Alla domanda, ricorrente: allora, chi sarà candidato alla presidenza della Regione? Mai come in questa circostanza è davvero complicato rispondere. E non per carenza di informazioni ma per la gran confusione che regna in entrambi gli schieramenti.
Nel centrodestra, che ha spostato la sede degli incontri a Roma, pare sia alta la tensione tra Fratelli d’Italia e Forza Italia. In particolare tra Lotito e Donzelli. Fonti qualificate riferiscono che in occasione dell’ultimo tavolo, il senatore eletto in Molise avrebbe tentato di imporre le sue ragioni su una serie di nomi e, soprattutto, sul fatto che il candidato presidente spetterebbe «di diritto» agli azzurri di Berlusconi.
Sul punto, il responsabile nazionale dell’organizzazione del partito della Meloni avrebbe ribadito ponendo l’accento sul consenso espresso dagli elettori nell’ultima tornata elettorale utile. Tradotto: io (Donzelli, ndr) sono al 30%, tu (Lotito, ndr) all’8. Quindi, se non troviamo un’intesa, le regole le detta il mio partito che è quello di maggioranza relativa e che ha consentito anche a te di vincere le elezioni.
Concetto – riferisce a denti stretti chi c’era – espresso a muso duro.
Sembra quindi di capire che al di là delle foto circolate con sorrisi e strette di mano, la tensione è alta. Altissima.
Il rettore Brunese, tirato per la giacchetta, anche se non si è mai ufficialmente espresso, avrebbe ringraziato e rinunciato. Nel mentre i “locali”, ovvero gli uscenti, insistono per un candidato molisano doc, da scegliere nell’ambito della nomenclatura politica. I nomi sul tavolo sono quelli di cui si parla da settimane: Donato Toma, Francesco Roberti e Nicola Cavaliere per Forza Italia, Michele Iorio, Filoteo Di Sandro e Quintino Pallante per Fratelli d’Italia, Salvatore Micone per l’Udc, Vincenzo Niro per i Popolari, Michele Marone per la Lega. E, ancora, messi sul tavolo direttamente da Giovanni Donzelli, la sindaca di Montenero di Bisaccia, Simona Contucci, e il sindaco uscente di Venafro, nonché presidente della Provincia di Isernia, Alfredo Ricci.
Sulla scelta, inutile negarlo, peserà il parere di Aldo Patriciello, che dopo i dissapori delle ultime settimane, è tornato a sedersi al tavolo delle trattative. L’eurodeputato che – è noto – ha posto il veto su presidente e giunta attualmente in carica, avrebbe visto molto bene nel ruolo di vertice il rettore Brunese. Sui nomi che circolano potrebbe avere una preferenza per il sindaco di Termoli e per la Contucci. Fermo restando che – e non è assolutamente escluso – la scelta di tutto il tavolo possa orientarsi in altri ambiti e quindi oltre la lista che attualmente è sulle scrivanie dei coordinatori nazionali.
Il prossimo summit è orientativamente in programma per giovedì 27. Ma almeno fino a ieri sera non era certo che si terrà. Fin quando il centrosinistra non esprimerà il nome del candidato presidente, il centrodestra ritiene di avere ancora tempo a disposizione per calibrare al meglio la scelta.
Sul fronte opposto, l’unico dato certo e su cui poter fare affidamento è la coerenza (e la pazienza) del Pd e del segretario Facciolla, che in devoto silenzio, dopo aver espresso opinioni e gradimenti sui nomi portati all’attenzione di Schlein e Conte, stanno religiosamente assistendo allo schizofrenico atteggiamento del coordinatore Federico, alle prese con una guerra intestina che non riesce a governare e che sta seriamente minando la credibilità politica dell’intero Movimento.
Eliminato Gravina dalla competizione (il collega Pasquale Damiani ieri ha ben rappresentato il sospiro di sollievo del centrodestra), il nome in pole rispetto agli altri sarebbe quello del giornalista Domenico Innacone. Anche e soprattutto di questo il coordinatore regionale avrebbe parlato con il presidente pentastellato Conte solo qualche giorno fa. Senza, tuttavia, avvisare le altre componenti che siedono al tavolo. Tant’è che Molise Solidale ha quasi sbattuto la porta, convinto che i nomi arrivati a Roma – così era stato detto nel corso delle ripetute sedute molisane – erano quelli di Vittorino Facciolla, Micaela Fanelli e Candido Paglione per il Pd, Andrea Greco, Angelo Primiani e Vittorio Nola per i 5 stelle. Tutti profili “politici”, per intenderci, evitando il ricorso alla società civile.
Ovvio che solo un folle potrebbe giudicare Iannacone inadeguato. Ma Ianncone – per dire Pinco Pallo o Giulio Cesare – dovrebbe essere il candidato della coalizione, che ama fregiarsi dell’appellativo “campo largo”. Va da sé che più il campo si “allarga” e più le scelte e le decisioni vanno condivise con gli alleati.
Federico – lo dicono i fatti – era probabilmente convinto di poter silenziare Greco e i suoi supporter, affermando: sono il coordinatore regionale, decidiamo io e Conte. I fatti stanno dimostrando che il “titolo” non basta e che Greco, evidentemente, ha i suoi santi in paradiso tra i vertici nazionali del Movimento 5 stelle.
A questo punto, a meno che Conte non si esprima nelle prossime ore e metta la bollinatura su Iannacone, nulla può essere dato per scontato. Da Roma, infatti, giungono voci di ulteriori nomi tornati in auge, come, ad esempio, quello del giudice Daniele Colucci, profilo che a Greco non dispiacerebbe affatto.
Nel frattempo, con un perfetto tackle scivolato, Massimo Romano ha sottratto la palla agli “avversari” e, senza commettere fallo, con una finezza di alta scuola calcistica, ha mandato in confusione la coalizione. Oggi è lui l’oggetto del desiderio. In gergo giornalistico: è lui la notizia. Ha generato infatti grande attesa la conferenza stampa in programma alle 11 di stamane, nel corso della quale il leader della rispolverata “Costruire Democrazia” renderà note le intenzioni e, soprattutto, le condizioni per giungere all’alleanza, si presuppone, con il campo largo.
Dal “manifesto” con cui il giovane e valoroso avvocato ha informato sui nomi del comitato promotore, difficile ipotizzare che la condotta sia orientata al “volemose bene”: patti chiari e amicizia lunga, altrimenti, ognuno per la sua strada. Romano ha elencato una serie di temi, che vuole siano affrontati al più presto e che finora tutti hanno snobbato perché superficialmente impegnati alla ricerca di un nome che possa catalizzare più consensi di un altro.
Tornando al punto di partenza, non solo è complicato rispondere alla domanda sul candidato di coalizione. Diventa praticamente impossibile avanzare il benché minimo pronostico. In Molise, per via della legge elettorale, la differenza la fanno le liste e non il candidato presidente. Un vertice che crea entusiasmo, va da sé, riesce a catalizzare simpatia e seguito. Riesce, quindi, ad avvicinare il maggior numero di candidati consiglieri.
Ma in questi giorni di entusiasmo ne trapela ben poco. Depressione, invece, a iosa. Dall’uno e dall’altro fronte.
Luca Colella

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