Viene giù tutto poco prima dell’ora di pranzo: la Cassazione dà ragione ad Antonio Tedeschi, cessato dalle funzioni di consigliere regionale “surrogato” ad aprile del 2020. Da allora, secondo i giudici della Suprema Corte, è come se non avesse mai lasciato Palazzo D’Aimmo. Riassumono così il verdetto appena depositato i suoi legali. Ha diritto a sedere fra quegli scranni al posto di Vincenzo Niro, assessore attualmente in carica, perché l’abrogazione della sostituzione prevista dalla legge elettorale può avere effetto a partire dalla prossima legislatura e non da quella in corso.
A Tedeschi, spiegano gli avvocati Margherita Zezza, Pino Ruta e Massimo Romano, vanno corrisposti gli emolumenti (da aprile 2020 in poi). «E c’è un altro tema più significativo che attiene al risarcimento del danno, la carica che gli è stata illegittimamente sottratta – così Romano – gli ha precluso l’esercizio del diritto di elettorato passivo». Un danno, aggiunge, che è difficile quantificare perché «parliamo della lesione di una carica istituzionale».
Riavvolgiamo il nastro: il 21 aprile 2020 il governatore Donato Toma è atteso al banco di prova sul bilancio. Nelle settimane precedenti ci sono state avvisaglie di “rivolta” sui documenti contabili. E arrivano dai consiglieri entrati grazie alla surroga. L’istituto introdotto con la norma elettorale varata dall’amministrazione Frattura sul finire della passata legislatura prevede l’incompatibilità fra la carica di assessore e quella di consigliere. A chi viene chiamato a far parte dell’esecutivo, subentra in Consiglio il primo dei non eletti della stessa lista. Quattro i surrogati in quella primavera 2020: Nico Romagnuolo e Massimiliano Scarabeo per sostituire Nicola Cavaliere e Roberto Di Baggio di Forza Italia (Scarabeo poi è passato a Fratelli d’Italia), Paola Matteo per Vincenzo Cotugno di Orgoglio Molise e Antonio Tedeschi per Vincenzo Niro dei Popolari per l’Italia.
Nella maggioranza nasce quindi l’esigenza di blindare il percorso del bilancio, Toma azzera l’esecutivo e i quattro assessori tornano pienamente consiglieri garantendo i numeri in Aula. In giunta entra per pochi giorni Maurizio Tiberio, consigliere economico del governatore, per tenere legittimamente in vita l’organismo in vista delle sedute dell’Assise. Si fa strada l’idea di abolire la surroga. E così alle 20 del 21 aprile spunta un emendamento a firma Toma-Greco che cancella l’istituto. Diciotto i sì, il centrodestra e i pentastellati (che rivendicano l’attuazione di un cavallo di battaglia). Contro votano i due Pd Facciolla e Fanelli insieme a Iorio. Più complicato riassumere la norma interpretativa approvata subito dopo coi sì del solo centrodestra, in questo caso i 5s si astengono e i dem restano contrari. A quel subemendamento che dice quando e come si compie la staffetta è ricondotta da alcuni l’ufficialità del fatto che la cancellazione della surroga opera in via immediata. Più verosimilmente, salva gli atti delle sedute già svolte senza i surrogati. Comunque, la legge di stabilità regionale 2020 con questa sostanziale modifica del complesso di norme regionali, «entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Burm».
Tedeschi, Scarabeo e Matteo ricorrono subito alla giustizia. A quella amministrativa e poi a quella ordinaria. Gli esponenti di Popolari e Orgoglio Molise, nei ricorsi curati dagli avvocati Zezza, Ruta e Romano, assumono violati i principi costituzionali.
«È stata una battaglia non solo per Antonio ma anche per noi. A noi sembrava un principio quasi banale: le regole non si cambiano a legislatura in corso. La Cassazione ha sposato pienamente le nostre tesi», così Zezza. « Siamo in un’epoca in cui le regole elettorali vengono fissate a seconda della contingenza Ma in questo caso siamo andati oltre perché i consiglieri regionali considerati scomodi sono stati estromessi dall’Assise toccando in questo modo anche gli interessi di chi aveva votato per gli stessi consiglieri», aggiunge Ruta.
La Cassazione ha ribaltato due sentenze di segno opposto. Il che spiega la portata del verdetto. «La Corte – ancora Romano – ha ripristinato la legalità. Siamo stati costretti ad arrivare fino al terzo grado di giudizio, prima siamo rimasti inascoltati, per l’affermazione di un principio dell’ordinamento di tutto il Paese, non solo del Molise, e cioè che le leggi in materia elettorale, nella misura in cui disciplinano le condizioni di ineleggibilità ma anche di incompatibilità, non possono che valere a far data dalle elezioni successive, altrimenti si violano diritti democratici. È una pietra angolare che tuttavia qualcuno ha provato, ai massimi livelli istituzionali anche, a sminuire come una scaramuccia politica, come se la rivendicazione di Tedeschi fosse il capriccio di un consigliere che sgomitava per avere qualcosa che non gli competeva. La questione, lo abbiamo detto dal primo momento, era assai più rilevante perché chiamava in causa i principi costituzionali».

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