Una settimana fa il voto che ha rappresentato l’inizio di una seconda vita per il Movimento 5 stelle uscito dalle urne, nel Paese e in Molise, con un bottino ‘dimezzato’ se si guardano i voti presi nel 2018, ma ancora in salute, rispetto alle previsioni catastrofiche dei sondaggisti all’inizio della campagna elettorale, avendo fermato l’emorragia di consensi di cui era parso vittima subito dopo la caduta del governo Draghi. Accusato di aver innescato la crisi che poi ha portato alla fine anticipata della legislatura, da campione di preferenze si è trovato a fare il terzo incomodo in una corsa solitaria che non prometteva niente di buono. A fine agosto, quando le intenzioni di voto davano Pd e Fratelli d’Italia in cima alle preferenze degli elettori, l’obiettivo dichiarato era raggiungere almeno il 10%. E invece si è arrivati al 15,5%. Le aspettative oltre le previsioni anche in Molise dove il Movimento ha superato il Pd confermandosi prima forza politica in regione con 24,38%, lasciando però per strada circa venti punti percentuali rispetto alle precedenti elezioni politiche.
Onorevole Federico, un mese prima delle elezioni i sondaggi vi davano spacciati, poi c’è stata la rimonta. Più che un successo lo chiamerei “risultato importante”. 
«Nel mese antecedente alla caduta del governo Draghi eravamo dati sotto il 10 per cento. Nelle ultime settimane di luglio, in concomitanza con l’operazione Di Maio, nel famoso transatlantico non si parlava d’altro. Tutti dicevano, soprattutto quelli del Pd, che la flessione sarebbe stata ‘importante’. E invece nel giro di un mese grazie alla campagna elettorale di Conte, che è stata fenomenale, ma anche alla nostra sui territori, i cittadini ci hanno riconosciuto e premiato come prima forza politica della regione. Ma questo non toglie che quattro anni e mezzo fa avevamo fatto cappotto eleggendo 4 parlamentari su 4 con il 48% dei consensi, ma oggettivamente era un altro periodo storico. Oggi siamo riusciti a fare il massimo in condizioni molto diverse e difficili».
Era un altro periodo storico. Allora concorda con l’analisi dell’ex premier Romano Prodi che dice: da anni gli italiani vanno alla ricerca del ‘fenomeno’ (prima Renzi, poi il Movimento 5 stelle, Salvini e infine Meloni), perché i partiti sono ‘destrutturati’ e quindi si vota per emozioni. Insomma si vota col cuore, col fegato e con l’istinto ma non con la ragione.
«Prodi ha un’esperienza e uno spessore tale che è difficile contraddirlo. La sua analisi è proprio la sublimazione del nostro pensiero politico da sempre, la ragione per la quale il Movimento 5 stelle è nato. Nato proprio perché i partiti non hanno più svolto quel ruolo di intermediazione e di rappresentazione dei cittadini nelle istituzioni, perché non c’è più una ideologia, un credo che i cittadini seguono, ma c’è un fenomeno passeggero che una volta è destra, una volta è sinistra. Ma questa cosa è un dramma che come forze politiche dobbiamo affrontare».
Una volta al governo però vi siete comportati come i partiti tradizionali se non peggio considerando diaspore e cambi di casacche.
«Noi siamo nati nel momento in cui non si capiva più la differenza tra destra e sinistra e su questo abbiamo fondato il nostro successo, quella valanga di consensi ottenuti tra il 2013 e il 2018. Oggi, invece, siamo riusciti a costruirci una identità chiara che diventa un riferimento anche per chi, soprattutto a sinistra, riferimenti non ne ha più. Una evoluzione di cui vado fiero e di cui sono stato protagonista: il movimento in questi anni ha consolidato una chiara impostazione progressista sui diritti civili, sui diritti sociali, sul lavoro e sull’economia, guardando agli ultimi e non all’elite del Paese».
In questa campagna elettorale c’è chi ha parlato addirittura di ‘voto di scambio’. È però indubbio che il Movimento deve molto della sua rimonta al reddito di cittadinanza, misura simbolo dei 5 stelle che Giuseppe Conte ha difeso contro i detrattori. 
«Una misura di cui io sono fiero e personalmente orgoglioso perché l’ho votata in Parlamento durante il Conte I, l’ho difesa durante il Conte II e soprattutto durante il governo Draghi da tutti gli agguati che arrivavano dal centrodestra ma anche dall’area centrista con Renzi. Però limitare un’analisi al fatto che ci hanno votato al Sud perché sono tutti percettori del reddito di cittadinanza è veramente riduttivo. Se noi rappresentiamo il sud del Paese è perché parliamo di temi che altri partiti non hanno in agenda, uno su tutti la lotta alla mafia. Abbiamo candidato personalità come Roberto Scarpinato, Cafiero De Raho, il fratello del sindaco Pescatore che hanno immolato la loro vita alla lotta alle mafie, e questo è stato riconosciuto e premiato. Così come è stato riconosciuta e premiata la nostra battaglia contro l’autonomia differenziata che segnerebbe ulteriore marginalizzazione del Mezzogiorno. La riforma del titolo V in merito alla questione della sanità che noi vorremmo tornasse in capo allo Stato e non alle Regioni perché riteniamo sia stata un po’ l’origine di tutti i mali. Guardiamo al commissariamento della Regione Molise che è l’esempio più lampante….»
