Andrea Di Lucente, capogruppo dei Popolari per l’Italia, pronto all’ingresso nell’Udc in vista delle regionali del 2023?
«C’è un’idea, un ragionamento in corso. Perché dovrei negarlo? Peraltro conosco Cesa forse da molto prima di Salvatore (Micone, ndr). Stiamo dialogando, sì. L’Udc è un partito che siede al tavolo del centrodestra e può dare opportunità a me e a un gruppo di amministratori che non si riconoscono in altri partiti. Nel 2018 ho rappresentato una sorpresa in termini elettorali. Ho lavorato e sto lavorando molto in questa legislatura. Mi piacerebbe avere e dare una prospettiva più ampia».
Alla riunione dei coordinatori l’Udc però ha proposto Micone come presidente. Mentre da settimane il governatore Toma ha dato la sua disponibilità al secondo mandato. Non si sente tra due fuochi adesso?
«Donato sa benissimo come la penso. Abbiamo ottimi rapporti, non gli ho mai nascosto le mie opinioni e mai lo farò. C’è un nodo da sciogliere in via prioritaria, un problema per Toma. Vale a dire cosa intende fare Forza Italia. È giusto che lui lo sappia e che lo sappiamo anche tutti noi altri. Toma sì o Toma no? Una volta che quel partito avrà dato risposta a questa domanda ci si siederà al tavolo, non solo i quattro partiti nazionali ma anche le forze più piccole e i movimenti, e si troveranno tutti gli accordi politici necessari. Ma cosa pensa la coordinatrice regionale Tartaglione? Che Toma debba aspettare un altro anno per sapere se sarà lui il candidato oppure no?».
Ha anche detto che deve ricostruire il rapporto con i cittadini, oltre che con i partiti e i consiglieri. Ammetta, Di Lucente, che in questi quattro anni come coalizione di governo avete perso consenso.
«E la Tartaglione nel frattempo dov’era? Arriva come una maestrina a rimproverarci al quinto anno di scuola? Ha imposto assessori, sottosegretari, nomine. La verità è che Forza Italia deve risolvere il tema della leadership. Anche per rispetto e impegno morale verso una persona che è stata a disposizione del partito quattro anni fa. Oggi a Toma va detto: sei tu il nostro candidato oppure per te abbiamo pensato un altro percorso. In modo che lui possa scegliere, magari deciderebbe di tornare al suo studio da professionista…».
Questo è il fronte Forza Italia, d’accordo. L’Udc dove lei sta per entrare però ha chiesto la casella del governatore.
«Il ragionamento dell’Udc, e più in generale dei moderati del centrodestra è: no alle decisioni romane dell’ultimo minuto, che sono poi spartizioni fra i soliti. Ai centristi va data rappresentanza. Non si può fare una riunione in cui si dice: a me tocca questo, a te quest’altro, il Lazio va a X, la Lombardia a Y. E ai moderati? Le candidature si devono decidere in Molise. Altrimenti chi decide si occuperà pure della campagna elettorale a quel punto. Ribadisco: ci si siede attorno al tavolo, con dignità riconosciuta a tutti, e si trova la quadra. O il centrodestra andrà incontro a una débacle».
E qual è la sua ricetta per competere nel 2023, invece, e confermarsi vincenti?
«Il centrodestra deve essere trasparente, risolvere i problemi interni. E le soluzioni si trovano solo con il dialogo e la chiarezza. Dobbiamo essere inclusivi e non, al contrario, mettere veti. Dobbiamo sapere chi siamo e dove andiamo per tutte le caselle in gioco, quella regionale e quelle parlamentari. Ma non possiamo attendere l’anno prossimo. Se l’onorevole Tartaglione pensa di farci aspettare un altro anno per capire quali saranno il suo destino e le sue ambizioni personali, noi a questo gioco non ci stiamo».

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