Anche quella della surroga è una brutta storia. Che, al di là dei giudizi di parte, politici, legali e di opinione, conferma la superficialità con cui ha operato il Consiglio regionale, ovvero, la maggioranza che fa capo al governatore Toma – fatta eccezione di Michele Iorio – e i 5 stelle (il Pd votò contro).
Profili di legittimità o meno, le regole del gioco non si cambiano a competizione in corso.
La decisione della Cassazione avrà ripercussioni in ogni ambito, è ovvio. E pesa come un macigno – in termini di responsabilità – su chi quel giorno con un emendamento decise di mandare a casa quattro consiglieri regionali che i molisani avevano eletto. Sì, perché quando nel 2018 è stato rinnovato il Consiglio regionale, chi votò per la lista di “Pinco Pallo” sapeva che se quella lista avesse espresso un assessore, il posto del parlamentino occupato dallo stesso sarebbe andato al primo dei non eletti.
Avrà ripercussioni, ben detto. Ma ha già avuto effetti – per certi versi devastanti – anche in passato.
Che Aldo Patriciello e suo cognato Vincenzo Cotugno non siano in buoni rapporti è un fatto ormai noto. Non tutti, però, riconducono le prime scaramucce tra il parlamentare europeo e il vice presidente della Regione proprio all’abolizione della surroga.
Il 27 dicembre del 2021, in una lunga intervista pubblicata da Primo Piano Molise, Patriciello rese nota la volontà di non candidare familiari alle elezioni regionali del 2023.
Gli fu chiesto: non giudichi irriverente la domanda, chi sarà il prossimo cognato candidato?
«È una domanda cattiva, più che irriverente. La parentela – le parole di Aldo Patriciello – conta fino ad un certo punto, ma al di là di tutto c’è la persona e la sua competenza […]. Ma nel nuovo contenitore civico non ci sarà nessun parente. Per due motivi essenziali. Il primo riguarda il mio dissenso verso la decisione assunta dall’attuale amministrazione regionale di eliminare la surroga. Non si cambiano le regole del gioco mentre la partita è in corso. Questa cosa non mi è piaciuta e per rispetto di tutti coloro i quali correranno è giusto che vi sia una competizione aperta […]».
Estromettere quattro consiglieri regionali in carica dall’Assemblea legislativa è una decisione forte, che politicamente espone oltre ogni limite chi la assume. Antonio Tedeschi, a cui la Cassazione ha riaperto le porte del Consiglio, è stato categorico: andrà fino in fondo.
A lui e, sembra scontato, agli altri ricorrenti (Paola Matteo, Massimiliano Scarabeo e Filoteo Di Sandro) la Regione dovrà erogare tutti gli emolumenti da aprile 2020 a fine legislatura (circa 400mila euro ciascuno), oltre ai danni – allo stato non quantificabili – che certamente rivendicheranno.
Chi pagherà? I molisani, ovviamente.
Almeno per senso di responsabilità, dignità e pudore, una presa di coscienza, le scuse e le dimissioni di chi quel giorno alzò la mano sarebbero il minimo sindacale.
Luca Colella