In campagna elettorale le ore piccole sono la normalità, ma Alessandra Salvatore stringe i denti, il sorriso le si accende a qualsiasi ora del giorno o della notte. Avvocatessa specializzata in diritti civili e assistenza ai più deboli, per esempio gli immigrati, assessora al Welfare a Campobasso con il sindaco Battista, da sempre Pd. Pensava che avrebbe supportato il centrosinistra da dirigente di partito e militante. Invece è toccato a lei sostenere la sfida con l’uomo del centrodestra, Lorenzo Cesa, nel collegio uninominale per la Camera.
Non era nei suoi programmi…
«No. È stata una follia ragionata quella di accettare in un momento così particolare. La richiesta è arrivata dal segretario regionale e dal partito tutto. Ho ritenuto che fosse, proprio visto il momento, mio dovere accettare. Per me è una esperienza straordinaria, intensa. E inizio a credere che riusciremo davvero a ribaltare il risultato. C’è una risposta da parte dei cittadini, anche degli amministratori, di quelli che si espongono di meno, che comunque fa ben sperare».
Letta ha polarizzato il confronto con Meloni perché punta al sorpasso di FdI. Cosa rappresenta oggi il Pd in Italia?
«Credo possa essere un punto di riferimento per chi ha voglia di tornare a discutere di politica e di competenze in politica. Lo dico pensando all’atteggiamento tenuto durante i governi Conte 2 e Draghi, alla proposta programmatica che ha messo in campo per queste elezioni e al fatto che ha deciso finalmente di tornare a parlare con le persone normali, che hanno difficoltà – e sono molte di più rispetto al passato – e che non si sentivano più a casa nel Pd. In queste politiche è stato dato grande spazio a chi, come me, ha contestato la linea Renzi in passato e oggi – rispetto a proposte che riguardano il lavoro, l’equa retribuzione, il sostegno alle persone, la sanità – ha riportato l’attenzione su questi temi. Il Pd vuole impegnarsi e lo fa anche attraverso persone come me».
Ha elencato già quelle che sono le sue priorità programmatiche.
«Sì, è vero. Aggiungo che porto in questa avventura la mia esperienza di professionista, avvocato che lavora nel sociale, e la mia esperienza di assessore alle politiche per il sociale. Mi impegno quindi a lavorare sulla questione del caro bollette, della sanità pubblica, dell’occupazione e dei diritti civili. Un tema, quest’ultimo, che ho scoperto essere molto caro ai più giovani. Ritengo che stia in queste opzioni programmatiche la cura contro lo spopolamento. Se si investe in questo, ma anche nella formazione, con un raccordo vero col mondo della scuola, torneremo a dare risposte efficaci».
I giovani stavolta possono giocare un ruolo da protagonisti. Votano per la prima volta dai 18 anni in su anche per il Senato e molti osservatori ritengono che le loro preferenze potrebbero dare una sterzata.
«Ho incontrato molti ragazzi che stanno seguendo il dibattito elettorale perché sono interessati ad alcuni temi che vedono vicini al loro quotidiano: i diritti fondamentali, la lotta alla discriminazione soprattutto di genere, l’ambiente. Sono angosciati dall’idea che il pianeta stia soffrendo e non sanno che cosa riserverà il futuro. Poi ci sono quelli totalmente disinteressati. Sarebbe stato bello avere molto più tempo per confrontarsi con loro. Comunque ho potuto cogliere che quando con loro si parla, ad esempio, del ripristino della leva obbligatoria, delle energie rinnovabili, del lavoro, si riesce a far passare il messaggio che la politica, al contrario di quel che pensano, li riguarda molto».
Sfida difficile ma non impossibile.
«Per me è un’esperienza faticosissima ma incredibilmente bella. Spero di portare a casa, il 26 settembre, il risultato di un voto in più rispetto al mio competitor principale, il candidato del centrodestra. E comunque la consapevolezza che se torni a parlare con le persone, i cittadini possono appassionarsi di nuovo alla politica e non vederla come una cosa distante, che non li riguarda o che viene gestita solo come potere e non come strumento per cambiare le cose. È quello che ho compreso in questi giorni e mi dà la speranza che si riesca a invertire un po’ la rotta anche nel rapporto tra politica e comunità».
rita iacobucci