Lorenzo Cesa a pranzo con Salvatore Micone. Il caffè, il leader Udc eletto deputato in Molise e il presidente del Consiglio regionale lo hanno preso insieme a Vincenzo Niro. Raduno ‘sospetto’ di moderati nella Capitale. Ah… no, non basta. A un certo punto si unisce Quintino Pallante, orgogliosamente esponente di Fratelli d’Italia. La curiosità a questo punto è ampiamente sollecitata.
Incontri ‘per caso’ si schermisce Micone. Ognuno – lui, gli assessori Niro e Pallante – era a Roma per un motivo diverso. È il suo motivo a smuovere le acque, che già non sono chete, del centrodestra locale. Con il segretario del suo partito Micone, dopo la riunione della Conferenza dei presidenti, ha fatto il punto sulla situazione molisana e in particolare del programma operativo. Sono noti a tutti gli impegni che Cesa, insieme al neo senatore Claudio Lotito, ha preso in campagna elettorale in tema di sanità: inserire nel decreto Molise a cui intendono lavorare provvedimenti normativi e finanziari utili al ritorno pieno della delega nella titolarità della Regione, quindi stop al commissariamento e azzeramento del debito. Lo stesso Cesa, alla vigilia dell’insediamento della XIX legislatura parlamentare – quindi poche ore dopo la pubblicazione del piano da parte del presidente commissario Donato Toma – ha espresso la necessità di approfondire i contenuti del documento. Che in pochi giorni ha collezionato numerose espressioni di dissenso: le opposizioni in Consiglio, i sindaci, i sindacati. E anche il centrodestra di Palazzo D’Aimmo è pronto a fare la propria parte per bloccare l’attuazione del programma.
Anche di questo ha parlato Micone con Cesa, convinto com’è che le iniziative più impattanti vanno condivise con i vertici dei partiti di appartenenza. D’altro canto, il numero uno dell’Assemblea legislativa non ha mai nascosto la sua critica al mancato coinvolgimento dell’Assise nelle decisioni. Anche se Toma in questo caso è commissario, Micone non ha mandato giù che ancora una volta all’Aula sia stata fornita solo un’informativa a cose fatte. Soprattutto, dopo che il piano è stato già inviato ai ministeri dell’Economia e della Salute. Il percorso di condivisione, è il ragionamento del presidente del Consiglio, andava realizzato prima, soprattutto perché il provvedimento contiene decisioni che ai territori non vanno giù, come quella di chiudere l’emodinamica a Isernia o il punto nascita a Termoli. Ora con le osservazioni si può fare poco.
A Cesa quindi Micone ha tratteggiato il quadro dei malumori interni alla maggioranza, che, archiviate le politiche, sono tornati a crescere.
Il vis à vis non è passato inosservato anche perché, seppure più sfumata rispetto a qualche settimana fa, l’ipotesi di una sfiducia al governatore per poter tornare alle urne prima della scadenza naturale insieme al Lazio (e forse anche alla Lombardia) non è stata del tutto accantonata. Il dissenso sul piano operativo della sanità, se sarà espresso più concretamente, potrebbe essere un varco per aprire ad altre prospettive e possibilità.
ppm