Per ora è una federazione, alle europee 2024 sarà un unico partito. Questo l’obiettivo del percorso comune di Azione e Italia Viva sancito, da ultimo, nell’assemblea dei renziani a Milano. Alla kermesse c’era il coordinatore molisano di Iv Donato D’Ambrosio che punta ad anticipare i tempi e rodare al meglio quello che per comodità chiamiamo ancora Terzo polo alle regionali della prossima primavera. «Vogliamo rappresentare l’alternativa a un sistema che anche in questi giorni sta dimostrando quanti danni abbia prodotto. Con quale presidente? Un sindaco, ne abbiamo di bravissimi in Molise. Serve solo il coraggio».
D’Ambrosio, c’è poco spazio in questi giorni per parlare di politica in Molise. Ancora una volta si impongono i temi della sanità che dividono, più che unire, coalizioni e partiti.
«Toma, la sua giunta e la sua maggioranza sono imbarazzanti. Sulle questioni che in questi giorni, sono d’accordo con lei, si impongono nel dibattito si sta ripetendo il solito vecchio schema: un uomo solo al comando, chi governa con lui si nasconde, lo abbandona, come se le responsabilità fossero solo sue. O meglio, anzi peggio, c’è chi da sempre prende le distanze dal presidente di turno appena dopo la vittoria. Quindi mugugna, critica nelle riunioni sul territorio, pubblica post sui social. Vota tutto e poi dice di non essere d’accordo. Se non è d’accordo, in genere se l’intera maggioranza non è d’accordo con le decisioni del governatore, c’è un solo strumento: staccare la spina. Altrimenti si fa solo populismo, come i 5 stelle. Ho l’impressione, in questi giorni, che a Palazzo D’Aimmo siano tutti 5 stelle…».
Però la sanità è messa male.
«Certo. È messa male un po’ ovunque in Italia ma noi siamo gli unici a dire che bisogna utilizzare le risorse del Mes (il fondo europeo salva Stati, ndr) per ristrutturare e innovare la sanità pubblica. Io voglio andare però anche oltre. Va bene il Mes, come pure il tanto sbandierato decreto Molise, ma il problema resta sempre quello che io chiamo “del giorno dopo”. Ottenuti i soldi e rimediato al debito, un classe dirigente proposta e scelta col sistema di sempre crea di nuovo il danno. È un discorso complesso, mi rendo conto, perché coinvolge anche la maturità della nostra comunità. Il 25 settembre, praticamente l’altro ieri per dirla metaforicamente, in questa regione il centrodestra ha fatto en plein alle politiche. E con Lotito e Cesa c’era anche Toma, che tutti attaccano».
Quindi la vostra idea di diventare alternativa vincente parte in salita.
«Non ci si può nascondere la realtà, ma noi ci proviamo lo stesso. Il Terzo polo in Molise può rappresentare l’alternativa anche nel modo di fare. Chi starà con noi farà una scelta di campo per provare a dare soluzioni. Partiamo dalla federazione con Azione per arrivare al partito unico nel 2024. Chiunque può entrare e contribuire a costruire in base alla piattaforma che per noi vede fra le priorità la salute e la cultura. In questa direzione abbiamo appena lanciato una petizione contro l’idea del governo Meloni di abolire il bonus per i 18enni. Tornando alla sanità, bisogna guardare avanti, al futuro. Se a me serve una Tac o una risonanza, il mio servizio sanitario regionale me la deve garantire nel più breve tempo possibile. Con l’utilizzo delle migliori tecnologie, poi, io posso inviarla al migliore specialista degli Stati Uniti e avere una risposta rapida. Per questo sono importanti i fondi del Mes. Invece qui ci si scaglia contro i privati, perché è facile, fa figo. Ma ai molisani servono cure e risposte. Risposte io non ne vedo».
Andiamo al dunque, D’Ambrosio: il candidato presidente alle regionali?
«In Molise ci sono 200mila anime, è un Comune in definitiva. Chi più dei sindaci conosce i problemi della viabilità, dello spopolamento, della carenza di servizi? Ce ne di meritevoli, che si sporcano le mani, hanno il polso della situazione e ogni giorno lavorano per trovare soluzioni concrete. Io credo che la spinta decisiva debba venire dalle amministrazioni. Non abbiamo bisogno di un “papa nero”».
Chi? Almeno un identikit…
«Ci sono diversi sindaci bravissimi. Devono però avere il coraggio di rompere col sistema di sempre. Quello per cui si elegge un presidente e poi ogni colpa è sempre e solo sua».
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