Proprio sulla sanità si sono concentrati gli attacchi di Lotito e Cesa che vi hanno accusato, questo il leitmotive della loro propaganda elettorale, di aver fatto poco o nulla per il Molise.
«Dopo aver vissuto una esperienza diretta e personale posso dire che chiedere “cosa hai fatto per il Molise in Parlamento” è un atteggiamento abbastanza provincialista, nel senso che il parlamentare rappresenta tutto il Paese e il 90 per cento della mia attività riguarda tutta l’Italia. Se volessimo parlare del reddito di cittadinanza, per esempio, ci sono 16mila nuclei familiari che anche in Molise hanno potuto beneficiare di questa misura, pensata dunque anche per i molisani. È chiaro che ci si aspetta anche dell’altro perché si sono create delle aspettative. Ma per poter realizzare riforme in ambito sanitario c’è bisogno di una leale collaborazione, di una filiera che si crei tra livelli istituzionali differenti: governo, parlamento, regioni e comuni. Faccio due esempi su tutti. Ho dato una mano a tanti piccoli comuni che, in difficoltà con il personale, non riuscivano ad avere i fondi da vari ministeri, Viminale e Mite in primis. Facendo da intermediario le risorse sono state sbloccate e le amministrazioni locali hanno potuto realizzare marciapiedi o terminare una scuola. Un altro esempio, per me più significativo, è la ricostruzione post sisma del 2018. Durante il Conte 1 abbiamo stanziato come governo 39 milioni di euro per la ricostruzione in basso Molise e nominato Toma commissario della ricostruzione. Ad oggi è ancora tutto fermo, la ricostruzione non è stata ancora avviata. In questi anni io sono stato l’unico riferimento politico di associazioni e comitati spontanei nati nei comuni, ho fatto approvare, io primo firmatario, diversi emendamenti, l’ultimo qualche mese fa nel decreto energia che riguardava la possibilità di poter realizzare una sorta di struttura tecnica da affiancare a quella commissariale in regione per sbloccare gli interventi e mettere in condizioni i comuni di approvare i progetti della ricostruzione pesante. In questo esempio si estrinseca l’attività di un parlamentare, non nel raddoppiare i fondi per la sanità perché – me lo faccia dire – quello è populismo da quattro soli che nemmeno il Movimento alle origini nel 2005 avrebbe detto».
Il dialogo con il Pd non è all’ordine del giorno dice Conte che ha bloccato fughe in avanti sia in Puglia che in Emilia Romagna. Una linea dura che suppongo sarà seguita anche in Molise dove però le regionali sono dietro l’angolo.  
«Se non si riesce a riavviare un dialogo con il Partito democratico a livello nazionale non si potrà costruire nulla nemmeno a livello locale. Questa però non è una condanna senza appello ma è una cristallizzazione di quello che è successo in queste ultime settimane. E cioè che l’impostazione Letta – a nostro avviso fallimentare – dev’essere superata, ma non so se basterà un congresso e la nomina di un nuovo segretario. Noi siamo pronti ad accogliere tutti quelli che si riconoscono nella nostra agenda che è quello che i cittadini molisani ci hanno riconosciuto con il voto di una settimana fa: dal reddito di cittadinanza al salario minimo alla transizione ecologica, sono questi i temi che i cittadini hanno espresso con il loro voto e sui quali invitiamo parti civiche e partito democratico a confrontarsi. Però c’è bisogno di fare uno switch a livello nazionale in primis perché altrimenti questo dialogo sarebbe complicato da costruire».
Primo partito in Molise, sette punti percentuali sopra il Pd. Basta questo per ipotecare la leadership nel campo progressista per le regionali di primavera?
«Sto cercando di tornare all’approccio ingegneristico anche perché finito il mio mandato dovrò tornare alla mia professione. E l’ingegnere lavora sui fatti, sulle cose che ci sono, non sulle ipotesi. Quello che c’è oggi è l’impossibilità di avviare un dialogo perché non sta funzionando il rapporto tra 5 stelle e Pd sin dai livelli romani. Una volta sbloccato questo andremo a ragionare del resto. Però è chiaro che i cittadini hanno dato un segnale evidente rispetto ad una linea politica anche se io non sono uno che si appassiona ai nomi e non credo sia quello di cui dobbiamo parlare oggi. Quello di cui dobbiamo parlare oggi è la base intorno alla quale costruire una proposta chiara in cui i cittadini possono riconoscersi: una proposta progressista, che guardi agli ultimi, ai diritti sociali e civili, a quello che in questa regione manca».
alessandra longano

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