Da settimane – se non da mesi – il centrosinistra è alla ricerca di un candidato presidente che sia credibile, autorevole, fuori dalle solite dinamiche ormai stantìe e incrostate nei cosiddetti “palazzi del potere”. Il fatto che i vari partiti abbiano prima rinviato ogni decisione, poi si siano rimpallati nomi, dunque si siano dati al canonico gioco del veto incrociato, la dice lunga su quanto la classe politica sia in crisi. In Molise, come nel resto d’Italia. E fin qui – per carità – non diciamo nulla che chiunque non sappia (fatta eccezione per i politici stessi, ovviamente). Il vero paradosso, però, è che in realtà il centrosinistra un nome valido, lo aveva. Aveva a portata di mano un candidato che avrebbe avuto tutte le carte in regola per riunire i vari partiti della coalizione e uscire così dall’impasse. Giovane ma non per questo senza esperienza, competente, autorevole, apprezzata in Molise e – cosa assolutamente non banale – anche fuori regione. Sto parlando di Federica Vinci, l’attuale vicesindaca di Isernia.
Sono anni che ormai vivo e lavoro lontano dal Molise. Ma non è mai scemato l’amore per una regione (il Molise, appunto) e una città (Isernia) in cui conservo famiglia e amicizie. Ed è per questa stessa ragione che, senza ovviamente la presunzione di accendere chissà quali fari (non mi appartiene), in questi giorni riflettevo su un dato alquanto curioso che vorrei sottoporre agli attenti lettori di Primo Piano Molise. Non è mai accaduto prima d’ora che una giovane molisana venisse riconosciuta a livello nazionale e internazionale per le sue qualità politiche. E invece la Vinci, tanto per dirne una, è stata nominata tra gli Obama Leaders, dunque ricevuta e apprezzata direttamente dall’ex presidente degli Stati Uniti, dinanzi al quale ha “osato” parlare finanche di Isernia. Qualcuno dirà che una cosa sono gli apprezzamenti, altro è la politica politicata. Vero. Ma è stata la Vinci – sarà pure il caso che qualcuno glielo riconosca – ad essere artefice della piccola “rivoluzione” di Isernia dove a vincere è stato proprio un candidato estraneo ai giochi di partito, come Piero Castrataro, e dove si è riusciti a portare – al di là delle ovvie e legittime beghe politiche – una ventata di novità in una città talmente addormentata su se stessa da vedere come altri candidati a sindaco chi era stato primo cittadino più di 20 anni fa.
Nessuno può non riconoscere alla Vinci questi piccoli grandi traguardi. Nessuno può non ammettere che l’idea iniziale di candidarla alle ultime politiche fosse il giusto riconoscimento di un percorso già importante, nonostante la sua età. Eppure oggi nessuno “osa” fare il suo nome, nessuno ne parla. Troppo giovane, dice qualcuno. Troppo inesperta, mormora quell’altro. Scuse. Di una politica che non ha alternative. E quando le ha, preferisce chiudere gli occhi. Perché il punto qui non è fare l’elegia di nessuno (non mi compete, solitamente amo punzecchiare i politici piuttosto che lodarli) ma evidenziare la cecità di una classe politica che non ha il coraggio di osare, anche quando osare è l’unica strada per sopravvivere.
Il paradosso in questa storia è che probabilmente davanti a un’offerta di questo tipo la Vinci, esattamente come fatto alle politiche, rifiuterebbe pure, dato che ha attualmente un altro incarico e vige un rapporto fiduciario, “contrattuale” quasi, con chi l’ha votata a Isernia. Ora circola il nome di Domenico Iannacone, accanto a quelli dei politici di professione: ci auguriamo che si possa fare perno sul suo nome, forte, autorevole, stimato. Nella consapevolezza che il cosiddetto candidato “esterno” comunque certifica lo stato comatoso della classe politica. E nella speranza che chi muove i fili dei singoli partiti non voglia poi, in caso di vittoria, ottenere il suo solito ritorno di potere. Perché altrimenti saremmo di fronte all’ennesima riedizione del gattopardismo in salsa molisana.
Carmine Gazzanni