Archiviate le elezioni politiche, l’attenzione si concentra sulle regionali del 2023. Esclusi – per tutta una serie di ragioni, non ultima quella economica (10mila euro al mese fanno comodo anche ai ricchi) –, ritorni anticipati alle urne, considerando che le consultazioni le indice il presidente della Regione entro e non oltre 60 giorni dalla scadenza del mandato, considerando ancora che nel 2018 si è votato il 22 aprile, è verosimile ipotizzare che i molisani rinnoveranno il Consiglio regionale domenica 18 giugno 2023.
Se così fosse, le liste andrebbero depositate in Tribunale entro sabato 20 maggio (2023).
Partiti e movimenti hanno sei mesi e mezzo per formulare accordi e avanzare proposte agli elettori.
La strada è in salita, per tutti. Non c’è un solo schieramento che gode di buona salute. Il centrodestra ha vinto le parlamentari ma Forza Italia sta per implodere e Fratelli d’Italia deve ancora regolare i conti tra Iorio, Di Sandro e Pallante. Nel Pd volano gli stracci ogni giorno. I 5 stelle se continuano a dialogare solo con partitini e movimenti che in Molise contano lo zero virgola, saranno relegati per altri cinque anni all’opposizione.
Come finirà? Bella domanda!
Tra le varie ipotesi che circolano, una potrebbe sembrare più verosimile delle altre.
Aldo Patriciello, che negli ultimi 20 anni ha sempre deciso le sorti delle elezioni regionali, pare sia ad un passo dall’uscita da Forza Italia. Una decisione ragionata e meditata insieme ai numerosi amici e sostenitori che consentono all’eurodeputato di fare il pieno di preferenze nel Centrosud. Il partito di Berlusconi ha gestito le candidature per le elezioni dello scorso 25 settembre in ogni luogo così come accaduto in Molise, generando malcontento diffuso. Lo stesso Berlusconi ci ha messo di suo nei giorni in cui Giorgia Meloni aspettava la convocazione dal Colle. I sondaggi stanno facendo il resto.
Cosa ha in mente Patriciello è complicato stabilirlo. Ma il buonsenso induce a pensare che, almeno fino alle regionali, non aderirà ad alcun partito. Dopo Forza Italia l’imprenditore si collocherà in una posizione autonoma, sicuramente di centro, insieme ai tanti amministratori del Meridione che lo sostengono. Tale posizione gli consentirà in Molise di stringere intese con chiunque.
Dopo i dissensi tra Tartaglione, Cavaliere, Roberti e Di Baggio, è evidente che Patriciello non sarà l’unico a lasciare il Cav di Arcore.
Fratelli d’Italia si presenterà alle urne con Lega e Forza Italia ma – venendo meno uomini forti tra gli alleati – la potenza di fuoco non sarà la stessa delle elezioni politiche. Ferme restando le intenzioni di Michele Iorio, che a Isernia, poiché non assecondato, ha fatto saltare il banco e consentito a Castrataro di vincere le comunali.
Il Movimento 5 stelle non sta cercando partner importanti perché convinto di poter ottenere lo stesso risultato del 25 settembre, a cui aggiungere qualche punto percentuale degli ipotetici alleati (partiti e movimenti della sinistra) e il consenso derivante dalle battaglie portate avanti nei cinque anni di opposizione a Toma. Evidentemente la lezione non è servita a Federico, che sta organizzando e coordinando le strategie (?): nel 2018, il 4 marzo (elezioni politiche), i grillini ottennero circa il 45%; il 22 aprile (regionali), dunque poco più di un mese dopo, scesero al 38,5.
In questa fase storica, per quanto dilaniato dal desiderio irrefrenabile della Fanelli che vuole essere candidata a tutti i costi alla presidenza della Regione, il Pd sembra il partito tra quelli tradizionali che ha più degli altri idee chiare e una strategia ben definita, che il segretario Facciolla ha perfezionato nel tempo. Ne è prova l’esito bulgaro dell’ultima direzione dem, quella che ha stabilito che il congresso regionale sarà celebrato dopo le elezioni del 2023: è innegabile che le redini del partito siano saldamente nelle mani dell’ex assessore regionale alle Politiche agricole. Quindi sarà lui a decidere candidature e alleanze.
Proviamo a mettere in fila le tessere.
Patriciello si sposta al centro. Non candiderà cognati e/o familiari, ma lui ci sarà. E saranno diversi anche in Molise a seguirlo. Al centro ci sono già Renzi e Calenda. Ma ci sono, per esempio, anche Micone, Cefaratti, Di Baggio (e ci potrebbero essere Calenda, Niro, D’Egidio e Cavaliere). Il Pd non andrà con i 5 stelle, ma – chi può dirlo – potrebbe essere attratto da questo movimento centrista che sarà presentato all’opinione pubblica come l’ultima spiaggia per salvare il Molise.
Il centrodestra, quello di governo (FdI, Lega e FI), correrà unito ma indebolito dall’assenza di consiglieri e assessori che – a microfoni spenti – confessano (qualcuno in realtà lo fa da anni, seppur “a chiacchiere”…) di non vedere l’ora di prendere le distanze da Toma.
Toma, appunto. Perché la coalizione che lo ha candidato cinque anni fa non dovrebbe ricandidarlo? È il presidente uscente che nel 2018 partiva 20 punti percentuali dietro i 5 stelle e invece ha vinto. Chi con lui ha governato fino all’ultimo giorno utile, come giustificherà la decisione di non ricandidarlo? E Iorio? E le ambizioni della Lega? O quelle di Quintino Pallante che ha piazzato un senatore e una deputato in Parlamento? E la Tartaglione che vuole essere risarcita dopo l’ultima sconfitta elettorale?
Se il Pd non si alleerà con i 5 stelle, va da sé che Federico & Co. potranno contare solo sull’estrema sinistra e sui civici di area che fino ad oggi (lo dicono le urne) non hanno mai brillato in termini di percentuali.
Resta solo da capire su chi punterà questo fantomatico centro su cui pare che le diplomazie stiano lavorando da tempo. Qualche nome circola ma sei mesi prima dall’appuntamento elettorale chi entra papa esce cardinale.
Un nome circola meno di altri. Ma è opinione comune che più di qualcuno stia provando a convincerlo: l’ex ministro Antonio Di Pietro.
Aggiungere altro (dopo Di Pietro) sarebbe davvero superfluo.
Si può affermare tutto e l’esatto contrario, ma la storia – una volta scritta – non si cambia. E Di Pietro la storia di questo Paese l’ha scritta.
Luca Colella

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