Professor Rossano Pazzagli, lei è coscienza critica e autorevole del Molise da anni. Da apprezzatissimo docente di Storia moderna e promotore di un dibattito schietto sulle potenzialità della XX Regione a candidato al Senato. Verrebbe da chiederle banalmente ma senza filtri: chi glielo ha fatto fare?
«Ho accettato di candidarmi perché me lo ha chiesto il territorio. Ho avvertito un dovere morale e di riconoscenza verso la regione dove lavoro da tanto tempo e che mi ha insegnato molto. Mi ha insegnato che l’Italia ha bisogno di un’altra politica, che sappia dare alle persone e ai territori risposte concrete dentro a un orizzonte ideale fatto di principi – l’uguaglianza, la giustizia, la solidarietà – e di diritti: il lavoro, la salute, la scuola, la mobilità…. Un metodo che gli schieramenti politici attuali hanno ormai perso».
Perché Unione Popolare De Magistris?
«Prima di tutto perché Unione Popolare è coerente con le mie sensibilità e la mia storia: non sono mai stato iscritto a un partito, ma sempre impegnato nei movimenti, nelle associazioni, nei comitati per difendere il paesaggio e l’ambiente, soprattutto in Toscana e in Molise. In secondo luogo, perché con altri colleghi e esponenti della società civile stavamo già lavorando a un progetto di riorganizzazione della sinistra vera, un progetto che rimetta insieme cultura e politica, la cui separazione è una malattia del nostro tempo».
Avete condotto una campagna elettorale lontano dai riflettori, nei luoghi più sofferenti di questa terra. Quanto è arrivato secondo lei del vostro messaggio ai molisani?
«Insieme agli altri candidati Hikmet Aslan e Nicoletta Radatta abbiamo incontrato persone e luoghi cercando di parlare di contenuti e di ascoltare la gente. Per noi andare sul territorio non è una novità. Non siamo quelli degli show elettorali o delle passeggiate folcloristiche. Abbiamo avuto poco tempo e nessun finanziatore, ma qualcosa è arrivato. In tanti ci hanno detto “non volevo andare a votare, ma se ci siete voi andrò a votare per Unione Popolare”».
Quali sono i punti di forza del Molise, su cui puntare per provare a vivere un futuro da protagonisti e non solo a sopravvivere?
«Il Molise è una regione piccola e bella che merita di più: più lavoro, più servizi, più attenzione. Ha una grande patrimonio territoriale fatto di ambiente, cultura, paesi, paesaggi e prodotti. Con politiche adatte potremmo dare ai giovani buoni motivi per restare, a qualcun altro per tornare, ad altri per arrivare. Per farlo occorre uscire dalla logica dei numeri e della competizione, cioè dobbiamo impostare un nuovo modello di sviluppo».
Qual è invece il difetto che questa comunità dovrebbe correggere e che magari lei ha colto anche in questa campagna per le politiche?
«La sfiducia e la rassegnazione, che dobbiamo sostituire con l’indignazione e la lotta. Mi sembra strano che gli elettori si lascino abbindolare da chi viene qui solo in campagna elettorale a promettere quello che non hanno fatto e che avrebbero già dovuto fare».
Rossano Pazzagli, il 26 settembre…
«Il lavoro di sempre: proprio lunedì 26 ho esami all’Università, a Termoli incontrerò i miei studenti, comincerò le lezioni di Storia del territorio, pochi giorni dopo a Campobasso interverrò a una bella iniziativa dell’Accademia della Cucina e la settimana successiva sarò impegnato ad Agnone per un convegno sull’agricoltura delle aree interne. Non sono di quelli che scappano dopo la campagna elettorale».
ritai