Il dramma si consuma intorno alle 19: 395 i voti raccolti da Romano Prodi, indicato dal Pd nella corsa al Quirinale. E fra i democratici è caos. In serata, dopo che la Bindi lo ha già fatto da presidente, Bersani consegna all’assemblea dei grandi elettori le dimissioni da segretario, operative dopo l’elezione del Presidente della Repubblica. Alla quinta votazione il Pd nell’urna depositerà scheda bianca.

Il senatore molisano Ruta ammette: qui manca la regia. E la Fusco Perrella, delegata del Consiglio regionale in quota al Pdl, dà voce alla delusione della destra: “Avremmo dovuto dare un segnale forte al Paese, che aspetta la soluzione di problemi concreti”, afferma. 

All’assemblea mattutina del Pd c’era stata l’ennesima svolta. Bersani propone Prodi, standing ovation e unanimità. Risolti i problemi interni, la partita si sposta nel’Aula di Montecitorio. Dove, dalla quarta votazione, salvo indicazioni diverse dell’ultimo momento, i democratici e gli alleati che avrebbero dovuto dire sì compatti al professore (Sel, centro democratico, Svp). Servivano 504 voti. Il Pdl ha lasciato l’Aula, così pure la Lega. E Berlusconi al suo arrivo alla Camera aveva pronosticato: non è detto che ce la facciano.

In campo restano Anna Maria Cancellieri e Stefano Rodotà, su cui ha chiesto di convergere anche Vendola. 

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