Il presidente del Consiglio regionale poteva esercitare, come ha fatto, i poteri sostitutivi per nominare il Garante per i diritti della persona. Ma la candidata prescelta non ha i requisiti, dunque la designazione è nulla.
Lo ha deciso il Tar Molise con la sentenza depositata ieri in cancelleria che accoglie i ricorsi del questore Raffaele Pagano (questore di Campobasso fino al 2017) e dell’avvocatessa Elena Bertoni e annullato la designazione di Paola Matteo.
Consigliera regionale fino ad aprile 2020 (prima dei non eletti di Orgoglio Molise entrata in Assise per sostituire l’assessore Vincenzo Cotugno), Matteo fu estromessa dall’Assise dopo l’abrogazione dell’istituto della surroga. Docente nelle scuole superiori e promotrice di iniziative legislative in materia di tutela dei minori, presentò quindi domanda per l’incarico di Garante regionale. Il mandato di Leontina Lanciano, che pure aveva riproposto la sua candidatura, terminò a luglio dello scorso anno senza che però il Consiglio regionale provvedesse alla rielezione. Fu dunque Micone a nominare Paola Matteo a settembre, esercitando i poteri sostitutivi previsti dalla norma regionale sulle designazioni degli organi subregionali, e a confermarla dopo una prima diffida dei ricorrenti.
Secondo Pagano, assistito dagli avvocati Salvatore Di Pardo e Andrea Latessa, e secondo Bertoni, difesa da Michele Coromano e Guglielmo Pettograsso, la legge che istituisce il Garante prevede inderogabilmente l’elezione da parte dell’Aula. Stante il carattere di assoluta terzietà, la figura non può essere individuata con criteri anche lontanamente fiduciari.
Sul punto, però, i giudici amministrativi hanno respinto le tesi dei ricorrenti, entrambi presenti nell’elenco degli idonei. La questione da loro sollevata, che i magistrati hanno ritenuto al contrario rilevante, è quella relativa alla particolare «esperienza giuridico-amministrativa nel settore delle discipline di tutela dei diritti umani e in materia minorile» che «né dalla lettura del provvedimento di nomina e del successivo provvedimento di conferma, né dall’esame del curriculum della controinteressata, sarebbe evincibile». Ed è invece richiesta dalla legge 17//2015 che disciplina l’istituto e i requisiti necessari per accedervi.
Le esperienze professionali prodotte dalla Garante, difesa nel giudizio dai legali Margherita Zezza, Pino Ruta e Massimo Romano, attengono al profilo pedagogico – argomenta il Tar – ma non provano l’esperienza giuridico-amministrativa. Elemento da tenere nella massima considerazione in caso i candidati alla carica siano più di uno: «Nel caso di pluralità di concorrenti, pur non essendo l’Amministrazione tenuta, almeno di regola, a compiere una comparazione analitica fra loro, e a motivare specificamente sui relativi esiti, sembra innegabile che sussista un obbligo di motivazione quantomeno sulla complessiva maggiore idoneità del candidato prescelto dall’Amministrazione».
Annullati, dunque, il decreto del presidente del Consiglio regionale del 9 settembre 2022 e la sua successiva nota del 23 settembre 2022. La Regione è stata condannata anche a pagare le spese legali a ciascun ricorrente (1.800 euro ciascuno).
Lo avevamo detto che quella nomina era illegittima, è in sintesi il commento che arriva dai 5s con il consigliere Vittorio Nola che ricorda la mancata partecipazione, proprio perché pendevano i ricorsi, al giuramento della nuova Garante. « Questo ennesimo pronunciamento dimostra, come già avvenuto per la nomina dell’ex consigliere regionale Nico Romagnuolo al Nucleo industriale di Bojano-Campobasso da parte della Giunta uscente, la necessità di voltare pagina rispetto ad un sistema politico di centrodestra che nel corso degli ultimi cinque anni ha dimostrato indifferenza alle più elementari regole di buona amministrazione. Presidente Micone, fatti salvi i successivi gradi di giudizio, l’arroganza non paga», conclude Nola.

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