A coloro i quali fosse sfuggito che tra qualche mese in Molise si vota per il rinnovo del Consiglio regionale, hanno rinfrescato la memoria la sindaca di Pozzilli Stefania Passarelli – che è pure presidente del Consorzio per lo sviluppo industriale Isernia-Venafro, nonché membro del direttivo di quello di Bonifica, storica dipendente Neuromed e politicamente vicinissima all’eurodeputato Aldo Patriciello – e il vicepresidente della giunta regionale e assessore al Turismo e all’Internazionalizzazione delle imprese – che dell’eurodeputato è invece cognato – Vincenzo Cotugno.
I due, che fino a qualche mese fa erano amici personali e politici, stanno dando vita ad un poco edificante scambio di accuse social che va molto oltre le cose che entrambi affermano o fingono di affermare.
Ai post (lettera aperta di Passarelli, replica di Cotugno, controreplica di Passarelli), che sono lo specchio del livello politico molisano, vanno sommati gli scritti di una pletora di sostenitori dell’uno e dell’altro che nemmeno stanno risparmiando perle di saggezza, nel tentativo di far guadagnare like all’assessore oppure alla prima cittadina.
Diciamo, volendo essere buoni e comprensivi, che mettere in pubblica piazza “peste e corna” del nemico sta diventando lo sport preferito di chi si candida a guidare la Regione Molise.
Interessi a parte (perché anche quelli sono legittimi), da chi vuole “governarmi” mi aspetto – e sono certo di interpretare il pensiero di moltissimi molisani – ragionamenti di ben altro tenore e spessore. E soprattutto meno sceneggiate napoletane (con il rispetto dovuto alle rappresentazioni popolari partenopee), che altro non fanno se non alimentare quel clima di odio che negli ultimi anni ha indotto tanti a scegliere la classe dirigente facendosi guidare dalla collera.
Nello scontro Passarelli-Cotugno non c’è nulla che vada verso l’interesse collettivo: è solo l’ultimo atto di una battaglia cominciata quando da queste colonne Aldo Patriciello, saggiamente motivando la decisione, affermò che non avrebbe candidato in Regione familiari o parenti. Evidente che il cognato non l’ha presa bene e ha deciso di tagliare i ponti, arrivando perfino a rinnegare il vincolo parentale.
Alla fine dei conti Patriciello ha sostanzialmente ammesso che le cose in Molise non vanno e che dopo circa 30 anni di permanenza in Regione è necessario voltare pagina: se chiedo di cambiare – il suo ragionamento – devo essere il primo a dare l’esempio.
Aldo è entrato a Palazzo Moffa (oggi Palazzo D’Aimmo) nel 1995 e si è dimesso nel 2006. Anno di elezione in Regione del cognato Mario Pietracupa, che nel 2013 ha ceduto il posto a Vincenzo Cotugno.
Probabilmente dopo dieci anni ininterrotti tra presidenza del Consiglio e assessorati vari, Cotugno è invece convinto di aver governato bene e quindi vuole ricandidarsi.
La Passarelli a Cotugno non contesta la gestione del Molise in generale ma il non aver preso le distanze dal presidente-commissario Toma che, a suo dire, «sta distruggendo la sanità privata e delegittimando quella pubblica». E lo invita a «staccare la spina» (probabilmente in preda ad un incontrollato impeto dialettale, nella replica della replica, afferma: «Stacchi la “presa”…»).
Cotugno, con il suo aplomb maccheronico, sostiene invece che «in una situazione simile, piuttosto che “staccare la spina” bisogna che tutti gli amministratori del Molise si uniscano e diano sostegno a un Piano condiviso per il rilancio del sistema sanitario regionale. In sinergia con il Commissario/Presidente della Regione, con la Giunta e il Consiglio regionale, tutti insieme affinché si giunga in tempi rapidi alla adozione del cosiddetto “Decreto Molise” su cui la nostra “nuova” delegazione parlamentare è fortemente impegnata».
In una ipotetica partita di briscola, Passarelli ha giocato denari, Cotugno ha risposto coppe.
E mentre i due giocano a carte, il Molise ha rinnovato la classe parlamentare, affidandosi a due “stranieri” e due neofiti della politica romana. Sicuramente ha influito il traino di Giorgia Meloni, ma fondamentalmente il meccanismo è stato lo stesso che cinque anni fa premiò in maniera sconcertante (sconcertante dal punto di vista politico) quattro grillini: benda sugli occhi e voto di pancia.
Passarelli, sostanzialmente, vuole prendere i voti di Cotugno per essere eletta in Consiglio regionale. Cotugno vorrebbe restare altri cinque anni a Palazzo D’Aimmo e, perché no, in giunta.
Per difendere le proprie ragioni, agli amministratori la legge fornisce strumenti più che adeguati e tra questi non è contemplato Facebook o i social in generale. Tutt’altra cosa sono Neuromed e Cattolica, eccellenze sanitarie che vanno difese con le unghie e con i denti. Chiunque ha avuto necessità delle due strutture può affermare di aver trovato servizi che nulla hanno da invidiare a quelli erogati dalle blasonate cliniche lombarde o campane.
E allora di cosa parliamo?
D’altronde Passarelli lo afferma candidamente: «Assessore, lei ha il dovere di difendere il territorio e i suoi abitanti che da circa dieci anni le hanno consentito di ricoprire ruoli di grande rilievo in Consiglio regionale». Una mezza minaccia, una sorta di avvertimento: noi ti abbiamo votato e tu adesso devi staccare la spina a Toma.
E no! Non è così che funziona. Chi ha votato Meloni non può lamentarsi se «il signor presidente del Consiglio dei ministri» fa cose di destra: il mandato scade nel 2027.
Il voto – e un amministratore comunale dovrebbe saperlo – vale cinque anni.
Cotugno, Toma, maggioranza e opposizione saranno giudicati per quanto fatto anche senza la spintarella della sindaca di Pozzilli. E saranno giudicati soprattutto per quanto non fatto – con la complicità dei governi e della delegazione parlamentare molisana uscenti – in sanità.
Così come Passarelli sarà giudicata dai suoi concittadini che probabilmente le consentiranno l’elezione in Consiglio regionale.
È un dovere di tutti i molisani difendere la sanità pubblica e privata, così come sarebbe un dovere votare le persone migliori, senza lasciarsi condizionare da parentele, amicizie, interessi particolari e/o datori di lavoro.
Se il 1° gennaio 1995 i residenti in Molise erano 329.208 e oggi sono meno di 290mila, la colpa è sicuramente di Toma e Cotugno, ma non solo di Toma e Cotugno. Su questo la sindaca certamente converrà.
Più che chiedere a Cotugno di staccare la spina a Toma, ammettendo implicitamente il fallimento di entrambi, nel prossimo post Passarelli potrebbe analizzare perché il primo è vicepresidente e il secondo presidente di una Regione praticamente morta.
Se Toma e Cotugno hanno fallito, ancora prima ha fallito chi li ha candidati e poi sostenuti in questi anni.
Luca Colella

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