Lega Michele Marone ribadisce che non si può «fingere di ignorare che numerosi amministratori sono stati allontanati dai loro incarichi per accuse rivelatesi poi infondate o dopo una sentenza di condanna di primo grado. Cosa che non solo contrasta con il principio di presunzione di innocenza previsto in Costituzione, ma anche con il dato oggettivo che molte di queste sentenze sono state poi annullate in Appello o in Cassazione. Con la conseguenza che la decadenza dagli incarichi non solo si è rivelata iniqua e un danno irreparabile per l’amministratore, ma è risultata dannosa anche per la stessa amministrazione». Inoltre, prosegue, «se anche gli esperti del settore considerano necessari interventi per restituire funzionalità, credibilità e imparzialità al sistema giustizia; se i problemi della giustizia sono annosi e noti a tutti; se il legislatore, tuttavia, non ha riformato in maniera incisiva la materia nonostante gli scandali emersi con la vicenda Palamara; se per lo più le riforme prodotte sono annacquate, allora devono apparire evidenti sia la necessità di un momento di partecipazione e democrazia da cui emergano le istanze provenienti dalla società civile e sia la conseguente volontà dello Stato di ascoltarle e recepirne le indicazioni, superando le resistenze che provengono da determinate aree della magistratura e della politica».
L’obiettivo, dunque, è «garantire una giustizia più giusta, imparziale e efficace, restituendo piena e legittima credibilità alla magistratura e superando quella cortina di silenzio alzata sul referendum da quelle componenti di politica e magistratura che puntano a non cambiare nulla per non vedersi danneggiate nelle proprie prerogative, che in tanti casi assomigliano a privilegi. In sostanza – conclude Marone – il 12 giugno andiamo a votare per i referendum, viceversa addio giustizia!».