Anche Filoteo Di Sandro entra in Consiglio regionale. Al foto-finish, certo. Perché quella di martedì prossimo sarà l’ultima seduta ordinaria di questa legislatura (ma ce ne dovranno essere altre per approvare il bilancio a meno di non voler arrivare alle elezioni senza i documenti contabili previsionali varati). Ma il suo ingresso, che il presidente dell’Assise Salvatore Micone formalizzerà appena gli sarà notificata la pronuncia della Cassazione che accerta il suo diritto a sostituire Quintino Pallante che è assessore, fa già rumore.
Perché subentra a Pallante, appunto. Mettendo fine a un derby interno a Fratelli d’Italia che ha caratterizzato tutto il mandato del centrodestra al governo. L’attuale titolare dei Trasporti era sottosegretario, quindi compatibile col ruolo di consigliere, quando il governatore Toma azzerò la giunta nel 2020 per consentire una più agevole approvazione del bilancio (fra i surrogati pare ci fossero mal di pancia per le previsioni del documento). In questo modo i quattro supplenti tornarono a casa. Il 3 maggio, Toma promosse Pallante assessore. Ma Di Sandro non potette entrare a Palazzo D’Aimmo perché intanto la surroga era stata cancellata con effetto “ex nunc”. Il coordinatore di FdI restò fuori, così come Scarabeo che da un anno aveva aderito al partito di Meloni. È questa norma che la Suprema Corte ha cassato.
«Giustizia è fatta», ha commentato ieri Di Sandro. E ha confessato di aver ricevuto messaggi di solidarietà e apprezzamento anche da qualche esponente dell’esecutivo Toma. Politicamente, ha aggiunto a Primo Piano, «il nostro partito che è stato tanto danneggiato da quella operazione ora avrà più forza per chiedere la presidenza per le prossime regionali».
La norma che prevedeva «la modifica e l’immediata applicazione, in corso d’opera, della legge elettorale con l’abolizione della surroga» era «un obbrobrio», ha evidenziato. «Intanto vorrei ringraziare i miei avvocati, Massimo Romano, Margherita Zezza e Pino Ruta, per la serietà professionale dimostrata, anche nei rapporti personali, nel perseguire ed “inseguire” la verità – ha aggiunto – e la giustizia. Un atto evidentemente illegittimo fatto soprattutto per punire alcuni consiglieri “scomodi”, non troppo allineati con l’esecutivo, e per evitare l’ingresso di altri, in modo particolare di un esponente di Fratelli d’Italia. Un comportamento assurdo, una cattiveria politica mai riscontrata nella storia della nostra Regione, un accanimento contro persone votate e che avevano contribuito in maniera determinante alla vittoria del centrodestra».
Poi Di Sandro ha affrontato il tema politico, che ha riflessi anche interni al partito, è indubbio. «I vertici nazionali sono al corrente di tutto e mi hanno chiamato per complimentarsi». Fratelli d’Italia, «insieme ai propri elettori, è stato il partito maggiormente penalizzato nel 2018, prima dal fatto che Toma non ha rispettato un accordo nazionale sottoscritto dai partiti di centrodestra, ed in seguito dall’abolizione della surroga che ha estromesso due consiglieri di FdI dal Consiglio.
Un danno politico e di immagine incalcolabile fatto al nostro partito, e per tale motivo mi sono determinato a perseguire fino in fondo la verità e la giustizia».
All’inizio, quando tre dei quattro supplenti estromessi si rivolsero subito alla magistratura – amministrativa e poi ordinaria – Di Sandro non si era ancora mosso. Lui non era un consigliere defenestrato. «Ma poi presentai ricorso proprio per tutelare le ragioni di Fratelli d’Italia, dei suoi eletti e degli elettori. Hanno detto in questi anni: lo hai fatto per un tuo interesse. Ma io faccio politica, mica mi devo nascondere! C’era, certo, un interesse anche personale. Ma non potevo, da coordinatore regionale, subire il trattamento riservato al partito senza fare nulla».
E adesso, politicamente?
«Intanto, se mi convocano io vado alla seduta del Consiglio e qualcosa dirò… E poi con la presenza mia e quella di Massimiliano (Scarabeo, il cui ricorso è ancora in appello ma il principio è ormai sancito per tutti), si rafforza l’idea che FdI debba avere la presidenza».
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