Il risultato di Lazio e Lombardia non lascia spazio ad interpretazioni: in linea generale ha vinto l’astensionismo, il disinteresse dilagante verso le istituzioni, la mancanza di fiducia nello Stato. Nelle urne si è (ri)affermato il centrodestra. Ha (stra)vinto Giorgia Meloni, che nella sua regione si è attestata poco sotto il 34%, mentre al Nord è andata oltre il 25%.
Bene, anzi molto meglio del recente passato, la Lega. Inchiodata sotto le due cifre Forza Italia.
Male, malissimo, 5 stelle e Azione-Italia Viva. Sotto il 2% l’Udc.
Al di là di ogni più rosea previsione il Pd, che, alleanze o meno, ha superato il 20% in entrambe le regioni.
Questo il contesto da cui muoveranno i primi passi segretari e coordinatori molisani alle prese con liste, alleanze, simboli e candidati.
Il centrodestra – sembra perfino superfluo ribadirlo – se unito ridurrà al minimo le possibilità degli avversari. Resta solo da comprendere a chi andrà la casella del candidato presidente. Forza Italia, non è un mistero, vorrebbe il bis. Fratelli d’Italia, dal canto suo, aveva chiesto visibilità (in Molise) molto prima delle regionali di Lazio e Lombardia. Incassata la vittoria, donne e uomini della Meloni punteranno i piedi (e come dargli torto?).
La partita, sembra di capire, si giocherà a Roma. Saranno le segreterie capitoline dei partiti della coalizione, come del resto accade sempre, a decidere sulla spartizione delle poltrone.
Il primo incontro ufficiale dovrebbe tenersi nei prossimi giorni. Lo aveva chiesto l’eurodeputato Patriciello, indicando anche la scadenza del 15 gennaio. Da Roma gli fecero però sapere che sarebbe stato utile posticipare il vertice a risultato di Lombardia e Lazio acquisito.
L’affermazione nelle due regioni che spiana la strada al centrodestra molisano aiuterà a superare le schermaglie locali. La storia insegna che la coalizione attualmente guidata da Giorgia Meloni ha una elevata capacità di sintesi, soprattutto quando vede l’obiettivo alla portata.
Considerato il deludente risultato dei partiti di centro, non serve la bacchetta magica per prevedere una corsa di aspiranti consiglieri verso Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia.
Sul fronte opposto (purtroppo o per fortuna, dipende dai punti di vista) la strada si fa tutta in salita.
Le dichiarazioni del presidente dei 5 stelle, che non ha atteso tempo per attaccare il Pd e il «redivivo Letta», riducono ai minimi termini la possibilità che in Molise si possa giungere ad una intesa.
Prendendo atto del risultato «assolutamente non soddisfacente» (3,93% in Lombardia e 8,54% nel Lazio), Conte si è scagliato contro i dem «molto concentrati sulla nostra performance».
«Ascoltare il redivivo Letta – la stoccata dell’avvocato del popolo al segretario uscente – che dalle dichiarazioni entusiastiche sembra stappare bottiglie di champagne sulla performance del Pd» non è accettabile. «Francamente avrei poco da festeggiare».
Parlando del Lazio, ne ha pure per Azione e Italia Viva: «C’è un candidato (nel Lazio, ndr) indicato da Letta e Calenda, che consegnano la Regione al centrodestra».
A dire il vero non è che i dem si siano risparmiati, anzi. Per il candidato presidente D’Amato «i veri sconfitti nel Lazio sono il Movimento 5 stelle». Il segretario Letta ha definito fallimentare «l’opa contro il Pd: ha fatto male a chi l’ha tentata».
L’ex premier Conte ha tentato di ridimensionare la portata della consultazione. Per il leader pentastellato, il risultato è «in linea con la serie storica sui territori del Movimento 5 stelle, dove non avendo delle strutture territoriali non riusciamo sicuramente a brillare».
Infine, la cannonata che punta dritta al Molise: «I numeri ci dicono che con un’accozzaglia elettorale non saremmo andati da nessuna parte».
È vero che tra qualche giorno il Pd rinnoverà gli organi nazionali di partito. Stefano Bonaccini, segretario in pectore, potrebbe tendere la mano ai 5 stelle. Ma sempre tenendo conto del rapporto di forza, che oggi vede in netto vantaggio i dem (Pd 21%; 5s 6,23% – media tra Lazio e Lombardia).
Un po’ complicato, rispetto agli attori locali, immaginare un Andrea Greco pronto a sottomettersi (sempre e solo politicamente) alle decisioni di Vittorino Facciolla. Non a caso ieri il segretario dem ha definito «il campo largo (che include anche i centristi, ndr) l’unica speranza per il Molise, per il campo progressista, per provare ad essere competitivi e magari vincere».
Sempre più determinato il capogruppo in Consiglio regionale dei grillini: «Da soli o no, a mio avviso quello che conta è l’offerta della coerenza politica. Non possiamo confondere i cittadini, non capirebbero».
Ma, per carità, mai dire mai.
Raggiunto al telefono, il coordinatore pentastellato molisano Federico non perde le speranze. Lapidario il suo commento: stiamo lavorando!
Un lavoro difficile, certosino, chirurgico. Un lavoro che richiede impegno, abnegazione e, soprattutto, la disponibilità anche a fare qualche passo di lato, indietro e, se necessario, a farsi da parte.
lu.co.

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