Ancora una volta il tema della campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale sarà la sanità.
Fermo restando sorprese dell’ultima ora e ambizioni personali complicate da soddisfare – come, ad esempio, quelle di Michele Iorio e Micaela Fanelli – gli schieramenti tradizionali sembrano decisi a coalizzarsi. Definita l’intesa tra Pd e 5 stelle, l’unica incognita resta la direzione che prenderà il Terzo polo. Al momento, almeno guardando quanto accade a Roma, pare più probabile che Renzi e Calenda concedano il nullaosta per l’alleanza con il centrodestra e non con Letta e Conte. Ma i tempi non sono ancora maturi. E poi è ormai noto che il Molise conta – elettoralmente parlando – meno di un condominio di una metropoli. Quindi Roma – è capitato spesso negli anni – è pronta a dire «sì» a tutto e a tutti, ben consapevole che gli eventuali effetti di strane alleanze non valicherebbero mai i confini di quel che resta della XX regione.
Il centrodestra, tornando al tema portante della campagna elettorale, nei mesi che condurranno alle urne, confidando sul governo amico e cercando di capitalizzare le promesse di Cesa e Lotito, proverà a portare a casa il cosiddetto “Decreto Molise”. Il senatore presidente della Lazio ha affermato di aver già pronta la bozza del provvedimento che oltre a mettere in sicurezza la sanità conterrebbe adeguate misure per infrastrutture e occupazione, in particolare, il rafforzamento dell’Università del Molise per creare un circolo virtuoso che generi lavoro per i neo laureati.
Per quanto mai nessuno si sia espresso sui contenuti del tanto decantato “Decreto Molise”, è evidente che lo stesso miri intanto ad azzerare lo storico disavanzo, a favorire l’uscita dalla gestione commissariale e a dotare di maggiori risorse il fondo sanitario destinato alla regione.
Se la misura fosse adottata prima delle elezioni regionali, considerandone la portata, fungerebbe sicuramente da traino per la coalizione di Giorgia Meloni. Anche perché sia i 5 stelle sia il Pd hanno avuto ruoli importanti nei due governi Conte e in quello Draghi e pur avendo potuto agire per l’azzeramento del debito sanitario e per la cessazione del commissariamento, hanno sempre remato in direzione opposta, provando a fare lo sgambetto – senza peraltro riuscirvi – a Toma e Patriciello.
Al centrosinistra non resterà dunque che perorare la causa della sanità pubblica. E non sarebbe una cattiva idea, soprattutto se agli slogan seguisse una approfondita analisi su costi, efficienza e, soprattutto, sulle cause dello sfacelo che è sotto gli occhi di tutti.
La prima emergenza da risolvere – e quindi da approfondire – è quella della carenza di personale, medici in particolare. Cinque stelle e Pd potrebbero, ad esempio, provare a capire – nonostante sia universalmente riconosciuto che le remunerazioni delle strutture pubbliche siano superiori a quelle delle strutture private – perché, ad esempio, il prof Antonio Maria Calafiore, cardiochirurgo tra i migliori al mondo, abbia deciso di operare al Gemelli Molise e non all’ospedale Cardarelli. Oppure, perché il dottor Matteo Santamaria, cardiologo aritmologo tra i più apprezzati del Centrosud, vincitore del concorso per la direzione di Cardiologia del Cardarelli di Campobasso, abbia rinunciato al “primariato” ospedaliero per continuare a lavorare al Gemelli.
O, ancora, sarebbe utile comprendere perché giovani e talentuosi anestesisti come la dottoressa Rossella Calabrese e il dottor Vincenzo Cuzzone si siano licenziati dal Cardarelli per lavorare al Gemelli.
O sono tutti folli – perché solo un folle sceglie di prestare la sua preziosa opera ad una remunerazione inferiore – o, verosimilmente, le regioni vanno ricercate altrove.
Perché i concorsi ospedalieri per l’assunzione dei medici continuano ad andare deserti? Perché il più delle volte anche i pochi che rispondono ai bandi poi rinunciano perfino a sostenere le prove d’esame?
Come mai Neuromed, Villa Maria o Villa Esther non lamentano carenza di medici e gli ospedali pubblici sì?
Perché nelle strutture pubbliche molisane i tempi di attesa per una risonanza magnetica arrivano ad un anno e in Neuromed o al Gemelli lo stesso esame si riesce ad ottenere nel giro di poche settimane? E perché quello stesso esame il privato convenzionato lo esegue il sabato, la domenica e a Ferragosto e l’ospedale – forse – a giorni alterni?
Troppo banale rispondere «perché il privato sfrutta i dipendenti», altrimenti i medici – di cui c’è un gran bisogno ovunque – non emigrerebbero dal Cardarelli al Gemelli. O no?
È un problema di risorse o di uomini? O forse è un problema di direzioni, di organizzazione, di management?
Non a caso nel disastro della sanità i molisani possono vantare un’eccellenza nell’eccellenza che è l’Hospice di Larino. Come fanno Mariano Flocco, medico che il mondo ci invidia, e la sua equipe a restare a galla e a navigare a tutto gas in un mare in tempesta e pieno di insidie?
Il Molise ha una sola possibilità di rimettersi in piedi e provare a salvare l’autonomia: un governo sopra le parti. Un gruppo di professionisti, giovani e meno giovani, che si dia pochi ma significativi obiettivi e che, soprattutto, metta al centro la sanità anziché dividersi sulla sanità.
La salute è troppo importante: non può essere terreno di scontro.
La sanità privata, laddove funziona e può essere funzionale a sopperire le carenze di quella pubblica, va sostenuta e incoraggiata. Quella pubblica va rifondata, riorganizzata e promossa con tutte le energie possibili, puntando a modelli di grande efficienza come quello messo su a Larino da Mariano Flocco.
Le condizioni locali e generali e i ripetuti fallimenti degli ultimi anni suggerirebbero un generoso passo di lato di tutti i protagonisti attualmente sulla scena – di destra, di sinistra e di centro – per provare a formare un governo di salute pubblica che restituisca un po’ di serenità a chi ha deciso di non scappare dal Molise.
L’alternativa è continuare ad assistere all’irreversibile fenomeno che sta spopolando il Molise al ritmo di 3mila residenti all’anno.
luca colella